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"Il Sud è niente": un film per il presente del nostro Paese

La valenza di una costruzione artistica la si può riscontrare nella propria capacità di essere complementare nello spazio e nel tempo con altre opere.

Tutto questo è importante affinché il lavoro di un artista possa fungere da volano per chi verrà dopo di lui perché l'opera non può limitarsi ad uno sguardo autoreferenziale che sarebbe controproducente mentre il saper dialogare è una delle funzioni più rilevanti che l'artista porta avanti. Adottare questa logica può permettere di comprendere al meglio un film come “Il sud è niente”.

A tale proposito ritengo possa risultare utile tenere presente quale riferimento la canzone di Rino Gaetano “Ad esempio a me piace il sud”.

Il Sud è stato portato sul grande schermo seguendo schemi differenti, ma quello che questo film segue è il percorso di chi vuole raccontare le difficoltà di una realtà spesso abbandonata a se stessa, così come abbandonati a se stessi sono gli uomini e le donne che sono gli attori di una commedia dell'esistenza spesso connotata da risvolti amari.

La pellicola del 2013, primo lungometraggio di finzione del regista Fabio Mollo apre lo sguardo sulla realtà contemporanea di un territorio come quello calabrese (ed in generale sulla realtà del meridione).

Nella storia de “Il sud è niente” si possono ritrovare quelle stesse storie di “calpestati, sfruttati e frustrati” cantati da Rino Gaetano.

Il film racconta la vicenda dell'adolescente Grazia (interpretata dall'esordiente Miriam Karlkvist) la quale vive sola con il padre Cristiano (Vinicio Marchioni) nella periferia di Reggio Calabria. L'uomo esercita l'attività di venditore di pesce stocco, attività alla quale anche la figlia contribuisce dando una mano al negozio, nei pomeriggi finite le lezioni scolastiche. I rapporti tra genitore e figlia non sono affatto semplici (tra loro vi sono più silenzi che parole) ulteriormente complicati dalla morte di Pietro, il figlio di Cristiano e fratello della ragazza, scomparso in circostanze poco chiare.

Per la ragazza inoltre si avvicina l'età della maturità, frequentando l'ultimo anno delle scuole superiori, ma ciò che le alberga dentro non è tanto la preoccupazione formale di questo passaggio, ma quanto stia diventando ogni giorno più pesante il tarlo della perdita del fratello e così i propri comportamenti saranno sempre più votati alla chiusura verso il mondo che ad un'apertura verso di esso riconducibile all'età della protagonista.

Qualcosa la porterà verso una ricerca nuova quando durante un bagno notturno in mare le sembrerà di scorgere Pietro. L'ossessione di quest'incontro le darà la speranza di poter ritrovare ancora vivo il fratello.

Sarà poi l'incontro con il coetaneo Carmelo a scalfire la corazza di dolore dietro la quale si è nascosta per troppo tempo. Ma Carmelo è figlio di giostrai presenti in città soltanto per la festa patronale ed una volta terminata la ricorrenza, fedele allo spirito gitano, ripartirà al seguito della propria famiglia. La forza di alcuni legami è più forte di addii e partenze, Grazia sperimenterà con Carmelo cosa voglia dire fidarsi di qualcuno e scoprirà nelle sue mani la meraviglia dell'amore.

Nel frattempo però le intimidazioni inflitte a Cristiano ed alla propria attività commerciale da parte di un malavitoso locale con lo scopo di estorsione e ricatto saranno capaci di lasciare aperta come unica speranza per il futuro quella di cedere a queste pressioni lasciando tutto e provare a ricominciare daccapo, senza alcuna certezza, in una città del nord, magari Torino, dove già abitano alcuni parenti del protagonista.

Fabio Mollo è regista degno di nota perché con questa opera prima dimostra di avere grande sensibilità e grande capacità di saper esplorare in fondo la materia con la quale decide di volersi confrontare.

Le inquadrature in campo largo sanno raccontare la desolazione di un territorio che coniuga vastità ed abbandono.

Raccontare il sud di oggi e le storie di chi ci vive, perennemente schiacciato tra l'angoscia e i dubbi sul fatto di rimanere continuando a resistere oppure partire, non è lavoro facile perché troppo semplice sarebbe cadere nella retorica.

Ma questo è proprio ciò che Mollo evita abilmente raccontando storie di dolori personali che aprono la finestra su dolori collettivi.

L'impossibilità di comunicare tra padre e figlia è la tragedia dell'incapacità comunicativa di intere generazioni che in un territorio come quello narrato nel film diventa la metafora perfetta del silenzio che spesso ha favorito il rafforzamento di sistemi criminali che hanno svolto opera di distruzione di realtà già fragili.

Il lavoro del regista è reso alla perfezione dagli attori, su tutti la giovane Miriam Karklvist che per la sua interpretazione ha ricevuto il premio Shooting Star al 64. Festival di Berlino.

L'attrice di origini svedesi ha nella mimica del volto e del corpo il dono di rendere visibili i tormenti ed i moti di ribellione interiore messi duramente a tacere da una realtà di adulti per i quali il silenzio è l'unica via seguedo la logica omertosa secondo la quale "ogni cosa è niente"

Ma come fare non lo so, se devo dirlo ma a chi? se mai qualcuno capirà sarà un altro come me” sembra proprio essere l'ispirazione che il personaggio di Grazia porta con se dall'inizio alla fine del film perché per far crescere al meglio una persona bisogna agire allo stesso modo di come dovrebbe agire un buon amministratore pubblico nei confronti del territorio amministrato e cioè ascoltando chi si ha di fronte sapendo dare risposte a volte difficili ma necessarie, perché altrimenti ci sarà spazio solo per solitudine ed abbandono.

“Il sud è niente” è un film avvolgente che racconta il presente sospeso in un Sud dove le tradizioni segnano il confine tra il passato ed il futuro.

Un film che racconta l'interminabile andare e venire delle persone dai quei luoghi quasi come fossero onde del mare; mare che è lo specchio di luoghi così affascinanti e fragili dove “L'acqua in quella terra è più del pane”.

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