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Il censurato. La Calabria ed il tappo della politica.

Su Agoravox quello che gli altri censurano. Quando anche una riflessione a voce alta può dar fastidio.

Questo articolo non è mai stato pubblicato. Almeno su calabriaOra. Sta sul mio blog. Il quotidiano di informazione regionale calabrese con il quale ho collaborato più volte e che mi ha sempe pubblicato fgli articoli senza nemmeno una modifica. Questa riflessione, a tratti forse banale, è apparsa scomoda. Mi sembrava giusto iniziare le pubblicazioni su AgoraVox con questo piccolo censurato.

In Calabria c’è un grosso tappo.

Quando iniziai ad andar per territori, percorrendo la mia gavetta, lo feci in quella che viene comunemente definita la Città infinità: la pedemontana lombarda, dove nascono le merci che vengono rivestite ed imbellettate a Milano per poi rimbalzare sui flussi della Globalizzazione. Il mio maestro Aldo Bonomi, mi mandò in giro a fare centinaia di interviste in profondità, come si dice in gergo tecnico, ad artigiani, piccoli imprenditori, sindaci, assessori, eccetera; insomma agli attori della nuda vita ed al tessuto economico che lottava fra globale e locale con i primi tzunami della globalizzazione.

Lì rilevai in buona sostanza (il discorso sarebbe estremamente complesso e lungo) che a "farcela" erano i creativi e gli innovatori o i territori, per meglio dire, che disponevano di uno standar elevato di saperi: il cosiddetto, con una espressione orripilante, capitale umano acculturato.

Premetto subito da questo punto di vista un dato a molti noto: la Calabria è una delle regioni che sforna più laureati in media rispetto alle altre regioni del Paese.
Dopo qualche anno, finita la gavetta, un progetto analogo, un viaggio per territori fatto di interviste, questionari, approfondimenti e focus group l’ho compiuto per conto del Ministero del welfare attraverso il Progetto pit lavoro.

Allora, come adesso, i problemi dei brianzoli e di "quelli della bassa" erano le infrastrutture (innanzitutto), le questioni di accesso al credito, la competitività generale delle piattaforme territoriali, la criminalità, l’immigrazione e ultima ma non ultima la capacità di rappresentazione e di rappresentatività delle associazioni di categoria, sindacali o datoriali.

In Calabria gli item sembrano ripetersi. Insomma in Brianza come nella nostra Regione, ad Erba piuttosto che a Gioia Tauro, le problematiche, almeno nelle categorie raccontate dagli attori di territorio, sembrano le medesime.

In Lombardia come in Calabria, la regione più svantaggiata d’Italia come lo stesso Loiero l’ha definita ( e come è scritto d’altronde nero su bianco addirittura nel vecchio Programma operativo regionale), esistono, con una battuta, gli stessi massimi comuni divisori.

Tutto sommato tra vivi e morti, tra delocalizzazioni e leghismo la Brianza e sui distretti industriali hanno messo in moto dinamiche innovative capaci di aggregarsi, di ancorarsi o alla peggio di farsi trascinare fra i flutti della globalizzazione. Tutto questo grazie ad un po’, davvero poco, di sostegno pubblico, ma molto grazie alle qualità dei suoi imprenditori, dei figli degli operai e dei forbicieri che usciti dalla Bocconi ereditavano l’azienda di papà, grazie soprattutto alla creatività di un sistema abituato a competere.

In Calabria oltre ai problemi similari, ho avuto modo di rilevare anche queste "buone doti" comuni.

Giovani imprenditori con tanto sapere e molte idee, aziende che producono qualità e competenza, scantinati delle università ricchi di progetti e di pubblicazioni internazionali oltre che di topi.



Tutti fermi; tutti sull’orlo del lastrico; tutti bloccati da un grosso, enorme, immobile tappo: la politica.

Tutti noi abbiamo ancora calda memoria della trasmissione di Riccardo Iacona su "Pane e politica"; tutti sappiamo che quella rappresentata da W l’Italia è solo la punta di un Iceberg.

Di esempi se ne potrebbero fare mille e mille più; basti pensare che la nomina di un esperto di indubbio valore per la gestione dei fondi europei diventa mercé di bagarre politica e pretesto per sanare conti di tutt’altra natura.

Sparare sulla Croce rossa come si sa è facile e cercherò per quanto posso di sottrarmene il più possibile.

Vorrei invece a provare a concentrarmi sul valore antropologico di questo tappo che tutto opprime.

La creatività, vera molla del progresso e dell’innovazione, in Calabria come detto è latente, ma esiste; esiste perché la creatività non è un fattore genetico ma scaturisce dall’esperienza, dallo studio, dalla sapienza dei popoli che abitano un territorio. E’ frutto del tormento e dell’ingegno, e come si dice la fame aguzza l’ingegno ... o no?

La politica in Calabria uccide la creatività; funziona come un filtro al contrario, sovente trattiene il buono e lascia passare lo sporco.

Far passare tutto per la politica, per i partiti, per gli amici influenti uccide l’idea stessa di imprenditorialità, l’idea di saper fare e di competere, l’idea e gli ideali per giunta.

Tempo fa in Consiglio regionale si decise che molto probabilmente le esperienze dei tecnici, dei competenti, degli "accompagnatori" non servivano a nulla. Si decise che anche in Calabria, come se non fosse sempre stato così, si dovesse tornare alla "centralità della politica", dei partiti e delle segreterie; così si decise che gli amministratori e gli assessori regionali dovevano essere "espressione della politica", dovevano scendere in campo e misurarsi con gli elettori.

Quindi niente tecnici o tecnocrati...basta: solo politici.

Tempo fa si decise, o per meglio dire per essere onesti si ribadì, che era necessario dar il giusto spazio a tutti quelli che candidamente hanno ammesso nel programma di Iacona " Io ho scelto di fare politica e quindi è giusto che venga pagato per questo"; pagato ovviamente con i soldi dei contribuenti attraverso un becero concorsone. Con buona pace di chi, come il sottoscritto, immaginava che fossero i cittadini a doversi scegliersi i politici che debbano rappresentarli.
Il discorso è molto ampio e complesso, e sarebbe bene che si aprisse un dibattito reale nella nostra regione sul ruolo della politica e la funzione dei partiti e degli organismi eletti. Personalmente spero che ciò accada presto ed è per questo lancio questo primo sassolino nello stagno (ovviamente raccolto dalla mia scarpa!).Per adesso mutuerei una battuta dai cosiddetti ragazzi di Locri:

"E adesso andatevene tutti!".

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