• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > Il 6 febbraio si dice "no" alle mutilazioni genitali femminili

Il 6 febbraio si dice "no" alle mutilazioni genitali femminili

Dal 2003, le Nazioni Unite hanno proclamato il 6 febbraio Giornata Internazionale contro l'infibulazione e le mutilazioni genitali femminili.

Secondo un allarme lanciato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, attualmente nel mondo sono 140 milioni le donne e le bambine che hanno subito mutilazioni, parziali o totali, degli organi sessuali, delle quali 101 milioni nella sola Africa.

A seconda della porzione di pelle e degli organi coinvolti nell'amputazione, distinguiamo:

1) La clitoridectomia, o circoncisione, che consiste nella rimozione parziale o totale del clitoride, e, in rari casi, del prepuzio femminile;

2) La recisione, o escissione, che prevede una rimozione parziale o totale del clitoride e delle piccole labbra, e può estendersi anche alle grandi labbra;

3) L'infibulazione, ovvero l'asportazione del clitoride, delle piccole labbra e di parte delle grandi labbra tramite la cauterizzazione - effettuata per mezzo del cauterio, strumento per le bruciature terapeutiche - alla quale segue una ricucitura quasi totale della parte lesa, che lascia aperto un piccolo foro per permettere la fuoriuscita dell'urina e del sangue mestruale, e quindi scoraggia del tutto la possibilità di rapporti sessuali prematrimoniali;

4) Tutte le procedure di mutilazione genitale che non hanno fine medico, dall'incisione, alla foratura, al raschiamento.

Le donne che subiscono simili pratiche mutilanti, oltre a soffrire di ripercussioni a livello fisico (emorragie frequenti, infezioni delle vie urinarie, cisti, complicazioni durante parto e gravidanza, talvolta infertilità) e ad essere costrette a successive manomissioni delle cicatrici, necessarie all'avvio di una vita sessuale attiva e a facilitare il parto, vengono private della possibilità di provare piacere sessuale.



All'origine di questa pratica, applicata soprattutto nei paesi a maggioranza musulmana, una tradizione radicata che nulla ha a che vedere con motivazioni o precetti religiosi, sebbene erroneamente venga fatta un'ingenua associazione tra Islam e mutilazioni genitali femminili, e nonostante nel Corano non vi si accenni in alcuna parte.

Come spiega Martha Diomandé, coreografa della Costa d'Avorio intervistata da Libération, che da bambina ha vissuto in prima persona l'infibulazione, per le matrone dei villaggi africani questo rituale rappresenta un passaggio all'età adulta, e eliminare la pratica richiederà un lungo lavoro, che dovrebbe partire da una rivoluzione anzitutto culturale.

La scrittrice italiana di origini somale Igiaba Scego, nel suo romanzo "Oltre Babilonia", scrive di come l'origine di questa pratica, nel Corno d'Africa, sia riconducibile a una leggenda: un’antica fiaba somala racconta infatti che un tempo vi fu una donna mostruosa, Arawelo, la quale uccideva gli uomini che non le davano piacere. Faceva castrare i bambini, ed era la sua vagina a dominare la Somalia. Uil Ual, un nipote sopravvissuto alla castrazione, e cresciuto al riparo da quella creatura terribile, quando divenne grande abbastanza decise di ristabilire un ordine, rovesciare quella dittatura femminile, e uccidere sua nonna.

Riuscì nell’impresa. Ma nella paura che quell’essere crudele potesse resuscitare, il suo corpo venne ridotto a brandelli, e i pezzi disseminati per tutta la Somalia. Il sangue e i frammenti di ossa e pelle però inquinarono la terra somala, e da allora ogni essere femminile che nasce porta in sé Arawelo, in quel clitoride che è il seme del male e va quindi estirpato. Il fascetto di nervi è perciò seppellito o dato in pasto alle iene, per scongiurare la resurrezione della strega.

Una credenza ancestrale dunque, che affonda le sue radici in una concezione profondamente maschilista della donna libera e sessualmente consapevole.

Liliana Ocmin, responsabile del coordinamento donne Cisl, denuncia che l'Italia, "per il particolare e recente incremento del flusso migratorio, è la nazione europea con il più alto numero di donne infibulate, circa 40.000".

L'Italia ha riconosciuto l'infibulazione un reato contro la persona alla fine del 2005, ma, nonostante sul territorio nazionale il pericolo che strutture pubbliche effettuino simili interventi è scongiurato, le bambine e le giovani donne che ritornano al Paese d'origine per brevi periodi durante le vacanze rischiano di soccombere alla volontà del nucleo parentale, convinto della necessità di perpetuare la tradizione. 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares