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I volti di Atene. Diario di viaggio tra la bellezza e la crisi dell’Europa

di Marcello COLASANTI

Ho da poco concluso il mio viaggio in solitaria ad Atene, un viaggio dettato non dalle bellezze turistiche, archeologiche e storiche che la città può offrire, di cui comunque ho piacevolmente goduto, ma dalla voglia di scoprire, vedere, vivere e capire la reale situazione che sta vivendo la Grecia in questo momento storicamente unico.

La mia visita ateniese ha toccato il centro della città, con i suoi quartieri più turistici e storici come Syntagma, Plaka, Makrygianni, l’Acropoli, Monastiraki; semicentrali come Thisio, Psyrri, Gazi e periferici partendo da quartieri come Gazi, Metaxourghio, la famigerata Exarchia, spostandomi da esse in direzione sempre più periferica, cercando di parlare il più possibile con i commessi, gli operai, i camerieri, le persone che sulla pelle hanno vissuto, loro malgrado, questa crisi.

Nelle zone centrali, quelle più turistiche, la situazione è piuttosto buona; naturalmente essendo il turismo uno dei settori principali dell’economia greca e fonte di occupazione, si cerca di mantenere un’ottima offerta turistica.

Il turista “classico” che visita Atene per motivi storici e ludici, la troverà assolutamente godibile, con una funzionale rete di metropolitana, negozi, ristoranti, musei efficienti, strade pulite e supermercati; i turisti impauriti (in gran parte italiani) dall’apocalittico bombardamento mediatico sulla situazione greca, cancellando le proprie vacanze in Grecia hanno sicuramente fatto un errore.

Agli occhi meno attenti la situazione del centro potrà apparire alquanto normale, ma con più attenzione, già da qui si avvertono delle problematiche.

Alzando gli occhi, anche nella centralissimi Via Ermou (paragonabile alla romana Via del Corso) ci si rende conto che la maggior parte degli appartamenti è vuota, gli uffici dismessi, tantissimi, in ogni palazzo, i cartelli di case in vendita. E anche nella stessa Ermou, ma in tutto il centro e principalmente nelle vie laterali, palazzine completamente abbandonate.

Parliamo di quartieri “bene” e di edifici storici, impensabile in qualsiasi altra città europea; immaginiamo una Trastevere, Campo Marzio di Roma, San Polo di Venezia o Brera di Milano con, all’improvviso, stabili storici totalmente abbandonati e in rovina. Questo sta a significare che anche il ceto medio e medio-alto che abitava queste zone, ha subito gli effetti della recessione; l’effetto più visibile è il loro spostamento dalle zone centrali a quelle periferiche, dovuto all’abbassamento rapido del tenore di vita.

Ma l’immagine vera di ciò che l’imposizione della crisi ha prodotto in questo paese, è nella periferia.

Nemmeno troppo distante dal centro, anche nei quartieri considerati semicentrali, già dalle parti finali di Psyrri, andando verso Gazi e oltre, ci troviamo davanti a intere strade, lunghissime, con le relative traverse, interi isolati dove non è rimasto NULLA. Continui e continui negozi sbarrati, inattivi, con palazzine totalmente vuote, pericolanti, puntellati alla meglio per evitare crolli, oppure con ponteggi dove, molto chiaramente, si capisce che un primo recupero era iniziato ma poi improvvisamente, ormai da anni, interrotto e abbandonato.

In molti di questi palazzi, visibilmente non agibili, guardando più attentamente ci si rende conto che qualcuno in realtà continua ad abitarci, malgrado la pericolosità dello stabile. In molte piazze periferiche è possibile vedere una gran massa di persone che, come ho potuto constatare parlandoci, sono disoccupate.

La sensazione di insicurezza è spesso pesante (anche se non ho avuto nessun problema). La desolazione, il degrado cosi accentuato anche in zone semicentrali, mi ha personalmente scosso in maniera profonda; sono cresciuto all’Appio Latino, una zona di Roma considerata semicentrale, quelle zone che visitavo potevano essere tranquillamente il mio quartiere, in fondo stavo visitando una capitale dell’Unione Europea.

Utilizzando le parole di un amico che mi descriveva la situazione prima di partire: “lo scenario è post-bellico”. Camminando in quelle strade, mi sono venute in mente le persone che in Italia gridano continuamente alla “crisi”… be, posso assicurarvi che noi la crisi, quella vera, quella creata come strumento neoliberista di dominazione…non l’abbiamo nemmeno vista da lontano. Eppure, sta arrivando.

