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Ikea: via le donne dal catalogo. E scoppia il caso

Un passo falso. O semplicemente una scelta economica precisa. E il catalogo pubblicitario prodotto per i sauditi mette la più grande multinazionale di mobili nell'occhio del ciclone.

Le scuse sono arrivate puntuali, ma un po' in ritardo rispetto al previsto. E così, anche Ikea, il marchio internazionale di mobili a buon prezzo, ha dovuto far fronte ad un vero e proprio caso nazionale, che ha avuto eco anche all'estero.

Tutto nasce da uno scoop del giornale freelance Metro che spulcia le foto di due cataloghi dell'azienda, quello svedese e quello saudita. E scopre che, tra mobili e sedie, divani e poltrene, le facce di donne entusiaste della loro nuova casa presenti in tutte le versioni europee e americane, scompaiono nel caso dell'Arabia Saudita. Frutto di un editing perfetto, il catalogo ha lasciato vuoti spazi occupati da figure femminili in procinto di lavarsi i denti, in pigiama o semplicemente in un momento di relax con marito e figli.

Una scelta di marketing ben precisa che rispecchia le regole del mondo arabo, dove le donne non guidano, non vanno in giro da sole e - oggi scopriamo - non possono apparire su riviste o giornali. Come ricorda la giornalista del Guardian di origine sudanese, Nesrine Malik, l'azienda, al contrario di quanto succede nei paesi occidentali dove comprare da Ikea significa puntare al risparmio con famiglie unite a caricare e montare mobili per la casa, ha un ruolo completamente diverso in Arabia Saudita. Qui, comprare da Ikea ha un significato preciso, ovvero ostentare la propria ricchezza, sottolineando anche la propria conoscenza e apertura al mondo occidentale, con un occhio al comfort e al moderno.

Ikea ha sottolineato in fretta che il catalogo è stato prodotto da un editore esterno e ha assicurato che quanto successo non si ripeterà in futuro. Per ora rimane un mezzo passo falso per l'azienda svedese che negli anni è diventata, grazie ad un impegno nel campo dei diritti umani e civili, paladina di cause in tutto il mondo. Come in Italia, dove giusto qualche mese fa, si schierava - durante la giornata contro l'omofobia - in favore dei diritti delle coppie gay con tanto di slogan "Siamo aperti a tutte le famiglie". E questo succedeva in un paese, il nostro, dove ancora si stenta anche solo a riconoscere le coppie di fatto. 

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