• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Media > Il giornalismo cambia mestiere

Il giornalismo cambia mestiere

Esistono criteri per distinguere l’inchiesta dal killeraggio a mezzo dossier?

Il punto di riferimento è il servizio ai lettori.

L’inchiesta è un’attività doverosa per il giornalista. E’ auspicabile un suo incremento. Dunque più inchieste e meno informazione spicciola.

Su questo siamo tutti d’accordo.

Ma l’inchiesta è collegata al dovere di informare e al diritto dei cittadini ad essere informati. Se si svia da questi fini, siamo al di fuori dell’attività giornalistica, al suo uso strumentali, allo sviamento dell'obiettivo.

Quello che non va non è dunque l’inchiesta ma la notizia non data, la notizia data male perché enfatizzata rispetto ad altre o condita di inesattezze.

E allora qual è la differenza tra inchiesta e killeraggio.

La domanda da porsi è dunque questa. Quando un giornale pensa a colpire l’avversario, più che ad informare i suoi lettori è killeraggio?

Veronica accusa Berlusconi e subito appare nuda sul giornale di famiglia.

Boffo critica e subito viene massacrato

Fini attacca Berlusconi e subito una campagna stampa. 

Ma l’inchiesta utilizza subito le notizie acquisite, non le tiene nel cassetto per colpire l’avversario del padrone appena si rivela il contrasto. La foto di Veronica, le notizie su Boffo,e sulla casa di Montecarlo erano note da tempo agli addetti ai lavori.

Il problema non è l’inchiesta di Montecarlo, ma quando essa è stata cacciata fuori, il suo oscuramento in periodi di pace, il suo utilizzo in periodi di guerra.

Il problema non è l’informazione ad orologeria ma il silenzio ad orologeria, una informazione fuori tempo ci può anche stare, ma non quando la stessa era da tempo in possesso del giornalista. Chi tace quando ha la notizia compie uno sgarbo verso i lettori.

E d’altra parte le inchieste durano tempo, non possono fare perdere la misura delle cose. Il giusto rapporto tra notizie importanti e notizie meno importanti, notizie attuali e notizie vecchie, non può attribuire alle notizie dell’inchiesta un importanza maggiore di quelle che valgono nella realtà. La casa di Montecarlo non può avere più riIievo dell’attacco di Confindustria al governo, o delle dimissioni di Profumo da amministratore delegato di Unicredit, o delle indagini statistiche sulla nostra crescita inferiore alla media UE, specie se queste sono una novità.

Il problema non è l‘inchiesta di Montecarlo, la sua ripetitività; quando si danno notizie nuove è giusto che si diano, e se per fare ciò ci vuole più tempo, ben venga; il problema è il suo rilievo rispetto ad altre notizie di pari o maggiore importanza. Se una notizia importante viene declassata a trafiletto, allora il lettore percepisce che essa ha poco peso. E se ciò avviene, se viene alterato il valore delle notizie, si fa cattiva informazione.

Il problema non è l’inchiesta di Montecarlo ma l’inchiesta a senso unico, perché Montecarlo sì e Verdini no, perché si parla di Fini e della Marcegaglia e si tace su Bertolaso. Perché sottrarre ai lettori queste notizie? I lettori della destra non hanno diritto di conoscere ciò che fanno i loro dirigenti, eventuali errori e malefatte?

E parimenti non si fa un buon servizio a propri lettori quando, per colpire l’avversario, si utilizzano notizie senza controllarle, come nel caso di Boffo e della notizia falsa che ha condito l’inchiesta sul direttore dell’Avvenire.

Quando un giornalista tiene le notizie nel cassetto, allora non fa giornalismo, fa un altro mestiere.

Quando un giornalista fa inchieste a senso unico, allora non fa giornalismo, fa un altro mestiere.

Quando un giornalista non dà il giusto valore alle notizie, allora non fa giornalismo, fa un altro mestiere.

Quando un giornalista colpisce l’avversario più che informare i lettori, allora non fa giornalismo, fa un altro mestiere.

Quando un giornalista serve il padrone e non i lettori, allora non fa giornalismo, fa un altro mestiere.

Commenti all'articolo

  • Di alessandro tantussi (---.---.---.22) 13 ottobre 2010 14:55
    alessandro tantussi

    Ma il giudizio resta soggettivo. La scelta possono farla solo i lettori. La magistratura può intervenire solo se cè una comprovata ed evidente violazione della legge. E la difesa dei singoli contro gli abusi può essere garantita dai diritti all’immagine, alla onorabilità ecc ecc previsti dal codice penale che consente all’offeso lo strumento della querela, può dar corso a condanna penale ed al risarcimento in sede civile. Quando ciò non avviene deve presumersi che non c’è stata offesa. Nessuno pubblicherebbe un nudo di una persona che non abbia mai concesso l’immagine per scopi commerciali al giornale o lo abbia fatto in precedenza. Chi non gradisce una notizia, o la ritiene Killeraggio, non compri il giornale che la scrive e non la legga. Non c’é legge che possa stabilire parametri. Tutti gli altri interventi si vengono definiti "censura" e come tali censurabili. Solo i regimi dittatoriali (di tutti i colori). Purttroppo devo rivelare una tendenza bypartisan a giudicare in modo diverso le campagne diffamatorie, secondo che siano lanciate ai danni propri (e degli amici) o dei nemici. Il giudizio possono darlo solo i giudici, se sono onesti. 

  • Di poetto (---.---.---.230) 13 ottobre 2010 19:39

     Qualcuno si sarà domandato: in cosa consiste mai questo conflitto di interessi? Ebbene, ecco qua la risposta.

    Una risposta chiara e inequivocabile, almeno dal mio punto di vista.

    Grazie alla disponibilità di mezzi, sia economici che mediatici, il “nostro” riesce a colpire, screditare, distruggere, o almeno tenta di farlo, chiunque gli si pari contro.

    Le vittime sono varie, dalla signora Veronica a Fini.

    La vicenda Mercegaglia fa chiaramente capire che qua non si sta parlando di giornalismo d’inchiesta, ma di pure e semplici operazioni atte a distruggere l’eventuale nemico di turno.

    Oltre a essere utilizzato per screditare, e non per fare giornalismo, questo modo di agire serve anche per mandare un messaggio a chi, eventualmente, tentenna nella propria “fede” di partito, a chi rema contro le opinioni del capo.


Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares