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Il caso ASL di Rieti

L’esemplarità dello sperpero, la cecità della Regione e la beffa per 160 mila cittadini. 

 

Premetto ricordando che con l’”Operazione trasparenza sanità” il Gruppo Consiliare del Movimento 5 Stelle della Regione Lazio ha avviato strutturalmente una richiesta di accesso agli atti e ai dati inoltrata (a luglio) a tutte le Aziende sanitarie della Regione Lazio affinché le singole amministrazioni forniscano al gruppo i numeri dei flussi sanitari e quelli della contabilità analitica. Nel corso dell’articolo si capirà l’importanza della richiesta effettuata.

Parallelamente il Gruppo con la propria Task Force sta entrando analiticamente nella valutazione puntuale delle problematiche delle singole realtà sanitarie locali utilizzando tutti i mezzi informativi pubblici attualmente disponibili. L’ultima mozione presentata dal Gruppo pochi giorni fa riguarda il ridimensionamento dell’Ospedale di Acquapendente e la situazione dell’Asl di Viterbo; mentre l’ultima analisi, a cui farà seguito relativa mozione, riguarda appunto l’Asl di Rieti, il teorizzato ridimensionamento dell’Ospedale De Lellis di Rieti e la chiusura di quello di Amatrice. Si è già letto sui giornali il paventato referendum sostenuto dal Sindaco di Amatrice per annettere il comune all’Abruzzo. Inoltre, proprio il 27 agosto c’è stato a Rieti un “Agorà” sulla sanità Reatina, a cui hanno partecipato le varie categorie e associazioni coinvolte nel processo “riorganizzazione della rete ospedaliera”, per sensibilizzare ed informare la cittadinanza sulle modalità e sugli esiti potenziali dell’eventuale ridimensionamento del De Lellis e rivendicare la permanenza delle discipline attualmente presenti all’interno dell’ospedale. Secondo il parere dell’Ordine dei medici, le eventuali responsabilità di un ridimensionamento motivato da ragioni economiche non dovrebbe ricadere né sulla gestione e né sugli operatori sanitari, che tra l’altro sono stati ridotti a seguito di un mancato reintegro dei primari, quanto piuttosto sulla Regione. Un passo alla volta.

E’ utile un quadro che illustri, in termini più generali, cosa sta di fatto accadendo a livello regionale a seguito dei vari decreti emessi nel corso degli ultimi anni dai vari Commissari ad acta, incluso Zingaretti. Senza andare troppo indietro nel tempo e partendo dal famigerato decreto 80 del 2010 emesso dalla Polverini, in cui la Regione veniva ripartita in 4 Macroaree che sarebbero dovute diventare autonome in termini di soddisfacimento del fabbisogno sanitario locale, di fatto si è concretizzata la seguente situazione: dei circa 250 mila pazienti o degenti ordinari che rappresentano il fabbisogno sanitario annuale di posti letto delle Province di Rieti, Viterbo, Latina e Frosinone, quasi il 50% è costretto a rivolgersi presso aziende ospedaliere ubicate fuori dalla ASL di riferimento. In pratica l’indicatore della mobilità passiva verso altre asl e verso altre Regioni (ad esclusione di Roma che rimane il fulcro sanitario attrattivo regionale) ha raggiunto livelli tali da mettere in dubbio il concetto stesso di Livello Essenziale di Assistenza. Il flusso migratorio dei cittadini bisognosi di cure verso i Policlinici specialistici della Capitale e verso il Gemelli, o verso altre regioni, rappresentano il fallimento dell’idea di autonomia sanitaria delle province. Di fatto ne hanno tratto vantaggio strutture accreditate e policlinici specialistici “vaticanensi” a discapito di tutte le strutture pubbliche, soprattutto quelle extra capitoline, e della cittadinanza ad essi afferente. Senza che alla riduzione di oltre il 25% delle degenze in poco più di un quinquennio sia corrisposto un decremento proporzionale dei costi. Anzi.

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conto economico aziendale asl rieti

Sarebbe questa la spending review? Altri sono gli aspetti da considerare che i decreti sembrano ignorare del tutto: la tipicità geografica o geomorfologica territoriale delle province, il tasso di invecchiamento della popolazione, il tasso di saturazione dei posti letto degli ospedali in esse ubicati, le discipline rappresentative dell’esodo passivo verso altre asl (in pratica la domanda non soddisfatta) abbinata alla disponibilità effettiva dell’offerta sanitaria in termini di posti letto e discipline e specializzazioni presenti nelle singole strutture ospedaliere, la gestione manageriale economico finanziaria e quella riferita all’erogazione efficiente del servizio in termini di valutazione del potenziale produttivo.

