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Il calabrone cinese ed altri insetti dell’economia globale

Nel secondo trimestre di quest’anno, l’economia della Cina è cresciuta del 3,2% rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno, tornando quindi alla crescita dopo il collasso di meno 6,8% tendenziale registrato nei primi tre mesi di quest’anno, in piena emergenza Covid: prima contrazione del Pil dalla fine della Rivoluzione culturale, negli anni Settanta. 

La borsa ha accolto la notizia con un mini crollo del 5% dopo un rialzo forsennato ed alimentato dai media secondo uno schema che ha ricordato sinistramente il collasso di agosto 2015.

Disaggregando i dati, tuttavia, si nota che la crescita di Pechino è di qualità scadente, come accade da tempo. Gli americani, che puntano sulla crisi di sistema del rivale asiatico, potrebbero però dover attendere ancora a lungo.

La crescita cinese è al solito trainata dagli investimenti, industriali e soprattutto infrastrutturali, mentre i consumi restano a livelli modesti, indeboliti come nel resto del mondo dal lockdown. Come già accaduto durante la crisi finanziaria del 2008, la spinta arriva dal settore delle costruzioni ed centrata sul credito, mentre le imprese pubbliche trainano l’industria in presenza di vistosa contrazione del settore privato.

Copione già visto, si diceva. Enorme impulso espansivo, fiscale e creditizio, attuato tramite gli enti locali e le imprese pubbliche, con conseguente accumulo di sofferenze bancarie. Secondo stime dello scorso febbraio, nel paese esisterebbero 65 milioni di appartamenti sfitti, dopo un decennio di crescita immobiliare forsennata.

 

Malgrado ciò, nel primo semestre 2020 l’investimento immobiliare è aumentato di 1,9% a fronte di un calo del 3,15% dell’investimento complessivo. Altro dato sui cui riflettere: sempre nel primo semestre di quest’anni, gli investimenti delle imprese di Stato sono cresciuti del 2,1%, a fronte di un calo del 7,3% del settore privato. Dire che l’economia cinese è una bolla che non scoppia mai è diventato un luogo comune.

Una bolla statale-creditizia, in presenza di mercati di sbocco ancora paralizzati dai lockdown e dalla crisi geopolitica con l’Occidente; ultimo episodio, la decisione britannica di estromettere Huawei dalla propria rete 5G, anche per raccogliere punti-fedeltà presso Washington per l’agognato trattato di libero scambio post Brexit.

Negli Stati Uniti, alcuni “strateghi” credono di aver individuato questo modello di sviluppo cinese come la determinante della futura crisi del sistema cinese, partito unico incluso. Ma non tutti concordano con la semplicità di tale diagnosi e della relativa prognosi.

Per ora, quello che si può affermare è che credito e settore pubblico sono stati importanti ammortizzatori sociali durante la pandemia, contribuendo a sorreggere l’occupazione. Poi, l’impressione è che siamo di fronte ad un classico schema di bue che dice cornuto all’asino, guardando ai molteplici livelli di interventismo americano nell’economia, con la Federal Reserve che ha fatto un ulteriore salto quantico, anch’esso verosimilmente necessitato, ed è divenuta non solo prestatore di ultima istanza ma anche market maker di ultima istanza, cioè ha contribuito a tenere in vita i mercati, in particolare quello del credito, con le sue facility su obbligazioni societarie, incluse quelle spazzatura.

Espansione fiscale a pie’ di lista, ruolo quasi fiscale della politica monetaria: sono i capisaldi della reazione globale anti-Covid che tuttavia, ad uno sguardo più attento, altro non sono che l’evoluzione agli steroidi di interventi simili, attuati da anni per contrastare il rischio che l’enorme bolla di debito, insufflata per evitare collassi dei mercati, scoppiasse.

Dell’economia italiana, nei decenni addietro, si è sempre detto che fosse un calabrone: cioè un insetto sgraziato che vola sfidando il suo stesso “design”. Ora, un concetto simile può essere applicato anche alla Cina ed alla sua crescita non esattamente equilibrata. Non a caso, un decennio addietro l’economia cinese era paragonata ad una bicicletta, che deve muoversi altrimenti cade con il ciclista. Oggi apriamo gli occhi e ci accorgiamo che gli Stati Uniti non stanno meglio.

Non chiedetemi come finirà: se lo sapessi, non perderei tempo a scrivere questi post. Posso solo intuire che servirà enorme fantasia, negli anni a venire, in politica monetaria, fiscale ed industriale. Ho detto fantasia, non deliri. Capito, italiani?

Foto di enriquelopezgarre da Pixabay

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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