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"Il distacco", il difficile compito degli insegnanti

Si comincia col faccione in primissimo piano di Adrien Brody che si confessa ed una citazione di Albert Camus, poi prende il via il buon Il distacco, firmato con un timbro ben chiaro da Tony Kaye.

Henry è un insegnante supplente e viene chiamato a sostituire un collega in una delle peggiori scuole in assoluto. Il panorama degli studenti e desolante e gli insegnanti rischiano anche la propria incolumità.
Lui però non ci sta a subire la società ed è convinto di poter comunque insegnare ai ragazzi come sopravvivere nel mondo.

Conoscerà colleghi capaci, altri meno, ragazzi con storie difficili e molto difficili e finirà anche per dare una mano ad una prostituta bambina che incontra ogni giorno sul percorso per tornare a casa.
In tutto questo c’è poi la sua vicenda personale ed un passato che fa fatica a dimenticare e che l’ha segnato profondamente.

Come vedete una storia già più volte raccontata: quella del bravo insegnante che riesce a portare sulla buona strada una classe di ragazzi difficili.

Solo che questa volta aleggia un clima di inevitabilità, di impossibilità di uscire dalla realtà, un clima senza speranza che non lascia spazio nemmeno ai buoni sentimenti.

Kaye è bravo a rendere questa oppressione emozionalmente e fisicamente.

Anche gli intermezzi animati che si compongono a commento come disegni su una lavagna, che pure dovrebbero smorzare la tensione, hanno in realtà soggetti talmente drammatici da risultare a loro volta opprimenti e definitivi.

Il distacco comincia in classico stile mockumentary ma poi prende una sua strada più tradizionale, tornando allo stile documentaristico solo a tratti.

Molto del merito della buona riuscita del film va all’ottimo cast.
Ovviamente su tutti Adrien Brody, sempre al centro della vicenda. Ma intorno a lui ruotano una serie di personaggi caratterizzati ottimamente dai loro interpreti. Ho trovato splendidi James Caan e Lucy Liu, e davvero sorprendente la giovane Sami Gayle, capace di eleganza, forza e profonda intensità in particolare nella scena del distacco (che presumibilmente è il riferimento al titolo, ma me ne rendo conto solo ora che lo scrivo).

Ben costruita anche la parte che riporta continuamente alla memoria del protagonista i suoi crudi ricordi d’infanzia, continuamente riproposti a causa della presenza (comunque ingombrante) del nonno malato.

E non mancano simboli evidenti, come la scuola completamente deserta nel giorno del ricevimento genitori, un vuoto che rispecchia quello delle anime degli abitanti del quartiere e della società tutta.

Nel mezzo di questa disperazione totale non manca il messaggio di speranza che arriva ovviamente durante una lezione: sarà la lettura l’unica arma capace di tenerci vivi e vigili, in grado di difenderci dall’olocausto pubblicitario a cui siamo sottoposti quotidianamente.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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