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conto economico distretto montepiano

Ritorniamo alla realtà di Rieti che può essere considerata emblematica per quanto concerne le Province. La provincia è composta da 160mila abitanti con un indice di vecchiaia della popolazione molto elevato (istat 2013: ci sono 194 ultra sessantacinquenni ogni 100 giovani). Indicatore utile anche per stabilire l’incidenza delle cronicità che affliggono la popolazione ultra sessantacinquenne mediamente per oltre l’85%. Dall’analisi effettuata emerge che su un fabbisogno di circa 30.000 degenze annuali appena 16 mila vengono soddisfatte internamente alla asl di Rieti. Nello stesso tempo l’ospedale De Lellis, di fatto l’unico della provincia, risulta mediamente saturo in termini di occupazione media dei posti letto (oltre 85%). I reparti chirurgici, ortopedici, urologici, cardiologici, pediatrici, di medicina generale risultano avere indici massimi di saturazione dei posti letto, pertanto fronteggiano già al massimo dell’effettiva potenzialità la domanda assistenziale di ricovero. Nel contempo c’è un esodo passivo presso il Policlinico Gemelli di circa 2000 pazienti l’anno, altri 1300 circa presso il Bambin Gesù, circa altri mille presso l’Asl Roma E, altri 4000 presso le asl extraregionali, per un totale di circa 15 mila pazienti che chiedono assistenza altrove. La domanda insoddisfatta a livello territoriale riferita alle patologie neurochirurgiche, pneumologiche, ematologiche, cardiochirurgiche, di radiologia interventistica, di chirurgia addominale complessa, di medicina nucleare rappresentano l’essenza della mobilità passiva extraregionale, in prevalenza verso Terni.

In questo scenario si colloca il progetto regionale e nazionale di ridimensionamento dell’unico ospedale esistente, ridimensionamento che, oltre alla già avvenuta perdita del laboratorio di analisi di fatto trasferito presso il S. Filippo, potrebbe portare alla soppressione di reparti fondamentali per il territorio quali la Radiologia Oncologica, la perdita di ulteriori posti letto nel reparto di Oncologia, la soppressione di Nefrologia e Dialisi (patologia strettamente correlata all’invecchiamento della popolazione), ecc. per rispettare quanto previsto dal Decreto Lorenzin del 5 agosto che vuole la ripartizione degli Ospedali per livelli proporzionati al volume della popolazione. Non si considera affatto la peculiarità territoriale del Reatino, che avendo caratteristiche prevalentemente montane, rappresenta una realtà logisticamente priva delle importanti reti stradali di collegamento verso gli Hub specialistici previsti per soddisfare il fabbisogno. Né si considera l’invecchiamento progressivo della popolazione e la relativa difficoltà a qualsiasi forma di mobilità esterna al territorio. Né si considera il livello essenziale di assistenza che non può assolutamente essere rappresentato dalla presenza di circa 2 posti letto ogni mille abitanti.

Ma veniamo al motivo del ridimensionamento e alle responsabilità. Il motivo è naturalmente di carattere economico, tutte le scelte relative alla sanità, a partire dalla “spending review”, sono basate sul concetto o idea di contenimento della spesa. Ma le scelte regionali potremmo metaforicamente paragonarle a quelle di colui che rinuncia al lavaggio dei propri panni per eliminare le spese della corrente elettrica, piuttosto che verificare la dispersione elettrica degli elettrodomestici e porvi opportuno rimedio. Prima di arrivare alla riorganizzazione della rete ospedaliera si è forse tentato preventivamente di individuare e correggere le inefficienze? Perché non si è mai fatto uso della contabilità analitica a livello regionale, la sola che avrebbe consentito non solo la puntuale individuazione dello scorretto utilizzo delle risorse, ma anche la puntuale individuazione delle responsabilità? Questo resta un mistero.

E’ stato infatti più facile sopprimere la soddisfazione del bisogno sanitario in termini di riduzione dei posti letto, senza che a questo sia corrisposta alcuna riduzione dei costi, piuttosto che individuare realmente sprechi e responsabilità e utilizzare le risorse per potenziare ed incrementare la produttività degli stessi ospedali esistenti. Perché con una corretta riallocazione e controllo delle spese e della produttività questo è realisticamente possibile. E possiamo dimostrarlo.

