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Il continuum omo-eterosessualità. La figura di Alfred Kinsey

Il problema principale del “genere, o gender”, ancora nell’epoca attuale, è che esso si basa su un sistema binario e obbligatorio che attribuisce caratteristiche sociali all'anatomia sessuata.

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Molte persone, cioè, presumono che la base binaria del genere sia codificata nei processi biologici. Si presume, quindi, che "biologico" sia sinonimo di "immutabile" e "naturale" e sia, quindi, un'origine più primaria dell'identità di genere.

Un personaggio sconvolse l’orizzonte culturale con le sue convinzioni, i suoi studi e soprattutto con le sue metodologie fu Alfred Kinsey.
Biologo e sessuologo statunitense, il cui nome resta legato alla prima grande inchiesta statistica nel campo del comportamento sessuale umano sostenne, nel suo libro Sexual Behavior in the Human Male (Comportamento sessuale nel maschio umano, 1948) scrive:
Il mondo non è diviso in pecore e capre. Non tutte le cose sono bianche o nere. È fondamentale, nella tassonomia, che la natura raramente ha a che fare con categorie distinte. Solo la mente umana inventa categorie e cerca di forzare i fatti in gabbie distinte. Il mondo vivente è un continuum in ogni suo aspetto.
Prima apprenderemo questo, a proposito del comportamento sessuale umano, e prima arriveremo ad una profonda comprensione delle realtà del sesso”.

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Attingendo alla ricerca condotta da Alfred Kinsey e dall'Istituto Kinsey, sulla base di migliaia di interviste dettagliate, i risultati di Kinsey sono stati pubblicati in due volumi: Sexual Behavior in the Human Male (Comportamento sessuale nel maschio umano, 1948) e Sexual Behavior in the Human Female (Comportamento sessuale nella femmina umana, 1953)

Kinsey incoraggiò la consapevolezza sociale e l'accettazione della diversità sessuale, ma non tentando di stabilire l'esistenza universale di una discreta popolazione omosessuale, distinta dalla più ampia popolazione eterosessuale. Diceva: “la natura raramente ha a che fare con categorie distinte…”

 Categoria è un termine che deriva dall’antica parola greca Kategoria che significava “accusa”. Quindi, in termini di orientamento sessuale, il gruppo dominante è stabilito dalla categorizzazione tra sessualità normale e anormale, unita all'accusa (secondo l’etimo citato) che specifiche forme di sessualità sono devianti.

Ora qui, naturalmente, non si tratta di etichettare bollando, o al contrario, riscattando certe “categorie”, appunto, ma sto solo cercando di avvicinarmi ad un orizzonte più ampio di comprensione, che negli ultimi anni la ricerca sociologica sta offrendo.

Kinsey, caratterizzando l'orientamento sessuale come un continuum, ha sfidato, quindi, la convinzione diffusa che, per la maggior parte delle persone, il desiderio sessuale sia diretto esclusivamente verso i membri di una sola categoria di sesso.
Le sue ricerche provocarono un vero e proprio terremoto nel campo accademico perché ribaltavano il paradigma con il quale, sino ad allora, si dipingeva il comportamento sessuale negli esseri umani.

Negli anni 50, negli Stati Uniti, l’omosessualità era considerata, dalla legge, un crimine; dalla Chiesa un peccato e dalla scienza un disturbo mentale.

Evelyn Hooker, una psicologa statunitense, continuando il lavoro di Alfred Kinsey, realizzò un esperimento con lo scopo di dimostrare che i gay non sono affatto malati, come la scienza e la psicanalisi di quegli anni sosteneva.
Questa impresa, naturalmente, nel clima del maccartismo politico di quei tempi, cioè la caccia alle streghe contro ogni minimo possibile sospetto di presenza comunista, fu considerata una vera e propria rivoluzione.

L’opinione pubblica del tempo può essere illustrata da questa citazione di un rapporto sull’omosessualità da parte del “Gruppo di avanzamento della Psichiatria” (GAP): “quando tale comportamento omosessuale persiste in un adulto, è quindi un sintomo di grave disturbo emotivo”.

