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Il razzismo affossa la borsa e innalza lo spread

Il Presidente della Repubblica ha affrontato il tema dell’integrazione, auspicando un intervento del Parlamento sul problema della cittadinanza dei figli degli immigrati. Le reazioni non si sono fatte attendere.

La Russa ha minacciato la crisi di governo, Calderoli le barricate, Cicchitto ha osservato che il tema è fuori dell’agenda di governo.

La Padania ha titolato: "Se ne fregano della crisi danno il voto agli immigrati".

Si resta allibiti a sentire parlamentari che hanno votato il governo Monti e con esso il ministero dell’integrazione, dire che la sua attività è fuori dell’agenda di governo. Pensavano forse che questo ministero fosse un ministero di facciata, senza compiti operativi, fatto per accontentare qualcuno? Non immaginavano che il suo nome e il soggetto chiamato a reggerlo, erano già un programma, un indirizzo politico che inseriva l’integrazione nell’agenda di governo?

Hanno forse dimenticato che essi votando quel governo, e con esso quel dicastero, hanno approvato il programma, e l’indirizzo politico insito nella sua denominazione?

E tutto ciò desta sconforto e stupore.

Ma quello che meraviglia di più è che questa critica viene fatta, sia pure sotto voce, dal mondo moderato, in nome di un calendario delle attività di governo che esclude dalle urgenze il tema dell’immigrazione.

Non a caso il direttore del Corriere della sera ha sostenuto che non è una priorità dell’esecutivo.

Ma come non cogliere i nessi del provvedimento, auspicato dal Capo dello Stato, con la nostra affidabilità e quindi con l’andamento dei titoli e della borsa?

E l’affidabilità si misura con il grado di civiltà di un popolo e con la capacità di governo del nostro presente, ma anche del nostro futuro.

Giorgio Napolitano non parla mai a caso. Se ha evidenziato, a due giorni dalla nascita del governo Monti, questo problema, ha ritenuto che esso avesse valenza non solo di civiltà, ma anche economica. Diversamente non avrebbe favorito la costituzione di un Ministero dell’integrazione, in un contesto di crisi finanziaria.

E’ una follia, ha detto il Presidente, non dare la cittadinanza a bambini nati in Italia. Ma la cittadinanza non è solo una cosa assennata e giusta, ma utile; per la nostra affidabilità, per la fiducia dei mercati e quindi per i nostri titoli.

E’ utile perché è compito dello Stato non lasciarsi sfuggire le risorse umane che ha coltivato, e su cui ha investito. Il rifiuto della cittadinanza è un invito, nei confronti questi ragazzi, a lasciare il Paese. Per questo, il conferimento della cittadinanza italiana ai bimbi extracomunitari nati in Italia, rappresenta anche la capacità di utilizzare al meglio le nostre risorse. E tutto ciò incide sulla nostra affidabilità.

L’immagine di un Paese capace di ottimizzare le sue risorse pesa nell’acquisto dei titoli.

E' utile perché è compito dello Stato prevenire conflitti etnici. Gli immigrati pagano le tasse, contribuiscono alla formazione del nostro PIL e per questo possono vantare dei diritti, che si scontrano con una legislazione confusa in questo settore, che lascia inevase domande con cui ci confrontiamo ogni giorno: a chi diamo il lavoro a chi diamo la casa, all’italiano o allo straniero?

Interrogativi che vanno sciolti, con i diritti naturalmente connessi allo status di cittadinanza.

Per questo il conferimento della cittadinanza ai bimbi extracomunitari nati in Italia è una necessaria operazione di prevenzione che investe la nostra sicurezza, e quindi la fiducia dei mercati ,e con essa gli andamenti dello spread e della borsa.

Quale fiducia potranno accordare i mercati a un Paese insicuro? Gli investitori non vogliono rischi di conflitti etnici che possono pregiudicare il loro investimento.

Il rischio di conflitti etnici, pesa nell’acquisto dei titoli.

E’ utile perché è compito dello Stato assicurare il ricambio generazionale. L’Italia non fa figli. Il cardinale Bagnasco ha parlato "di suicido demografico". Per effetto della scarsa crescita, la popolazione tra i 20 e i 40 anni declina ad un ritmo di 300000 all’anno. E tutto ciò ha una rilevanza economica notevole. L’apporto di capitale umano al sistema Paese, mette a frutto gli investimenti nel sistema formativo, accresce la produttività e la innovazione tecnologica, alza il livello medio di istruzione nelle aziende. Molto rilevante in Italia dove vi è un basso tasso di scolarizzazione delle vecchie generazioni.

Se ci soffermiamo solo al ricambio dei vertici aziendali, rileviamo che sono 66000 le imprese coinvolte nel cambio generazionale. Il 30% va incontro ad una crisi irreversibile con la perdita di 65000 posti di lavoro.

La cittadinanza ai bimbi extracomunitari scongiura il declino di un Paese di soli vecchi. E’ la linfa vitale del nostro futuro economico e finanziario.

Conclusioni

La Ue ci ha chiesto riforme che non si esauriscono e non si possono esaurire nella facilità dei licenziamenti e nell’età della pensione. Ci sono altre riforme strutturali che riguardano il nostro futuro, in termini di ricambio generazionale di prevenzione di conflitti tecnici, di ottimizzazione delle risorse.

Il conferimento della cittadinanza ai bimbi extracomunitari nati in Italia, riguarda il nostro futuro, ma non per questo è meno necessaria e meno urgente. Pensare al nostro futuro significa pensare al nostro presente.

Gli investitori comprano oggi titoli a scadenza pluriennale e vogliono oggi essere rassicurati nel loro acquisto. Le riforme del nostro futuro incidono già da oggi nella compravendita dei titoli. E cosi i titoli di un paese che costruisce il suo futuro diventano oggi più appetibili dei titoli di quei Paesi che non ritengono tale costruzione prioritaria.

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