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Ideologia

In “Ideologia”, l’esauriente e chiaro saggio di Michael Freeden (www.codiceedizioni.it, 2008), si sviluppa il pensiero teorico che ha affrontato il tema dei grandi gruppi ideologici negli ultimi duecento anni.

Freeden è uno scrittore, insegna Scienze Politiche a Oxford e ha fondato e dirige il “Journal of Political Ideologies”. Nel primo capitolo si specifica che “non ogni ideologia viene calata dall’alto su una società riluttante, reprimendone opinioni e convinzioni, o viene usata come arma contro i non credenti”. Tutti “noi produciamo, diffondiamo e consumiamo ideologie lungo tutto l’arco delle nostre vite, che ne siamo consapevoli o meno. Per cui, sì, siamo tutti ideologi nella misura in cui interpretiamo l’ambiente politico di cui facciamo parte e abbiamo opinioni circa i meriti e le manchevolezze di tale ambiente” (p. 4).

Ma ci sono ideologie che come una cortina fumogena occultano la realtà e la separazione del pensiero dall’azione lavorativa spersonalizza il lavoro e rende degli automi tristi e rassegnati. Un contesto sociale maggioritario può rafforzare in modo autoritario le proprie ideologie con la violenza simbolica (che opera sul linguaggio e la cultura) e psicologica (chiamando datore di lavoro chi compra 8 ore della tua vita). Le ideologie possono anche avere successo perché evitano la fatica di pensare e semplificano la vita a chi lavora troppo, fornendo strutture e significati utili per prendere delle decisioni molto rapide.

Ogni contesto sociale produce le sue ideologie e la conoscenza che ne deriva è “un processo cooperativo della vita di gruppo” (Karl Mannheim, 1893-1947). Quindi ogni società ha una “molteplicità di modi di pensiero” in base alle diverse condizioni delle classi, che possono apparire sotto forma sociale o psicologica (in modo subdolo e inconscio). Ogni forma ideologica può essere dinamica e trasformativa, e può ricercare e perseguire l’orizzonte di una società futura: è infatti un compito specifico degli intellettuali “quello di offrire un’interpretazione del mondo” (Mannheim, p. 20). Non tutte le ideologie però sono uguali: alcune ideologie non sono la realtà suggerite dalle apparenze e “contengono livelli di significato nascosti a chi le utilizza e, spesso, persino a ci le crea” (p. 15). Ma risulta molto difficile definire un punto di vista come ideologico senza adottare a nostra volta una prospettiva ideologica: è il paradosso di Mannheim. Si possono però scoprire e valutare molte verità parziali e l’approfondimento della conoscenza della storia e della mente umana potrebbe rendere le ideologie più porose, più dinamiche e meno pericolose. Quando però le ideologie raggiungono in profondità i rapporti materiali, i rituali e le azioni quotidiane (Antonio Gramsci e Louis Althusser) sono più difficili da valutare e da correggere perché ogni individuo si è fatto agente di una serie specifica di idee: ogni ideologia si traduce nella realtà attiva e privata di un soggetto.

Per essere più precisi è meglio dare una definizione di ideologia: “è un insieme di idee, opinioni e valori che presentano un andamento ricorrente, che sono presenti in gruppi rilevanti, che vogliono controllare alcuni programmi di politica pubblica, allo scopo di giustificare, contrastare o cambiare gli accordi e i processi socio-politici di una data comunità" (Freeden, p. 40). Un altro punto di vista descrive l’ideologia come un sistema ordinato di simboli culturali complessi e ambigui che rappresenta la realtà e fornisce mappe senza le quali gli individui e i gruppi farebbero molto fatica a muoversi nella società (Clifford Geertz, antropologo, 1964). Questa posizione è esemplificata dal “simbolismo delle urne”: “la nozione di potere delegato e responsabile con una condizione di scelta individuale in cui il votante risulta socialmente isolato da gruppi di consultazione e privo di responsabilità verso chiunque” (Freeden, p. 51). Invece il filosofo Ludwig Wittgenstein considerò l’ideologia come un gioco linguistico con regole e grammatica, che aveva però molte varianti: un concetto può contenere altri concetti affini per gli effetti delle “somiglianza di famiglia”.

L’ideologia può anche essere definita come un puzzle di componenti flessibili che si battono per il controllo del linguaggio pubblico e per il controllo dei movimenti di ascesa sociale, attraverso le bacchette magiche dell’ambiguità e della menzogna. “In realtà la vaghezza e l’elusività sono necessarie all’arena politica, e ad essa funzionali. La politica non consiste solo nel prendere decisioni, attività che richiede decontestazione, ma anche mobilitazione del sostegno. Questa richiede a sua volta la creazione del consenso, o per lo meno” la riduzione del dissenso. Il linguaggio politico deve offrire “delle frasi che siano abbastanza aperte sotto l’aspetto del significato da consentire a diversi individui e gruppi di leggervi le proprie preferenze e di sorvolare sulle differenze (Freeden, p. 70). Per questa ragione molte ideologie attingono i propri simboli di riferimento dalla storia popolare o nazionale e dai valori religiosi, artistici e scientifici.

Quindi il conteso culturale stabilisce i confini delle ideologie e ogni concetto stabilisce i significati dei concetti circostanti (regola della prossimità). Naturalmente esistono concetti che sono più importanti e altri più periferici (regola della priorità), e può avvenire una comunanza e una condivisione più o meno importante di concetti tra due ideologie diverse (regola della permeabilità). Infine ogni insieme di concetti viene messo in relazione di importanza e di priorità (regola della proporzionalità): pensiamo al concetto di libertà messo in rapporto prioritario rispetto a quello di uguaglianza o di ordine nella cultura liberale.

E qual è l’esempio di una moderna ideologia? Un esempio è l’individualismo: la capacità del soggetto di scegliere tra molti insiemi diversi di idee e di comportamenti viene portata all’estremo, e sono migliaia i compiti, i ruoli e i cammini di sviluppo delle persone. Un altro esempio di ideologia della società occidentale è questa: “Consumare fino a crepare” (Freeden). Ci sono poi molte “ideologie più sottili” come il nazionalismo o i fondamentalismi economici e ci sono le “microideologie” legate alla liberalizzazione del consumo di droghe leggere e quelle che stabiliscono che esiste sempre la possibilità della completa rieducazione dei criminali. O quella derivante dalla comunità medica e farmaceutica relativa all’ideologia della cura obbligatoria e della perfezione fisica citata dal teologo e filosofo austriaco Ivan Illich (Nemesi Medica. L’Espropriazione della Salute, Boroli). E se qualcuno volesse provare a costruire un’antropologia della civiltà occidentale può trovare alcune considerazioni utili nell’incredibile libro di un “antropologo di guerra”: “Niente. Antropologia della povertà estrema” di Alberto Salza (Sperling, 2009).

Farò ora un esempio tratto dagli attuali rapporti tra Israele e Palestina. I rispettivi capi di governo hanno l’idea-ideologia rigida che non si può fare la pace finché ci saranno attentati da parte di fondamentalisti palestinesi (legati soprattutto ad Hamas) o da parte di coloni fondamentalisti ebrei. Ma così non si arriverà mai alla pace tra Israele e Palestina: è chiaro che ci saranno sempre gruppi ristretti che godono dei benefici delle condizioni di una guerra e di una guerra civile. Per risolvere il problema occorre una forte e decisa realtà centrale politica israeliane e una forte realtà politica centrale palestinese decise a mantenere la pace tra due paesi reciprocamente conosciuti: nonostante alcuni inevitabili e sporadici attacchi terroristici dei fondamentalisti palestinesi che hanno più interesse a mantenere lo stato di caos civile.

Anche gli stili di riproduzione sessuale umana influenzano il progresso civile: dove ci sono i matrimoni combinati tra persone imparentate (tra cugini) è più difficile lo scambio culturale e l’adozione di punti di vista anticonformisti troppo diversi dall’ideologia dominante. L’antica pratica di scambiarsi le donne tra le popolazioni vicine non aveva solo lo scopo di rinsaldare le alleanze e quindi di favorire la pace (o di trovare alleati per un’eventuale guerra), ma aveva anche l’utilità di creare una nuova generazione che apprendeva la cultura e il sapere del padre, e la cultura e il sapere della madre (con eventualmente le rispettive lingue e conoscenze mediche, e la “mappa mentale” di due territori dove poter coltivare e cacciare). Un rapido esame delle nazioni ci permette di capire che dove c’è più libertà sessuale e sentimentale c’è più progresso sociale: il confrontarsi con più partner nell’arco della vita consente di valutare dall’interno diversi punti di vista personali, sociali, culturali e sottoculturali (proviamo a pensare al cittadino medio svedese e a quello tribale afgano).

