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Il PD e le ’inopportune’ elezioni anticipate

Le elezioni anticipate sono lo spettro che si sta conformando in queste ore tra le prospettive della coalizione di centro destra guidata dal premier Silvio Berlusconi.

 

Lo scollamento di Fini dalla coalizione di centro destra ne ha determinato le condizioni che hanno portato questo Governo alla paralisi.

A questo punto, seppur tutti i leader del centro destra ne parlano come una ipotesi di rincalzo, alla resa dei conti non vediamo nessuna alternativa alle elezioni, tangibile e percorribile che non vada ad intaccare l’attuale configurazione politica che scelsero nel 2008 gli elettori italiani.

Alleanze o divorzi, all’interno della platea istituzionale che si estende dalla sinistra alla destra istituzionale, posteriori al risultato delle ultime elezioni politiche, calpesterebbero nuovamente il volere e le scelte fatte dagli elettori.

Governi tecnici, alternativi e propedeutici al proseguimento della legislatura, potrebbero essere un fastidioso placebo che prolungherebbe l’agonia della politica nei confronti di un paese che ha necessità impellenti di riforme ben ponderate sul fisco, giustizia, università e scuola, ricerca e sviluppo, crisi economica/ripresa, infrastrutture e quant’altro blocca le ganasce sul freno della crescita italiana.

Ma ora c’è anche un’altra questione che si presenterebbe nel caso si concretizzasse la combutta elettorale precedentemente prefigurata, ponendo un grosso interrogativo alle coalizioni d’opposizione che le vedrebbe allo stato attuale in grossa difficoltà per una prematura ed imprevista opportunità che probabilmente con il Partito Democratico in testa, non sarebbero capaci di cogliere e gestire a proprio vantaggio.

Oggi il PD che costituisce il partito guida di opposizione nello schieramento di centro sinistra, si trova in uno stato di immobilismo e semi paralisi permanente nonostante siano passati molti mesi dalle elezioni primarie che portarono Pierluigi Bersani ad assumere l’incarico di segretario, prefigurando un atteso rinnovamento di un partito fino ad allora logorato dalle lotte intestine tra gli ex gerarchi diessini e popolari, trainati dal mantenere inalterata la egoistica prerogativa di potere all’interno del partito, precludendo un ricambio generazionale indispensabile.

Il tempo trascorso dall’avvento del nuovo leader del PD sembra non aver portato giovamento al secondo partito italiano, appesantito da una folta schiera di ’canuti’ leader ancora attirati dallo scalzarsi l’uno con l’altro, dribblando i problemi di un partito che ancora dopo mesi non è riuscito ad assumere una identità politica definita e confacente a creare una opposizione al Governo in carica.

Continuano tutt’oggi le liti interne che alimentano quel collasso del partito che lo rende inerme al rinnovamento e lontano dal fare scelte di campo che possano far riavvicinare parte di quell’elettorato perso alle ultime elezioni amministrative per disaffezione alla politica.

D’Alema contro Vendola nelle ultime dichiarazioni pubbliche sono la dimostrazione tangibile di quanto i gerarchi del PD siano il principale limite di questo schieramento ormai in avanzato appassimento ed in preda ad una sindrome devolutiva.

Nei tanti mesi trascorsi dalle primarie questo schieramento logorato dall’umore anti-berlusconiano e dall’egocentrismo politico dei suoi attempati leader radicati alle poltrone più alte del partito, non hanno saputo fare proposte concrete di rinvigorimento nel partito e tantomeno hanno saputo alimentare una opposizione propositiva e costruttiva all’interno di un contorno istituzionale che li vede il secondo partito nazionale.

Proposte complementari sul federalismo, sulla manovra economica o sulla riforma del fisco non sono state mai formalizzate con fare propositivo e conciliatorio verso una maggioranza la cui arroganza è stata troppo spesso fomentata dall’opposizione litigiosa.

Giovani come Serracchiani, Scalfarotto, Civati, risultano relegati in un retrobottega della politica che li rende fantasmi o comparse di uno spettacolo noioso dove i primi attori sono sempre i soliti leader noti.

Nuove elezioni all’orizzonte con questa situazione di stagnazione propongono quindi agli elettori un interrogativo di proporzioni abnormi.

L’interrogativo che si presenta quindi è questo: ’Votare per questo PD rappresenta una alternativa valida a PDL e Lega e prefigurante un solido schieramento capace di governare per i prossimi 5 anni con una crisi economica in atto?’

La risposta non è facile e nessuno può inciderla nella roccia, ma è certo che questo Partito Democratico è ancora lontanissimo dalle aspettative di un pubblico di elettori laici e moderati alla ricerca di un partito solido, giovane ed allineato alle esigenze di uno stato europeista sempre più bisognoso di vivere all’altezza dei tempi che corrono.

Dall’altra parte però lasciare le mani ad uno schieramento così malridotto dalle defezioni per corruzione e malversazioni potrebbe essere un male maggiore.

Pertanto il grande rischio per questa nostra Italia così rovinosamente caduta nel basso di tutte le classifiche meritorie, si prefigura, di fronte ad un futuro pieno di impegni e confronti sempre più sfidanti, un periodo di incertezza politica ed istituzionale in grado di logorare ulteriormente la competitività del paese nei confronti dell’Europa e del mondo globale che ci aspetta al varco.

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