Nell’esperimento della Hooker conosciuto sotto il titolo “L'adattamento psicologico del maschio omosessuale dichiarato” furono selezionati sessanta uomini, trenta eterosessuali e trenta omosessuali. Per ridurre al minimo il rischio di distorsioni, Hooker scelse persone con caratteristiche simili e le accoppiò in base al quoziente intellettivo, all’età e al grado di istruzione; verificò inoltre che nessuno di loro avesse avuto conclamati problemi psichici o precedenti penali.
Ogni test fu compilato in modo anonimo, senza informazioni identificative di alcun tipo, quindi consegnato a tre psicologi clinici.

 

Alla fine dell’analisi, i tre esperti giunsero, indipendentemente, alla medesima conclusione: non vi è alcuna differenza psicologica misurabile tra i membri dei due gruppi; l’omosessualità come disturbo clinico non esiste, le sue forme sono varie come quelle dell’eterosessualità.

Naturalmente seguirono varie vicende, che qui non è il caso di descrivere per motivi di spazio, ma finalmente, nel 1973, l’American Psychiatric Association (APA) decise di rimuovere il riferimento all’omosessualità come disturbo mentale, e nel 1990 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) cancella l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali, proponendo, al suo posto, la definizione di “variante naturale del comportamento umano”.

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locandina del film "Kinsey"

È del 2004 il film, di cui il principale protagonista è Liam Neeson. Il film, per chi avesse voglia di vederselo, è disponibile, tra l’altro, su Prime Video, con il titolo Kinsey”.
Concentrandosi sul comportamento omosessuale invece che sull'identità omosessuale (fate attenzione, la differenza è sostanziale), Kinsey ha implicitamente sfidato quello che a volte viene definito essenzialismo.

L'essenzialismo, riferito a questo campo, è la convinzione che l'omosessualità e altre categorie di identità riflettano caratteristiche innate che comprendono la natura fondamentale dei membri di tali categorie.
Poiché il principio essenzialista considera l'omosessualità come una caratteristica duratura della condizione umana, piuttosto che il prodotto delle contingenze sociali, coloro che accettano l'essenzialismo spesso presumono che l'omosessualità sia storicamente e culturalmente universale.

In un senso più astratto, l'essenzialismo risale almeno al filosofo greco Platone, che sosteneva che tutti i termini o le categorie generali riflettono archetipi universali, eterni, puri e divini.
Platone si riferiva a questi archetipi come Forme o Idee. Questa versione dell'essenzialismo è solitamente contrastata dal nominalismo, secondo il quale l'unica cosa che unisce i membri di qualsiasi categoria è il fatto sociale.
In risposta a Platone, ad esempio, l'antico filosofo greco Aristotele sosteneva che la realtà è composta da individui, piuttosto che da universali.

Ora, per tornare al nostro argomento principale, alcuni teorici che resistono all'ipotesi popolare che gli interessi delle donne lesbiche e degli uomini gay siano meglio inquadrati in una prospettiva essenzialista sull'omosessualità suggeriscono, invece, che le categorie associate al piacere e al desiderio sessuale sono solamente degli sviluppi storici e culturali.

Questa tesi, spesso indicata come costruzionismo sociale, si applica all'identità eterosessuale così come alle categorie alternative di identità sessuale, cioè omosessuali, lesbiche, gay e bisessuali.

Anche qui c’è bisogno di fare una precisazione.

Il Costruzionismo sociale è una teoria della conoscenza, la quale si basa sulla nozione secondo cui gli esseri umani razionalizzano la loro esperienza con narrazioni, le quali creano modelli della realtà sociale, materializzano questi modelli attraverso il linguaggio e li condividono.
Per capire ancora meglio, esempi di costruzioni sociali potrebbero essere: i soldi, gli dèi, le nazioni, o anche i gender (come nell’argomento che sto trattando) eccetera…

Questo, però, non significa che atti sessuali specifici siano unici nei contesti sociali in cui si verificano, perché una vasta gamma di interazioni fisiche e di manipolazioni corporee legate al desiderio sessuale, o favorevoli al piacere sessuale, si verificano attraverso confini culturali e storici, quindi le forze che modellano le possibilità erotiche del corpo variano da società a società.