La direzione che vuole prendere il Movimento in materia di sanità è proprio quella contraria a qualsiasi ridimensionamento dell’offerta che preceda la preventiva e necessaria verifica e controllo dei costi, delle efficienze, degli standard di produttività e individuazione delle responsabilità. La sanità è nei fatti una vacca da mungere senza limiti. L’unico limite finora posto è stato quello all’assistenza. Rieti rientra proprio nella casistica esemplare che esplicita il concetto. Ho fatto precedentemente riferimento alla richiesta dei dati della contabilità analitica. La dottoressa Degrassi in Regione, a cui il Gruppo e la Task force aveva chiesto collaborazione, ha minimizzato l’utilità della stessa. E di fatto ha giustificato il mancato utilizzo di un controllo della contabilità analitica da parte di Regione e Giunta per effettuare le scelte strategiche che stanno prendendo la forma degli atti aziendali che verranno a breve partoriti dalle singole Asl.

Navigando attraverso i link della sanità reatina, pur restando in attesa dei dati ufficialmente richiesti, la Task Force 5 Stelle ha insperatamente acquisito dei dati pubblicati e accessibili riferiti alla contabilità analitica dell’Asl di Rieti. Un breve inciso: quante ASL della Regione Lazio hanno la contabilità analitica? Tornando ai dati acquisiti, sarebbe lecito chiedersi se qualcuno li abbia mai letti, soprattutto considerando che la visione degli stessi, per quanto fermi all’anno 2012, non potrebbe che suscitare sgomento (nel caso più ottimistico ilarità) e magari più opportunamente sollecitare o solleticare l’intervento di Corte dei Conti o della Magistratura, sempre che non siano frutto di sbadataggine o invenzione contabile. Questo dubbio in effetti è inerente all’attendibilità del dato, ma considerando che questo dato è acquisibile dal sito ufficiale dell’Asl di Rieti e che la Task Force, per evitare qualsiasi fraintendimento, ha contattato direttamente la dottoressa Evangelista responsabile del Controllo di Gestione per confermarne la veridicità, è possibile procedere alle dovute e susseguenti considerazioni.

In primo luogo emerge che a livello di bilancio consolidato, a fronte di un valore della produzione pari a circa 78 milioni di euro, il solo costo del personale che ammonta a circa 100 milioni di euro produce già una perdita. Il costo del personale sanitario da solo annulla l’intero valore della produzione! Già questo dato preliminare dovrebbe far pensare che qualcosa di macroscopico non funziona. Eppure si paventa necessità di personale medico non rimpiazzato. E gli altri costi? Nello stesso report vengono indicati i costi diretti, ovvero quelli necessari all’erogazione del servizio e non inclusivi dei costi comuni di struttura che portano già a una perdita aziendale annuale di oltre 120 milioni di euro. Ometto il fatto che sono stati inseriti tra i costi diretti gli ammortamenti, mentre sono stati metodicamente e scrupolosamente esclusi i costi (presenti nella contabilità analitica per centro di responsabilità) riferiti alle manutenzioni, alla lavanderia, alla vigilanza, alla mensa, allo smaltimento rifiuti, alla pulizia, in pratica quelli dei servizi non sanitari, che pur non essendo costi diretti ci avrebbero illustrato quale impennata macroscopica questi hanno avuto a partire dal 2010. Stiamo parlando di costi che prevedono bandi di gara nell’ordine di decine e decine di milioni di euro! Ma a livello consolidato il conto economico ci dice ancora poco.

Diventa “divertente” percorrere l’illustrazione delle spese per singolo centro di responsabilità: a livello di Direzione Aziendale si vede un raddoppio rispetto al 2010 del costo del personale sanitario che passa dai 280 mila euro agli oltre 500 mila. Verrebbe da chiedersi a cosa serve un macroscopico incremento di costo del personale sanitario presso la direzione aziendale quando si paventa la scarsità di personale sanitario presso i reparti, soprattutto a fronte di una sestuplicazione del costo del personale non dipendente che nel 2012 ha raggiunto i 619 mila euro. Per non parlare dei compensi agli organi direttivi che sono passati dai 309 mila euro del 2010 ai quasi 490 mila del 2012! Alla faccia della spending review!

