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Integrazione o convivenza? 2° parte

Da sempre i popoli, nei loro spostamenti, vengono a contatto con altre culture, e non sempre questi contatti sono positivi; quasi sempre l’ospitato deve "integrarsi" cioè modificare il suo modo di essere, e ciò comporta sempre problemi interni al paese ospite.

Succede, a volte, che il popolo ospitante, invece di obbligare l’ospite a integrarsi, cerchi di convivere nel rispetto reciproco, generando cosi un meccanismo di modifica pacifica delle abitudini e credenze culturali degli uni e degli altri.

A parole sembra molto facile, in realtà è molto difficile.
 
In primo luogo, la popolazione autoctona, deve sviluppare una capacità di accoglienza - non più basata su presupposti economico/culturali, che la porta a resistere "all’invasione" per paura, perché convinta di essere soggetta ad una culturizzazione coatta - basata su analisi socio/geografiche che gli permete di conoscere la vera natura dell’emigrazione moderna; conoscenza che deve andare oltre la mera geografia terrestre, includendo anche tutto ciò che riguarda lo sviluppo politico/economico di quei paesi in rapporto alla politica internazionale dei paesi destinati ad accoglierli.
 
Se in Italia, dopo l’unità, è stata possibile la convivenza tra diversi stili di vita - nord, centro e sud - è grazie alla conoscenza che ognuno di noi ha aquisito attraverso la scuola, è tale conoscenza che ci a permesso di non entrare in conflitto "razziale" tra le diverse conponenti - non discuto dell’ostilità della lega contro l’immigrato del sud perché ritengo sia stato solamente una sorta di lancio nel mondo politico.
 
In secondo luogo, deve imparare a non lasciarsi fuorviare da quanti, per ragioni di interesse economico, cercano di tenere separati i gruppi umani; questi individui e gruppi hanno tutto l’interesse a creare divergenze tra le popolazioni perché, solo cosi, possono avere maggiori possibilità di sfruttamento dei territori; questo sfruttamento, che ora è, in massima parte, rivolto verso i paesi del sud, può, in futuro, essere rivolto verso il nord, cioè i paesi che oggi usufruiscono dei vantaggi dello sfruttamento, qualora tali gruppi lo ritengano necessario ai loro interessi.
 
Questo, ci porta a riflettere sull’opportunità di avere strumenti adatti alla conoscenza del mondo umano; strumenti necessari qualora si voglia creare una società basata sul reciproco scambio, non solo di natura economica, ma anche culturale per permetterci di individuare le problematiche che scaturiscono dall’incontro di diverse culture.
 
Tali strumenti possono essere individuati nella scuola, la dove essa ha la possibilità di insegnare,attraverso programi mirati, oltre alle materie tradizionali, materie come la geopolitica, per cercare di capire, a priori, con chi si a a che fare, facilitando la convivenza.
 
Imparare a trattare con i diversi - che poi non sono più cosi diversi se li si conosce anche solo indirettamente - prima ancora di conoscerli direttamente ci aiuterà ad evitare lo scontro di civiltà che nasce necessariamente dall’ignoranza.
 
Dunque, visto il fallimento dell’integrazione, accogliere il diverso cercando di conviverci dovrebbe essere il motto di una società moderna e laica.
 

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