Mary Macintosh, una sociologa femminista, attivista politica per i diritti delle lesbiche e gay nel regno unito, ha suggerito che l'omosessualità non è una condizione da cui le persone sono colpite, ma piuttosto una sorta di ruolo sociale a cui le persone vengono assegnate.

Allora, in base a questa visione, nelle società moderne, dove viene attribuito un ruolo omosessuale separato, l'aspettativa, per coloro che attribuiscono questo ruolo, è che un omosessuale sarà esclusivamente o, prevalentemente, omosessuale nei suoi sentimenti e nel suo comportamento.

Inoltre, per completare questa visione dei ruoli assegnati, ci sono altre aspettative che spesso esistono, soprattutto da parte dei non omosessuali, ma che influenzano l'auto-concezione di chiunque si veda come omosessuale.
Queste aspettative, per esempio sono:

  • quella che l’omosessuale sarà effeminato nel modo, nella personalità o nell'attività sessuale preferita;
  • l'aspettativa che la sessualità giocherà un ruolo di qualche tipo in tutti i suoi rapporti con altri uomini;
  • e l'aspettativa che sarà attratto da ragazzi e uomini molto giovani e probabilmente sarà disposto a sedurli.

Jonathan Ned Katz, uno storico americano della sessualità, il quale si è concentrato sull'attrazione per lo stesso sesso e sui cambiamenti nell'organizzazione sociale della sessualità, sfida e respinge l'idea che la distinzione tra eterosessualità e omosessualità sia senza tempo.

Basandosi sulla storia della terminologia medica, rivela che ancora nel 1923 il termine "eterosessualità" si riferiva a una "passione sessuale morbosa" e che il suo uso attuale è emerso per legittimare uomini e donne che fanno sesso per piacere.

La sua opera “The Invention of Heterosexuality” (L’invenzione della eterosessualità) si concentra sull'idea, radicata appunto nel costruzionismo sociale, che le categorie con cui la società descrive e definisce la sessualità umana, siano storicamente e culturalmente specifiche, ossia relative a quei tempi, insieme all'organizzazione sociale dell'attività sessuale, del desiderio, delle relazioni e delle identità sessuali.
Un interessante articolo a tale proposito.

Il suo ragionamento (seguitelo attentamente) è questo. DUE PROSPETTIVE:

  • La prima prospettiva: “Io sono omosessuale solo all’interno di una cultura che, in primo luogo, possiede una definizione di omosessualità e, in secondo luogo, all’interno di una cultura che possiede una definizione di omosessualità, la quale si applica a me”.
     
  • La seconda prospettiva: “Io sono eterosessuale solo in una cultura che, in primo luogo, ha una definizione di omosessualità e, in secondo luogo, ha una definizione di omosessualità che si applica a persone diverse da me.

Quindi, il risultato di questo ragionamento è che il concetto di eterosessualità e perciò di identità eterosessuale, non potrebbe esistere senza il concetto di omosessualità, e quindi di identità omosessuale.

Questo inverte il consueto modo di pensare, in cui l'eterosessualità è considerata la forma primaria, o originale, e l'omosessualità è considerata secondaria, una mera variazione della eterosessualità.
Per questo motivo, è stato suggerito che, almeno concettualmente, l'omosessualità precede l'eterosessualità. Al limite, le identità omosessuali ed eterosessuali emergono contemporaneamente e, comunque, solo nel contesto di una distinzione tra omosessualità ed eterosessualità.
Questo ragionamento, che dal punto di vista logico e razionale non fa una piega, sconvolge completamente il comune modo di pensare!

Ma c’è comunque un altro concetto, importante: è che la loro esistenza, cioè quella dell’omosessualità e della etero sessualità è contingente, più che necessaria. Quand’è che un fatto si dice contingente? Quando ci si rende conto che, in circostanze differenti, quel fatto sarebbe potuto andare diversamente.

