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Il lavoro: la dignità dell’uomo vero

Anche Papa Francesco l’ha ribadito in questi giorni, nel suo viaggio in Brasile: l’uomo acquisisce la sua dignità con il lavoro e per mezzo del lavoro. Il lavoro umano si contraddistingue per la capacità unica dell’uomo di trasferire alla materia, attraverso le sue mani, quello che la mente progetta. Anche se troppo spesso, nella civiltà industriale e tecnologica, il lavoro è risultato spesso alienante e per nulla creativo, per circostanze e soprusi socio-economici e politici; l’assenza di esso, ovvero la disoccupazione, risulta ancora più grave e frustante per ogni uomo onesto.

Senza lavoro l’uomo diventa schiavo del bisogno, non può realizzare la sua vita e i suoi progetti e, quindi, la sua essenza umana. In assenza del lavoro si riesce a sopravvivere, nella nostra società ancora opulenta, a carico dei familiari. Ma, in mancanza di questi, si finisce per ingrossare le schiere dei senzatetto e senza fissa dimora, che sopravvivono attraverso la solidarietà dei più generosi!

Magra soddisfazione… che potrebbe essere alleviata da varie forme di beneficenza statale che potrebbero sollevare la condizione materiale, ma non quella spirituale e morale: vivere della pubblica beneficenza non può considerarsi l'obiettivo esistenziale di un uomo nella pienezza delle sue facoltà fisiche e psicologiche.

Tutto ciò per dire e ribadire che cosa? Che la piaga della disoccupazione va combattuta come primo e autentico problema della nostra società. Va ribadito che la crisi economica può essere superata, non con i “lenitivi” di assegni di cittadinanza o presalari, che sostanzialmente prevedono solo la distribuzione di un paio di miliardi di euro (sic!) agli oltre tre milioni di disoccupati italiani, che aggraverebbero il nostro deficit economico senza risolvere il problema alla radice.

Un po’ come quando si mandavano in Africa migliaia di navi cariche di generi alimentari, ma esaurite l’emergenza, si ritornava a vivere nella disperazione più profonda. La soluzione del problema va ricercata solo nella creazione di attività produttive che possono generare ricchezze e benessere per la collettività e, quindi, lavoro per i disoccupati. 

Insomma, voglio dire che lo Stato deve impegnarsi nel favorire la competitività dei nostri prodotti, finanziando la ricerca congiunta alla creatività della migliore tradizione italiana. Va rifinanziata la formazione professionale per tutti i disoccupati e va premiata quella progettualità che crea lavoro autonomo, mai elargendo “denaro a fondo perduto”, ma defiscalizzando quelle micro e medie imprese che dimostrano di saper costruire qualcosa di concreto dal nulla.

Molto si potrebbe realizzare nel campo delle auto ibride e elettriche, nella realizzazione intensiva di un piano energetico basato sulle fonti rinnovabili, nelle nuove tecnologie, nel recupero dei beni archeologici e nella salvaguardia dei beni ambientali, legati all’industria turistica con tutto il suo indotto.

Allora ben venga un “reddito di cittadinanza”, ma nel senso di far lavorare anche dieci giorni al mese un qualsiasi disoccupato, che andrebbe a svolgere un lavoro comunque utile alla collettività e anche a se stesso. Penso che tanti giovani, partendo da un lavoro a “settimana cortissima”, ma foriero di incrementi d’orario di lavoro e di relativa paga, nell’arco di pochi anni, potrebbero dar vita a quella sana competitività legata alle regole, ma ancor di più alla possibilità di far valere il proprio merito, le proprie capacità e il proprio impegno personale, per acquisire alla fine un reale posto di lavoro e una paga completa, che sicuramente aprirebbe altre prospettive per tutta la società, rispetto a quelle di vivere con l’assegno familiare e l’improduttivo “presalario”.

 

Foto logo: T.Krause/Flickr

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