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Il generale clericale sbarca in Europa

Alle elezioni europee le destre avanzano: tra i più votati in Italia spicca il generale Roberto Vannacci, che aveva già raccolto consensi con un libro reazionario divenuto best seller. Valentino Salvatore analizza il fenomeno sul numero 4/2024 di Nessun Dogma

 

Alle ultime elezioni europee le destre si fanno sentire, più in Francia e Italia che altrove. La quadra per la riconferma della cristiano-democratica Ursula von der Leyen si complica. La premier Meloni batte i piedi, forte del risultato del suo partito. E del primo posto per preferenze: 2,4 milioni di elettori scrivono “Giorgia” sulla scheda.

Altro risultato eclatante indice del consenso per i conservatori nostrani è il secondo posto di Roberto Vannacci, un generale prestato alla politica. Candidato nella Lega come indipendente – con qualche malumore – sopravanza l’apparato incassando più di 532 mila preferenze. Il calo della Lega, assestata al 9%, frena molto grazie a lui.

Paracadutista e incursore con una lunga carriera e missioni all’estero, tre lauree e poliglotta, arriva in Russia da addetto alla difesa dell’ambasciata italiana. Ma con il raffreddarsi delle relazioni diplomatiche i russi etichettano pure lui come “persona non grata”. Torna in Italia, a capo dell’Istituto geografico militare di Firenze. Prepara già la ribalta? Sta di fatto che nel febbraio 2023 appare la sua pagina Wikipedia.

Per agosto autopubblica un pamphlet, Il mondo al contrario: un attacco a tutto campo contro politicamente corretto, inclusività verso migranti e persone lgbt+, multiculturalismo, femminismo, “gender”, ambientalismo, diritti civili. «Distruggendo i rapporti tra parenti, relativizzando la famiglia, deridendo i valori e scompaginando la società uccidiamo anche la Patria», scrive ad esempio.

La sua narrazione si fonda sull’energica difesa della “normalità” e del “buonsenso”, ovvero il conformismo della maggioranza giustificato per tradizione e una concezione dei rapporti umani e sociali ammantata di ineluttabile naturalità. La sua tirata colpisce le minoranze che complotterebbero contro lo status quo. C’è pure chi «sostiene di sentirsi offeso» dal crocifisso a scuola e «si sente in diritto di pretenderne la rimozione» in un Paese in gran parte cattolico dove «la religione rappresenta non solo una fede ma soprattutto un’istituzione culturale che permea ogni angolo».

Bersaglia la “lobby gay” che cerca di convincere che è normale ciò che non lo è, gli animalisti che preferiscono le bestie ai pargoli, gli ambientalisti fissati con il cambiamento climatico e ostili a nucleare e ogm, le femministe bollate come «moderne fattucchiere».

Il generale esalta l’autarchia della famiglia tradizionale con divisione di ruoli tra uomo e donna (meglio se la donna sta a casa, pagata per farlo) e pure la sacralità delle mura domestiche contro ladri e occupazioni. Come da copione esalta la nazione, la tradizione, l’identità culturale, la religione, l’omogeneità etnica. Si mostra dubbioso verso gli asili nido e verso forme di istruzione ritenute invadenti, paragonate all’indottrinamento da regime totalitario. Traspare la nostalgia per l’Italia di decenni fa, quella delle famiglie (in teoria) solide, senza divorzio, aborto o immigrati.

I giornali scoprono le parti imbarazzanti nel libro ma la visibilità favorisce uno straordinario successo. Nel mese di uscita fa 90 mila copie. È il libro più venduto in Italia per settimane e ormai sfiora le 300 mila copie. Le presentazioni fanno il pienone, portano Vannacci alla ribalta ovunque. L’iconico testo diventa feticcio di una “maggioranza silenziosa” perché esprimerebbe opinioni scomode, censurate secondo la vulgata vittimista del populismo.

La sua schiettezza è indigesta pure per la destra accomodata nelle istituzioni, non solo a sinistra. Il ministro della difesa Guido Crosetto bolla quelle del libro di Vannacci come «farneticazioni personali». Il generale perde l’incarico all’Istituto geografico militare. Arriva un’inchiesta dell’esercito che culmina a febbraio 2024 nella sospensione dal servizio per 11 mesi causa «carenza del senso di responsabilità» e «lesione al principio di neutralità/terzietà della Forza Armata».

Il parà atterra però morbidamente: poco dopo l’investitura all’Europarlamento il tribunale militare lo proscioglie dalle accuse di istigazione all’odio razziale e invito alla disobbedienza e a commettere reati. Archiviata pure la denuncia per diffamazione della pallavolista Paola Egonu, cittadina italiana con genitori nigeriani: nel libro Vannacci aveva scritto che i suoi «tratti somatici» «non rappresentano l’italianità». Nel momento in cui scriviamo rimane solo un capitolo minore per sospetta diffamazione a un collega. E un’indagine per presunti rimborsi non dovuti durante la permanenza in Russia.

Interessante notare che Vannacci non viene cacciato da Mosca perché ostile al regime di Putin. Secondo La Stampa ha ottimi rapporti con i militari locali e frequenta «consessi e think tank russi» ritenuti «borderline». Il benservito è una ritorsione per l’allontanamento dell’omologo russo dall’Italia dopo l’inchiesta a Walter Biot per aver passato segreti ai russi. Poi la guerra in Ucraina scava ancora il solco.

Vannacci ammira la Russia tradizionalista: «quella nazione si è proposta come l’unica preservatrice della cristianità europea, che è il modello fondante della civiltà occidentale, ovvero quella greca, romana, giudaico cristiana e cristiana», dice a un giornalista dopo la presentazione nel teatro Astra di Verona a marzo.

