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Ida Magli e l’ordine segreto ma inderogabile sui trapianti

Gli essere umani devono avere una qualche passione per l’orrido – lo scriveva Lucano nella sua Pharsalia e la televisione italiana lo conferma ora dopo ora.
Gli essere umani, poi, hanno anche una spiccata tendenza alla negazione delle banali verità e barattano spesso l’attrazione per ciò che è ripugnante con il dovere di informarsi.
 
Dopo questa premessa necessaria passiamo all’argomento del giorno.
Due o tre cose che nessuno dice sui trapianti titola su Il Giornale un ignoto (a me) titolista per la riflessione di Ida Magli sui trapianti e sulla morte cerebrale. E siccome la curiosità è un altro umano vizio è difficile resistere dal leggere per intero la rivelazione delle suddette due o tre cose.
 
L’incipit è degno di un thriller complottista in cui un piccolo gruppo paranoico e con deliri di onnipotenza cela alla ingenua (per non dire tonta) massa verità atroci, scempi inenarrabili. Tutto a discapito della massa ignara, spinta nell’angolo della privazione di cervello – non solo in senso metaforico.
 
“Nella questione dei trapianti i punti controversi sono talmente gravi e numerosi che non si finirebbe più di parlarne anche se la discussione fosse ammessa; in realtà, invece, esiste un ordine segreto ma inderogabile (sic) che vieta qualsiasi informazione sull’argomento, salvo qualche compiaciuta notizia che viene data su casi straordinari tesi a meravigliare l’opinione pubblica e a incitarla a mettere a disposizione senza remore tutti i corpi, quello proprio e quello dei familiari”.
Viene il dubbio che questa sia la prima cosa da sapere e che nessuno dice, e infatti subito dopo Magli scrive: “Questo è il primo dato sul quale bisogna riflettere: perché le istituzioni vogliono a tutti i costi incrementare la pratica dei trapianti e hanno impostato fin dall’inizio una campagna pubblicitaria indirizzata a convincere i sudditi in modo che non li sfiori neanche il minimo indizio negativo?”. L’inferenza scivola via, ma è piuttosto grave se le si dedica qualche minuto.
 
Ammesso anche che le istituzioni tramino nell’ombra – come in qualsiasi complotto che si rispetti – per estirpare i nostri organi da un corpo che lo Stato espropria (e perché non specificare “quando è ancora caldo e pulsante di vita” per aggiungere quel tratto pulp che non sta mai male); ammesso che si servano di una campagna pubblicitaria (dopo la spedizione del famoso cartellino donatore/non donatore e a parte qualche iniziativa a favore della donazione degli organi, le campagne pubblicitarie martellanti e ossessive sono ben altre); ammesso che ci sia un interesse economico (e un po’ pornografico nell’impadronirsi dei nostri involucri); insomma ammesso tutto questo panorama da Arlington Road la considerazione che dimostra di avere Magli verso i suoi compaesani è sconfortante. Sudditi, li chiama sudditi. Ci chiama sudditi. Non è solo un moto di orgoglio che ci fa inorridire, ma le conseguenze di tale definizione. Conseguenze che, come spesso accade nelle moderne Cassandre, non vengono messe sul piatto, ma scansate come un fastidioso ronzio logico.

Se siamo sudditi, se davvero lo siamo, allora il complotto dei trapianti ci dovrebbe far sorridere rispetto agli scenari politici che si dovrebbero delineare. O descrivere, perché se siamo sudditi è tutto già successo. Risparmiamo i soldi per le elezioni, per le discussioni, per la scuola pubblica (che abbiano già cominciato?). I sudditi non meritano tanta attenzione. Date loro un sovrano, e questo farà di loro schiavi felici. In fondo non è detto che l’insanabile contraddizione tra libertà e felicità debba essere risolta a favore della prima. No, non è proprio detto.
 
Il passo successivo dimostra – se ce ne fosse bisogno – che la logica è un orpello superfluo per Ida Magli: “continuano a non fare scalpore neanche oggi le notizie che pure si susseguono ogni giorno sul crimine più infame che l’umanità abbia mai compiuto: bambini, bambine, ragazze, rapiti e uccisi per rifornire di organi palpitanti il mercato dei trapianti. Per non parlare degli adulti, povere donne soprattutto, che in India vendono un rene per pochi dollari (condannandosi così a una morte precoce per l’impossibilità di sopravvivere con un solo rene alle gravidanze). Come mai nessuno inorridisce?”.
 
Cosa c’entra? Che cosa diavolo c’entra (sarebbe come criticare gli amori perché esistono i traditori; o meglio: come criticare la luce elettrica perché mia zia è morta di polmonite)? Dovremmo entrare nel merito della regolamentazione degli organi, ma abbiamo già abbastanza guai senza aggiungerne altri. Tra questi l’assurda affermazione che non si possa portare avanti una gravidanza con un solo rene: sarebbe bastato chiedere al proprio ginecologo. Ce l’avrà una ginecologo Ida Magli?
 
Qui basti sottolineare che rapire e uccidere (qualunque sia la ragione) sono azioni moralmente riprovevoli; ma che non sono una conseguenza necessaria del permettere il prelievo di organi da un essere umano morto cerebralmente e che vi abbia acconsentito.
 
Ed eccoci arrivati al cuore dello scandalo e all’apice del complotto – che coinvolge addirittura Karol Wojtila (perché, poi, sia lui ad essere nominato e non i medici è un mistero): la morte cerebrale.

“Perché la Chiesa, perché Karol Wojtyla ha dato il massimo impulso alla pratica dei trapianti presiedendo il Convegno organizzato appositamente al Gemelli? È stato in quella occasione che Wojtyla ha messo la parola fine a ogni discussione”.
La domanda è questa per Ida Magli: perché Wojtyla ha acconsentito (la ragione è molto prosaica, ma non è la risposta ad essere interessante; bensì la domanda di Magli). E si capisce, perché subito dopo si scopre l’effetto più grave, che poco ha a che fare con i poveri sudditi deprivati anche dei loro organi.

“Togliendo qualsiasi significato trascendente alla morte, la Chiesa ha compiuto un errore gravissimo, forse irreparabile. È sulla «morte» che sono state create le religioni, sull’al di là della morte che si fonda l’idea di Dio. Il trapianto di organi, nella sua brutale concretezza, ha tolto qualsiasi sacralità alla morte; e ha cancellato la trascendenza presente, con il suo immenso mistero, nel corpo del defunto. Ci si lamenta del «materialismo» del nostro tempo: l’utilizzazione come pezzi di ricambio dei corpi degli altri ne è la massima prova. Nessun materialismo può andare più in là di così. Né lo si camuffi con la terminologia del «dono»: il soggetto agente è quello che «ti pensa» come pezzo di ricambio, che «ti vede» come pezzo di ricambio, che ti utilizza come pezzo di ricambio”.
 
Su una questione non si può darle torto. Al mistero della resurrezione, già di per sé insondabile, si aggiunge un dettaglio: come potremo risorgere senza cuore? Come ce ne andremo in giro senza cornee e senza reni e senza fegato? Peccato che il cervello non si possa trapiantare.

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