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Il capitalismo americano e le ingiustizie della civiltà

 

“Il prezzo della civiltà” è un saggio accorato e molto critico nei confronti della degenerazione del paracapitalismo anglosassone di stampo parapolitico (Jeffrey D. Sachs, Codice Edizioni, 2012).

“Insegnare ai giovani a comprare a credito è come insegnargli l’uso della droga”. Banchiere

Il professor Sachs è un macroeconomista che si occupa di molti fenomeni politici, sociali, psicologici, ambientali, finanziari e geopolitici. Ma è molto difficile fare gli economisti impegnati negli Stati Uniti, quando “le due attività più fiorenti a Washington sono la trasformazione di denaro in potere e la riconversione del potere in denaro”. Troppi economisti accademici, troppi politici e troppi manager pubblici “si sono sottratti al vincolo della responsabilità sociale: inseguono ricchezza e potere, e all’inferno tutto il resto” (p. 6). Del resto Marx affermava che “I governi sono i comitati d’affari del capitalismo”.

Le multinazionali premono sui politici per avere sgravi fiscali e deregolamentazioni e i politici sono diventati molto accomodanti, poiché servono molti soldi per le campagna elettorali e servono anche delle opportunità future come consulenti, nel momento in cui la carriera politica arriva al capolinea. Anche il giudice americano John Paul Stevens ritiene l’attività lobbistica molto antisociale: “Nonostante offrano un enorme contributo alla nostra società, le corporation non ne fanno, in effetti parte… Le risorse finanziarie, le strutture legali e l’orientamento strumentale delle corporation sollevano legittimi dubbi sul loro ruolo nel processo elettorale”.

Per lo studioso americano “i nodi da affrontare non riguardano tanto la produttività, la tecnologia o le risorse naturali, quanto la nostra capacità di cooperare in modo onesto”. Però lo strapotere di troppi vecchi parlamentari molto intrallazzatori sclerotizza le istituzioni anche negli Stati Uniti: l’età media dei membri del Congresso è addirittura più alta di quella italiana. Come può un Parlamento di sessantenni e settantenni, quasi sempre maschi, rappresentare una nazione?

Inoltre gli esseri umani sono “una bizzarra combinazione di emozioni preistoriche, credenze medievali e tecnologie moderne” (Edward Osborne Wilson). Quindi “Bisogna chiedersi che cosa attenti più gravemente all’anima degli uomini d’oggi: la loro passione accecante per il denaro o la loro fretta febbrile” (Konrad Lorenz). O forse il problema risiede nell’amore accecante per la Tv? Secondo lo studioso Robert Putnam la quantità di tempo trascorso davanti alla tv è una delle cause principali del calo delle attività civiche. Del resto “i paesi i cui cittadini sono più esposti alla televisione hanno livelli di fiducia sociale più bassi e livelli più alti di corruzione politica” (p. 137). L’effetto peggiore della televisione sembra essere quello di “consumare il capitale sociale”.

Comunque un famoso teorico della giustizia ha affermato che se le differenze economiche e sociali arrivano a un certo livello, chi possiede di meno “comincia a credere che le ineguaglianze esistenti sono basate sull’ingiustizia” (John Rawls, “Una teoria della giustizia”, 1971, Feltrinelli, 2010.

A ben pensare la visione economica più equilibrata e produttiva era già stata individuata dal premio Nobel Paul Samuelson: bisogna far gestire al libero mercato la maggior parte dei beni e lasciare al governo la facoltà di redistribuzione dei redditi (per proteggere i poveri e i disoccupati), la gestione delle infrastrutture e delle istituzioni pubbliche (la formazione, la ricerca e le reti di comunicazione), e il mantenimento della stabilità economica (a livello nazionale e a livello cooperativo internazionale). D’altra parte anche il principale fondatore del liberismo, Friedrich Hayek, “non nega che bisogna, dove sia impossibile creare le condizioni necessarie a una competizione effettiva, ricorrere ad altri metodi per orientare l’attività economica” (p. 36).

In sintesi per Sachs “saranno più i giovani a cambiare l’America che non i loro genitori”. Fra qualche anno potrebbe nascere un terzo partito che spezzerà “il duopolio collusivo tra democratici e repubblicani” (p. 239). Un partito che potrebbe seguire più da vicino la principale linea politica di Kennedy: “quando l’operato di un uomo è gradito al Signore, anche i suoi nemici sono in pace con lui” (tratto dal “Discorso sulla pace” a cura del consulente Theodore Sorensen).

Obama non ha la volontà e le risorse politiche per riformare il sistema finanziario, però gli strozzini legalizzati prima o poi capiranno che i loro giochi d’azzardo sono durati troppo a lungo e che un collasso globale rischia di trasformare tutte le ricchezze immateriali in polvere elettromagnetica.

Jeffrey D. Sachs (http://jeffsachs.org) è uno degli economisti più influenti negli Stati Uniti e nel mondo. Attualmente dirige un centro di ricerca multidisciplinare (www.earth.columbia.edu) ed è attivo anche nel web (www.project-syndicate.org). 

Nota personale - Kennedy fece anche questa affermazione: "Concittadini del mondo, non domandate cosa l'America possa fare per voi, ma cosa possiamo fare, insieme, per la libertà dell'uomo" (Discorso inaugurale della Presidenza, 20 gennaio 1961, www.jfklibrary.org).

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