Vannacci firma poi l’autocelebrativa biografia Il coraggio vince. Vita e valori di un generale incursore. Anima i comizi leghisti con proclami tipo «Al vostro segnale scateneremo l’inferno» (da un motto del film Il gladiatore). L’invito al voto è, in stile “goliardico” che gioca sull’immaginario fascista normalizzandolo, un eloquente «Fate una Decima» sulla scheda.

Che è sì una X ma pare pure un riferimento alla Decima Mas, flottiglia che nella seconda guerra mondiale compie ardite imprese di sabotaggio (che ispirano Vannacci a entrare nei corpi speciali) e dopo l’armistizio è collaborazionista con i nazisti. Lui però nega di riferirsi a quella post-armistizio. D’altronde per lui l’antifascismo «non ha alcun senso, il fascismo è finito quasi cento anni fa». E Mussolini «è uno statista come lo sono stati anche Cavour, Stalin» e altri: è «la prima definizione di “statista” sul dizionario», chiosa.

Col suo carisma Vannacci guadagna consensi tra nostalgici, conservatori e tradizionalisti. Dà voce soprattutto agli uomini che si sentono vittime di un clima perbenista su temi come femminismo e diritti civili. Nei confronti televisivi mantiene il sangue freddo, mette a frutto la disciplina e fa deragliare gli avversari inanellando affermazioni opinabili ma formalmente non offensive o discriminatorie. Al parlamentare gay del Pd Alessandro Zan – tra i bersagli nel libro per il ddl contro l’omofobia poi naufragato – dice ad esempio che «non rappresenta la normalità» (trincerandosi dietro la statistica).

In campagna elettorale Vannacci intensifica la virata clericale: una china prevedibile date le fondamenta conservatrici e identitarie del suo pensiero. Esordisce da candidato alla presentazione di un libro di Matteo Salvini con una filippica contro l’Europa dove «stanno cercando di togliere tutti i simboli identitari». «Io non sono una persona religiosa», premette, «ma è un fatto storico, la religione è entrata nella cultura». «I crocifissi fanno parte della nostra vita e sono un segno identitario della nostra Europa», continua.

In un’intervista a Radio Cusano Campus se la prende con l’Europa «che nega il crocifisso e il Natale, che nega il padre e la madre e li vuole sostituire con il genitore I e II» e altre amenità.

Per l’anniversario della legge 194 gli anti-abortisti di Pro Vita & Famiglia presentano un manifesto politico al senato. Accorrono esponenti e candidati del centrodestra, tra cui spicca Vannacci. Vuole «misure a difesa della vita, del progresso, della famiglia, delle tradizioni, delle radici che ci contraddistinguono». Precisa con piglio militaresco: «una delle direttrici della mia strategia sarà il sabotaggio di chi vuole distruggere i valori occidentali, romani e cristiani».

A giugno si concentrano i Pride: non può mancare la lamentela sulla «ostentazione esibizionista» che «spesso tende a prevaricare quello che invece è il buonsenso della maggioranza». Ma nega di essere omofobo perché, sostiene facendosi scudo di una pedanteria che è una delle sue cifre stilistiche, l’omofobia «è una malattia psichiatrica». Seguendo il sillogismo, lui non può essere “fobico” perché ha passato tutte le visite mediche per poter comandare truppe.

Il mondo cattolico è ambivalente verso il generale. Su Avvenire si prende atto del «consenso trasversale» che raccoglie toccando «corde profonde». Ma ha pure un «ego importante, forse persino ingombrante». Le gerarchie ecclesiastiche, nel vestito buonista del papato di Francesco, si mostrano distaccate anche per alcune uscite.

Quella sulle classi con «caratteristiche separate» per gli alunni con disabilità suscita una rara reazione: monsignor Francesco Savino, vicepresidente della Cei, ricorda (da che pulpito) che l’inclusione «è segno di civiltà» e che «le classi separate riproducono i ghetti». Famiglia Cristiana snobba il «celodurista» Vannacci, mettendone alla berlina l’uso ardito della storia e di personaggi come Giulio Cesare. La rivista Formiche teme «il cristianismo» che riduce il cristianesimo «a un fatto etnico, identitario».

Ma Vannacci è applaudito da integralisti come Simone Pillon. Non solo, l’Unione dei giuristi cattolici di Piacenza lo invita nel dicembre 2023; il presidente Livio Podrecca difende la scelta nel nome della «libertà di espressione», contro la censura di «chi la pensa diversamente dal mainstream, dalla cultura dominante». Vannacci, spiega, «è una nave rompighiaccio, sta aprendo un cuneo nella società».

L’ascesa politica in Europa del generale è parallela a quella (più in sordina) di Marco Tarquinio, ex direttore del quotidiano dei vescovi eletto col Partito Democratico. Il primo rivendica un identitarismo cristianista agli steroidi, l’altro sussurra un bergoglismo più sociale: ma le posizioni confessionaliste convergono, ad esempio contro aborto e diritti civili (e per la “pace” e il negoziato con la Russia).

Intanto Vannacci si gode il trionfo. Nel neonato gruppo dei Patrioti capeggiato dal Rassemblement National francese – cui aderiscono pure Lega e Vox con gran scorno di Meloni e del suo gruppo dei conservatori – è uno dei nomi in lizza tra i vicepresidenti. Anche se le sue opinioni suscitano imbarazzo persino tra i lepenisti. Da questa plancia il generale prepara la sua crociata in Europa.

Valentino Salvatore

 

 

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