 

Un punto simile può essere fatto su altre categorie sociali – non solo quelle del sesso - per esempio, le categorie razziali.
Come nota Terrance Macmullan, professore di filosofia, un seguace del Costruzionismo sociale, autore, tra l’altro, di numerose pubblicazioni sulla filosofia della razza, la filosofia latino-americana, la cultura e la filosofia pop: La "storia del bianco mostra come i confini del bianco siano stati definiti principalmente attraverso l'esclusione di coloro che sono stati definiti come non-bianchi'.

Cioè, in maniera estremamente semplice: se non ci fosse stata prima la nozione di non – bianco, non sarebbe potuta esistere neanche quella di bianco!

Ora, però, Il costruzionismo sociale non suggerisce che le persone siano libere di scegliere tra omosessualità ed eterosessualità. Suggerisce, invece, che il quadro concettuale, o paradigma, all'interno del quale si verificano l'omosessualità e l'eterosessualità è uno sviluppo storico.

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Il paradigma di Kuhn
la duplice interpretazione di immagini

Per comprendere appieno il costruzionismo sociale, è importante capire come funzionano i paradigmi. La nozione di paradigma, come viene usata qui, è un'estensione di un concetto introdotto e sviluppato nel 1962 dal fisico Thomas Kuhn (1970) in riferimento alla pratica scientifica.
Kuhn ha sostenuto che la terminologia impiegata nelle varie scienze, fa parte di una rete intrecciata di credenze, in modo tale che il significato di qualsiasi termine sia pienamente compreso solo dal riferimento diretto o indiretto al corrispondente sistema di credenze.
Anche se Kuhn ha introdotto la nozione di paradigma all'interno del contesto specializzato della scienza, questo, però, può anche essere applicato in modo più ampio.

Nel corso della storia e attraverso le culture, i corpi sono stati conosciuti per mescolarsi in vari modi, ma spesso senza il paradigma richiesto per l'applicazione di categorie di identità sessuale specifiche alla cultura occidentale contemporanea.

Si consideri, ad esempio, l'incidenza ben documentata della penetrazione anale tra gli uomini nell'antica Atene, che è spesso propagandato come prova che l'omosessualità è esistita nel corso della storia.
Era il sesso, nell'antica Atene, che collocava le persone nella struttura gerarchica della politica ateniese.

I cittadini maschi adulti occupavano una posizione sociale più alta rispetto agli uomini in generale, alle donne e agli schiavi più giovani. Perché la penetrazione sessuale era tematizzata come dominazione e per questo motivo era coerente con il ruolo sociale del cittadino maschio adulto cercare la gratificazione sessuale non solo dalle donne, ma anche dagli uomini più giovani e dagli schiavi di qualsiasi età o sesso.

Le relazioni sessuali tra uomini più anziani e più giovani sono spesso indicate come pederastia. Per avere le idee chiare, mentre la pederastia si riferisce, letteralmente, all'amore per i ragazzi, è generalmente usata per identificare le relazioni sessuali tra un maschio adulto e un maschio più giovane, ma oltre l'età della pubertà.
La pederastia si distingue dalla pedofilia, la quale si riferisce alle relazioni sessuali tra qualsiasi adulto e un ragazzo o una ragazza prepuberali.

Quindi, finché il maschio assumeva il ruolo dominante, la pederastia, nell’antica Atene, serviva a rafforzare piuttosto che minacciare la gerarchia sociale.
All'interno di questa gerarchia, tuttavia, la prospettiva dell'omosessualità, concepita come una partnership sessuale tra pari sociali, sarebbe sembrata assurda.

Quindi, mentre il sesso era definito come un atto di dominio attraverso la penetrazione, la nozione di partner sessuali uguali era una contraddizione in termini. Il fenomeno come la pederastia nell'antica Grecia non suggerisce che l'omosessualità sia storicamente e culturalmente universale, ma piuttosto che le categorie di identità sessuale sono storicamente e culturalmente specifiche.
In altre parole, questo esempio suggerisce, ancora, che le categorie di identità sessuale sono socialmente costruite, in onore al Costruzionismo sociale.

(E’ possibile ascoltare questo contenuto in formato audio Podcast su Spreaker o Spotify)

Questo articolo è stato pubblicato qui

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