Riassumendo: 1) Le ideologie sono classiche forme di espressione del pensiero politico che servono per perseguire gli obiettivi comuni e per regolare i conflitti tra gruppi; 2) Le ideologie sono un tipo di pensiero con influenza politica, perché forniscono la struttura per determinare gli obiettivi e per prendere le decisioni, e perché il linguaggio ideologico crea l’egemonia culturale; 3) Le ideologie sono una creazione che ha il ruolo di fornire le risorse e le opportunità intellettuali su cui si basano i sistemi politici (dovrebbero però avere un minimo di coerenza, di congruenza e di forza morale); 4) Le ideologie devono essere comunicabili (meglio se utilizzano molte metafore), memorabili (le immagini aiutano molto) e partecipative: il linguaggio deve essere chiaro e comprensibile, deve avere la capacità di dare una grande soddisfazione emotiva e intellettuale, e deve dare la possibilità di uno scambio attivo e diretto da parte dei cittadini (Freeden, p. 154-155-156). E se si riesce a cavalcare le emozioni della massa, serve meno controllo linguistico, ma maggiore è il rischio di avere la difficoltà di aprire la società ai compromessi e ai cambiamenti utili e necessari per affrontare i nuovi accadimenti socio-economici. Insomma, “la teoria politica non deve essere una riflessione generalizzante su circostanze generalizzate e non deve essere un’architettura astratta in cui è impossibile vivere. Bisogna intendere la teoria politica come un dibattito intellettuale che affronta, in termini flessibili, puntuali e realistici, i problemi urgenti del presente. Ciò vale anche per il liberalismo, dal momento che esso ha dimostrato una certa indifferenza per il vero stato delle cose, rivelando la tendenza a confondere i suoi desideri con la sua realizzazione” (Clifford Geertz, Mondo globale, mondo locale. Cultura e politica alla fine del ventesimo secolo, il Mulino, 1999).

Così “Gli uomini creano la propria storia, ma non lo fanno a proprio piacimento; non lo fanno in base a circostanze che scelgono per se stessi, ma in base a circostanze direttamente incontrate, date e trasmesse dal passato (Karl Marx). E “raramente le ideologie vengono formulate dai partiti politici. La funzione di un partito” è di presentare l’ideologia in forma facilmente consumabile e diffonderla con efficienza (p. 98).

Per nostra fortuna, esistono più ideologie non totalitarie e le varie forme di liberismo, socialismo e comunismo (e la loro mescolanza ibrida più o meno totalitaria) si possono considerare come l’applicazione pratica di certi principi fatta da una particolare persona in una determinata situazione economica, sociale e storica. A proposito: sapete qual è la differenza principale tra comunismo e capitalismo? Nel comunismo le banche prima vengono nazionalizzate e poi falliscono, mentre nel capitalismo accade il contrario.

Però, in una società dove la comunicazione è ipercontrollata, eccessiva, svalutata e infantilizzata, c’è il rischio della tragica “distruzione delle parole”: una neolingua può restringere al massimo la sfera d’azione del pensiero… perché non ci saranno più le parole con cui poterlo esprimere (George Orwell). E la paura dell’ignoto e dell’inconoscibile può spingere l’uomo al vano e costoso tentativo di realizzare ogni genere di fantasia fuorviante e improduttiva (come succede spesso in Italia).

Comunque il problema principale delle ideologie (laiche e religiose), è questo: vogliono vedere il mondo in bianco e nero e vogliono stare dalla parte giusta e non dalla parte sbagliata… Il mondo è invece fatto di mille colori e di infinite sfumature… E’ fatto di notte e di giorno, di mattine, di pomeriggi e di sere… E’ fatto di albe e di tramonti che sono sempre diversi e che non finiscono mai di cambiare. Ma per fortuna sta finendo il tempo delle ideologie e degli uomini che governano e sta per iniziare il tempo delle libertà dei cittadini al governo.

P. S. Abbiamo abbastanza religione per odiare, ma non abbastanza per amare (Johnathan Swift). E sono le donne a pagare il prezzo più alto per il ritardo culturale e per la rigidità e la crudeltà dell’ideologia religiosa fondamentalista ancora presente in molti paesi del mondo. Nell’autobiografia “Il velo della paura” di Shariff Samia (Sperling, 2009), viene raccontata la vita e la fuga all’estero di una ragazza algerina nata in Francia e finita in Algeria a causa di un matrimonio combinato dai suoi genitori benestanti originari di Algeri.

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