Il servizio lavanderia o quello dei rifiuti o dei servizi informatici o ancora delle manutenzioni, misteriosamente imputati a tale direzione, hanno visto un incremento del costo complessivo che è passato dai 4 milioni del 2010 ai quasi 13 milioni del 2012. E sono solo i costi riferiti alla direzione aziendale, non quelli dei reparti che dovrebbero produrre valore! L’occhio poi cade su alcuni centri di costo, come l’assolutamente necessario ufficio comunicazione e marketing, che da solo assorbe con il costo per il personale oltre 200 mila euro.

Scorrendo ci intratteniamo sull’imputazione dei costi di lavanderia, mensa, vigilanza e pulizia anche sulla direzione amministrativa della funzione ospedaliera, oppure presso l’UOC Acquisizione beni e servizi, per un ammontare rispettivo superiore ai 2 milioni di euro nella prima e a oltre 2 milioni nella seconda; o ancora sul costo del personale adibito al coordinamento tecnico del recup o all’audit clinico che ammonta rispettivamente a circa 370 mila euro e a 440 mila euro. O ancora al costo delle manutenzioni imputate al centro di responsabilità UOC tecnico patrimoniale, in cui si vede la levitazione improvvisa del costo di manutenzione da poche centinaia di migliaia di euro (si fa per dire) a circa 1,3 milioni di euro. Stiamo parlando finora di UOC o unità operative che potremmo definire di staff direzionale, quindi non produttive. Anche il servizio informatico vede una levitazione clamorosa del costo che tra personale e macchinari supera abbondantemente 1,5 milioni di euro lasciando preludere all’esistenza di un’informatizzazione talmente all’avanguardia da poter garantire in tempo reale la fornitura di qualsiasi informazione.

La Task Force probabilmente non dovrà temere la mancata fornitura dei dati richiesta. Ma diamo un’occhiata alle unità produttive, prendendo a titolo di esempio soltanto uno dei tanti centri di responsabilità in quanto il dato, nella sua drammaticità documentale si ripete, soprattutto a livello di servizio distrettuale.

La Direzione Distrettuale Montepiano Reatino N.1, per esempio, raggiunge mediante erogazione di prestazioni di specialistica ambulatoriale e di diagnostica strumentale un valore della produzione pari a 1,3 milioni di euro. Salvo poi constatare che il solo costo del personale medico per erogare queste prestazioni ammonta a 6,1 milioni di euro! E il solo costo dei prodotti farmaceutici e galenici per erogare la prestazione ammontano ad oltre 3 milioni di euro! Sarebbe come dire che vendo una bottiglia di vino a 10 euro dopo essermi accertato che il costo del solo vino ammonta a 30 euro, il costo del personale per produrla ammonta a 60 euro e tutti gli altri costi ammontano a 300 euro! Proprio così, perché vengono imputati al tale centro di costo un ammontare complessivo di costi per servizi sanitari pari a circa 30 milioni di euro. In definitiva, per guadagnare 1,3 milioni di euro spendo 50 milioni di euro!

C’è o non c’è qualcosa che non va in questa gestione? Non basterebbe da solo il fatto che le spese dei costi variabili diretti, ovvero i farmaci, superino il valore della produzione per farci sorgere il dubbio che vi sia un uso o abuso improprio della risorsa produttiva? Tale dato non induce forse la Guardia di Finanza all’effettuazione di un controllo? Solo per curiosità, si intende…E tutto quel personale medico per produrre solo un milione di euro? E’ ridondante o improduttivo? E chi è il direttore di questa unità produttiva? Non è forse egli responsabile del funzionamento della stessa? E in base al piano della performance come è stato valutato? Queste osservazioni servono soltanto per dimostrare che l’attenta analisi basata sulla contabilità analitica non lascia dubbi sull’individuazione dell’inefficienza e delle responsabilità. Pertanto resta confermata la tesi secondo cui, una rivisitazione generale dei costi e della loro origine è il preludio per la rifondazione di una sanità potenziata a livello locale. Altro che riequilibrio della rete ospedaliera. Altro che taglio dei posti letto e ridimensionamento! L’unica cosa che andrebbe cambiata radicalmente dovrebbe essere semplicemente la gestione.

Pertanto non è possibile parlare di deresponsabilizzazione della gestione amministrativa e delle professioni sanitarie, in quanto, carte alla mano, hanno concorso attivamente alla creazione di un deficit pubblico complessivo che ha comportato provvedimenti approssimativi a livello regionale che hanno penalizzato soltanto la popolazione. Che paga due volte: lo sperpero del denaro pubblico sovvenzionato con l’imposizione fiscale e l’assenza del servizio essenziale di assistenza sanitaria.

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