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Il MES e il lato sbagliato del confine

A volte ritornano. A farci provare nostalgia, che forse è la condizione di chi si guarda indietro e tende a sospirare per i bei tempi che furono, anche se in realtà belli non furono affatto. Questo è lo stato d’animo che ha colto anche me, leggendo l’intervista di Giancarlo Pagliarini all’Huffington Post.

Pagliarini, leghista della prima ora, già ministro del Bilancio in uno degli innumerevoli abbagli collettivi presi da questo paese, il primo governo Berlusconi nel 1994 (rapidamente distrutto dalla realtà), dice la sua senza gli infingimenti di chi fa politica ed è quindi costretto quotidianamente a camminare sulle uova o rimettere in discussione le leggi fisiche per compiacere il popolo che ambisce ad essere raggirato per poi sputare sui truffatori che ha eletto e cercarne di nuovi.

Non stupisce, quindi, che Pagliarini si dica a favore del MES “sanitario” e “light“, in quello che appare uno dei dibattiti pubblici più inutili in un paese che già di suo ne produce molti. Detto in termini più semplici, Pagliarini ribadisce di essere a favore di un vincolo esterno molto rigido imposto al nostro paese. Confesso che anch’io lo sono sempre stato, anche se di recente sono diventato pessimista sull’efficacia dello strumento in un contesto come quello italiano, dove il principio di responsabilità, individuale e collettiva, tende ad essere dismesso a favore di autoassoluzioni a causa di complotto esterno, in una visione del mondo come gioco a somma zero, dove se “vinco” io, tu non puoi che “perdere”.

Pagliarini dice che lui era un gran tagliatore di costi, e che se ci fosse lui non servirebbe alcuna Troika. Possiamo essere indulgenti con queste posizioni, che sono la rilettura del proprio passato. Soprattutto perché il Paglia è il primo a dire che sta “contando balle”:

Una volta, quando ero ministro, ci fu una riunione fiume sulla finanziaria dalle 19 di sera alle 6 del mattino. Dissi: c’è questa società pubblica incaricata di studiare la fattibilità del Ponte di Messina, tagliamola, e quando progetteremo di fare il Ponte, studieremo come farlo. Un ministro si buttò letteralmente per terra, disse che grazie a quella società campavano dieci famiglie, Berlusconi lasciò tutto com’era. Fosse dipeso da me, l’avrei chiusa subito. Altro che Troika.

E tuttavia, non risulta che egli si sia dimesso per protesta contro quella decisione. È l’eterno dilemma: resto nel sistema per cercare di cambiarlo, oltre che per mia ambizione personale (che non è un peccato, sia chiaro), oppure prendo atto che il sistema è irriformabile, saluto e prendo cappello?

Pagliarini vorrebbe un bel vincolo esterno con denti acuminati ma del “nuovo” MES dice che è comunque un risparmio, che non gli interessa la sua seniority rispetto al debito pubblico italiano perché “quando un debito arriva a scadenza, io lo pago. Senza problemi. Non mi interessa se il mio creditore sia o meno privilegiato”. As easy as that, direbbero gli anglosassoni.

Magari avessimo avuto la Troika ai tempi di Cirino Pomicino, dice Pagliarini: forse non saremmo arrivati dove siamo oggi. Ma ne siamo sicuri? Se un paese conosce solo la spesa mancia pubblica come collante sociale, e su tale spesa mancia pubblica (i.e. “bonus”) riesce ad avere un track record di inefficacia ed inefficienza tali da fare impallidire le peggiori cleptocrazie della storia dell’umanità, serve davvero avere qualche illuminato “occupante” o qualche ottimate domestico a tentare di raddrizzare le gambe ai cani e lavare la testa all’asino, come si dice?

E soprattutto: non abbiamo sin qui avuto vincoli esterni? Sì, risponderanno in molti, ma troppo blandi. Ad esempio, una Ue che si è sempre accontentata dell'”equilibrio” di bilancio e non della qualità con cui tale equilibrio veniva raggiunto: spesa pubblica di infima qualità inseguita da inasprimenti fiscali tra i più nocivi per effetto disincentivante dell’attività economica. E torniamo al via. Quanto vincolo esterno ci serve, in una scala compresa tra immaginare un futuro che ecceda le 24 ore e l’occupazione militare altrui?

Veniamo al Pagliarini leghista della prima ora rispetto alla mutazione genetica sovranista della lega salvinista. È mai realmente esistita, la Lega di Pagliarini? O non era piuttosto un’astuta entità identitaria che puntava ad essere cooptata dal sistema, o che forse ha perso nerbo e si è rammollita dopo tale cooptazione? Questo è il punto. Forse i leghisti, tutti o quasi, alla fine sono e restano italiani (questo non è esattamente un elogio), tengono famiglia e puntano ad attovagliarsi. A giudicare dalla loro storia, pare di sì.

L’anomalia di Pagliarini è quella di sembrare uno svizzero nato dal lato sbagliato del confine. Una sorta di crucco attento ai conti ed allo spirito di comunità, come nei Cantoni elvetici. Quelli dove si votano referendum che alzano le imposte, se serve a dare equilibrio di lungo periodi ai conti pubblici. Ma questa sua anomalia è anche alla base della fallacia che persegue (e direi io con lui, per molto tempo): se manca la “cultura” della comunità e quella della programmazione del proprio futuro, a che serve avere la Troika in casa, ad intervalli regolari?

Ovviamente, non intendo fare un trattato politico, economico e sociologico sul perché le nazioni falliscono. Ci hanno provato altri ben più titolati di me, come Daron Acemoglu e James Robinson, con esiti non univoci. Vaste programme, diremmo. Forse falliscono le nazioni che tali non sono, ma anche questa affermazione rischia di essere l’ennesima semplificazione.

In questi giorni leggo quanto migliorerebbe la nostra vita se usassimo il MES leggero e sanitario. Pensate: avremmo mascherine ed altri dispositivi di protezione individuale, ospedali Covid (o per la prossima pandemia) ed altre meravigliose cose. Poi mi fermo a riflettere: ma davvero avremmo questo, nel paese i cui archivi stampa sono pieni di foto di cerimonie di tagli di nastro di ospedali mai completati? O nel paese in cui è in corso una zuffa invereconda tra il commissario straordinario agli approvvigionamenti da un lato e farmacisti, distributori ed importatori dall’altro per un articolo come le mascherine?

Detto in altri termini, siete certi che il problema siano le risorse e non altro? Se io fossi cinico e retropensatore, mi verrebbe da inferire che chi magnifica a questo modo il MES sanitario abbia in realtà altri obiettivi. Gli ospedali e le mascherine come cavallo di Troika, in pratica. Sempre per lavare la testa all’asino italiano.

Non fraintendetemi, però: io sono e resto iscritto al partito della realtà come suprema nemesi degli atroci autoinganni di un popolo. È solo che ho smesso di credere che, dopo il passaggio della realtà, possa crescere una vegetazione lussureggiante in un campo bruciato dove tremolano miraggi provocati da vapori tossici. Con immutato affetto per il Vecchio Paglia.

 

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