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Il bluff di Pomigliano (Parte Seconda)

L’Italia, nell’ultimo G20, insieme all’Europa, ha scelto di riequilibrare i conti pubblici a scapito del sostegno all’attività economica.
 
Il Governo, nell’impossibilità di incentivare le imprese per mancanza di fondi, ha individuato nella la libertà d’impresa lo strumento normativo per sostenere la crescita.
 
Per queste ragioni Tremonti ha preannunciato l’abrogazione del secondo e terzo comma del’articolo 41 della Costituzione.
 
L’art. 41 già prevede la libertà dell’iniziativa economica privata (primo comma), ma stabilisce che essa non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana (secondo comma); e che la legge “determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica, sia pubblica che privata, possa essere coordinata e indirizzata a fini sociali” (terzo comma).
 
Il governo italiano prevede di derogare per tre anni agli adempimenti previsti da tali norme.
 
Si vuole disboscare quella fitta giungla burocratica che ostacola l’attività d’impresa. Ma la semplificazione normativa/burocratica si può realizzare con una legge ordinaria. E allora perche la riforma costituzionale? Qual’è l’obiettivo, la semplificazione o le leggi che regolano l’attività d’impresa a presidio dei diritti dei lavoratori?
 
In realtà si vogliono eliminare le regole e non l’eccesso ,e quindi quelle garanzie poste dall’art 41 secondo e terzo comma a tutela della sicurezza dei lavoratori, della loro libertà e dignità umana .
 
E qui la riforma della costituzione si salda con la proposta Fiat. Marchionne non ha chiesto soldi, ha chiesto più poteri all’impresa nella fabbrica. Tremonti ha aderito preannunciando l’abrogazione dell’art 41 secondo comma, e quindi la costituzionalizzazione di tutte le leggi presenti e future che eliminano le garanzie previste da tale norma.
 
C’è dunque un nesso tra l’accordo di Pomigliano e la riforma dell’art, 41 secondo e terzo comma: l’accordo riduce taluni diritti fondamentali dei lavoratori, la riforma costituzionalizza tale riduzione.
 
Sul piatto della bilancia c’è una convergenza di interessi.
 
Il Governo non ha soldi da offrire alla Fiat, ma ha bisogno del consenso dei lavoratori per una riforma costituzionale senza scosse. La Fiat può fare a meno dei soldi del Governo, ma ha bisogno della legittimazione alla propria libertà d’impresa.
 
Una sinergia ed una integrazione di poteri.
 
La fiat offre lavoro e quindi ha verso i lavoratori un potere di persuasione che il governo non ha. Il governo ha un potere legittimante che la Fiat non ha.
 
Uno scambio di favori.
 
La Fiat fornisce al Governo, attraverso l’accordo, il consenso dei lavoratori alla riduzione dei loro diritti, il Governo la legittimazione a tale riduzione.
 
Una cortina fumogena mediatica ha nascosto tale nesso, e fatto credere che la riforma costituzionale ha solo l’obiettivo di favorire la nascita di nuove imprese, e che l’accordo riguardi solo la produttività e nuove relazioni industriali.
 
La Fiom ha intuito e smascherato il bluff, ma solo in parte.
 
Ha denunciato il tentativo di sottrarre ai lavoratori il diritto di sciopero e il diritto alla malattia, e offerto, fermo restando la conservazione di tali diritti, la propria disponibilità ad un’intesa sulla produttività, ma non ha ricevuto risposta. La Fiat ha rigettato l’offerta e ha così svelato il suo vero obiettivo: avere le mani libere nella fabbrica per limitare i diritti degli operai, più che l’aumento della produttività.
 
E qui cade il primo bluff.
 
La Fiom non ha invece denunciato il nesso tra la riforma costituzionale e l’accordo sindacale, che porta alla luce una situazione molto più grave di quella che sembra.
 
Oggi un ricorso alla Corte Costituzionale è sufficiente a vanificare le limitazioni dei diritti dei lavoratori previste nell’accordo .
 
Domani non sarà più possibile.
 
La riforma dell’art. 41 consentirà il rigetto qualsivoglia ricorso alla Suprema corte, in difesa del diritto di sciopero e del diritto alla malattia.
 
L’art. 41 (secondo e terzo comma) rappresenta per i lavoratori l’architrave di una serie di diritti, quali il diritto di sciopero, il diritto alla salute e il diritto alla sicurezza sui luoghi di lavoro che, una volta caduto, trasporta con se tali diritti, lasciando in piedi, senza limitazioni, solo la libertà d’impresa intesa come:
libertà dagli ostacoli che si frappongono alla nascita di nuove imprese, libertà dagli ostacoli che si frappongono all’esercizio del potere d’impresa nella fabbrica. In tale contesto, leggi limitative di tali diritti, ora illegittime, diventerebbero conformi alla costituzione. Potrebbero diventare, con legge ordinaria, legali la condotta della Tyssenkrupp, le limitazioni del diritto di sciopero e del diritto alla malattia, contenute nell’accordo di Pomigliano.
 
E qui cade il secondo bluff.
 
La riforma dell’art. 41 della costituzione ha l’obiettivo di agevolare la nascita di nuove imprese, ma soprattutto di affermare la libertà di impresa nelle fabbriche, a danno dei lavoratori.

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