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Il centrodestra lucano garante della conservazione

A circa un anno dall’insediamento del governo regionale guidato da Bardi, sostenuto da una coalizione di centrodestra che ha nella Lega l’azionista di maggioranza, l’unico aggettivo per definirlo è: conservatore. 

 

Il 24 marzo 2019 andò a votare il 53% dei lucani e il 42,2% scelse Bardi e la coalizione di centrodestra che lo sosteneva. Le elezioni regionali del 2019 hanno visto una forte mobilità elettorale accompagnata dalla crescita del numero dei votanti. Per comprendere l’oggi non si può prescindere dal dato elettorale. Al di là dei proclami elettorali, il Governo regionale è in piena continuità con le politiche del precedente governo regionale e questo perché il Governo Bardi rappresenta gli stessi interessi del passato. La vittoria del centrodestra e di Bardi è il prodotto di un’intesa, più o meno tacita, tra le elites rentier lucane, i potentati economici interessati alle risorse della Basilicata e un ceto politico emergente che ha trovato nella Lega uno spazio politico da occupare.

Una parte dei lucani ha davvero creduto a “quel prima i lucani” scritto sui braccialetti che ancora oggi sfoggiano al polso molti esponenti della Lega. Peccato solo che quel “prima i lucani” era riferito solo ad alcuni lucani. A un anno circa da quel voto è davvero difficile individuare provvedimenti che indichino una inversione rispetto al passato. Cosa ancora più grave è non si capisce l’idea che questo Governo, a partire dal suo massimo esponente e cioè il Presidente della Giunta, ha della Regione. Che non ci sia nessuna inversione rispetto al passato cito a titolo di esempi: l’accordo con Total, Shell e Mitsui Italia.

L’accordo non solo non segna nessuna inversione nelle politiche economiche ed ambientali ma perfino il linguaggio ufficiale utilizzato all’indomani dell’accordo è lo stesso del passato; la vicenda del Trasporto pubblico locale. Il centrodestra dopo aver tuonato dai banchi dell’opposizione contro le proroghe ai contratti di servizio in essere scaduti da tempo alla fine ha partorito una leggina che prevede l’ennesima proroga con l’aggiunta di un ordine del giorno che, se non fosse chiaro, apre al taglio dei servizi senza nessuna riprogrammazione degli stessi; per quanto riguarda la scuola: personale docente, studenti e genitori sono alla ricerca di un qualche segnale che metta al centro la didattica.

In sostanza rispetto a criticità quali: crollo demografico, emigrazione dei giovani, qualità delle infrastrutture, politiche industriali, ecc. ecc. non è possibile rilevare nessun segnale che indichi una qualche inversione. Anche quest’anno l’immagine della Basilicata è stata affidata alla retorica di Matera capitale della cultura 2019 e del Capodanno RAI in Piazza Mario Pagano a Potenza. Se non fosse chiaro, il 24 marzo 2019 le elezioni regionali sono state vinte dalle elites lucane alleate con il ceto politico che si riconosce nel centrodestra e soprattutto nella Lega. Ha vinto la conservazione ed è per questa ragione che a quasi un anno dall’insediamento del Presidente Bardi non assistiamo a nessun cambiamento.

Il ceto politico che guida la Regione ha bisogno di consolidarsi e per fare questo lo spoil system che caratterizza i cambi di governo non è sufficiente. Per garantire i potentati economici interessati alle risorse regionali e per poter continuare a contare sul consenso delle elites autoctone ha dovuto mettere mano all’apparato amministrativo. Il solo e unico provvedimento del Governo Bardi che segna il cambiamento è la legge di “Riordino degli Uffici della Presidenza e della Giunta Regionale e disciplina dei controlli interni”. Con tale riordino il ceto politico di centrodestra, sul piano delle procedure amministrative, compie un’operazione con la quale mira a consolidarsi accreditandosi, presso le elites lucane e gli interessi economici forti che gravitano sulla regione, come il garante della conservazione degli equilibri esistenti nel sistema sociale e politico lucano. In sostanza se qualche migliaio di elettori lucani sperava di venire prima da qui a non molto capirà che ad essere primi sono sempre gli stessi.

Da un tale contesto è facile evincere che il declino della Regione è prossimo alla irreversibilità. Con l’intesa raggiunta tra elites autoctone, ceto politico e potentati economici appare evidente che tanto le risorse economiche presenti sul territorio quanto quelle che a diverso titolo arriveranno in Basilicata saranno sempre di più appannaggio delle solite filiere e delle solite consorterie. In sostanza l’unico cambiamento è stato quello che ha interessato il ceto politico con l’aggravante che il nuovo ceto politico è ancora di più subordinato alle elites autoctone e ai poteri economici forti interessati alle risorse economiche regionali. La Basilicata si appresta ad essere sempre di più una terra per pochi e non per tutti. 

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