In altri quartieri rimasti densamente abitati, il degrado urbano è evidente (per degrado intendo la manutenzione degli stabili, non la pulizia delle strade, che invece ho trovato sempre buona); camminare in quelle vie inizialmente può dare una sensazione di timore, di insicurezza, ma una volta che si ha a che fare con la gente, ci si rende conto da soli che è solamente il contesto, la cornice; questa gente nei quartieri popolari, si sono trovate loro malgrado all’interno di questa situazione, non sono di certo per questo divenuti delinquenti.

Si può partire preparati e conoscere sulla carta le vicende, ma non è semplice ascoltare da chi era li nei momenti più duri, in questo caso due camerieri con cui ho fatto amicizia, il racconto di donne con bambini in braccio in giro per le strade periferiche che chiedevano non dei soldi, ma se qualcuno aveva del latte.

Una piccola parentesi va aperta su Exarchia. Questo quartiere definito spesso “anarchico”, non ospita solo quest’ultimi, ma in generale è famoso per essere da sempre alternativo, antagonista e anticapitalista, raccogliendo ampiamente i vari movimenti di sinistra, da quella radicale a quella propriamente anarchica; da qui partirono le proteste che fecero cadere la dittatura dei colonnelli e sempre da qui le manifestazioni antiausterità che dal 2008 in poi hanno monopolizzato Atene, con una conseguente feroce repressione da parte delle forze speciali di polizia all’interno della stessa.

A livello mediatico viene spesso demonizzato come luogo degradato e non sicuro, ma devo dire che a differenza di altri quartieri non ho riscontrato questo. Gli effetti della crisi si vedono anche in questo quartiere e le scene di palazzi e negozi abbandonati sono visibili, ma le sue stradine in salita, i suoi bar, pub e ristoranti ben contestualizzati, i bellissimi murales, le aree pubbliche abbandonate ma recuperate dalla gente del quartiere, ne fanno un posto affascinante e tutto sommato gradevole; certo, l’assenza di un muro non scritto può far storcere il naso a qualcuno, ma di certo non rendono giustizia alla sua famigerata reputazione.

Mentre l’attuale situazione politica all’interno del quartiere è piuttosto movimentata. La parte anarchica ha ultimamente preso il sopravvento, entrando in netto contrasto con il partito di Syriza. La sede del partito di Tsipras era proprio all’interno di Exarchia, ma dopo l’occupazione da parte di attivisti anarchici, è stata spostata a Psyrri.

Recandomi li, ho potuto parlare con un attivista di Syriza che mi spiegava proprio la motivazione dello spostamento e dell’alta tensione tra le due parti, che li ha portati a prendere misure di sicurezza più elevate, attualmente nella sede centrale di Syriza è più difficile accedervi e più controllata.

Da queste righe, si comprende quale sia stata la portata sulla popolazione di questa crisi, che ha devastato soprattutto il ceto basso, ma allo stesso tempo camminando per le strade, si comprende da altri parametri che questa crisi è solo ed esclusivamente “finanziaria”, più correttamente “capitalistica”, dove quello che non funziona è il suo sistema iniquo e contraddittorio, ma non la “macchina”, il “corpo” del paese, dato che andando nei mercati, esempio eclatante quello centrale oppure i mercati rionali, tutto è abbondantemente disponibile; chi lavora i campi c’è, non c’è stata una guerra che ne ha portato via le forze, chi lavora e produce nelle fabbriche c’è, queste non sono state distrutte da un terremoto, ma come una guerra e un terremoto questa “crisi” ha svuotato dall’interno un paese intero per gli interessi di banche, industriali, paesi esteri e motivazioni politico-economiche.

Parlando con le persone e di come vivono la situazione, la crisi viene percepita principalmente a livello umanitario e sono sentiti gli aiuti che l’attuale governo ha improntato negli ultimi sei mesi, visti come una vera boccata d’ossigeno, come i buoni pasto o l’elettricità gratis per le fasce più basse, gli stessi aiuti tanto criticati dalla commissione europea.

Discutendo in generale della situazione politica ed estera, il giudizio rispetto alle azioni di governo del premier Tsipras sono sostanzialmente positive, comprendendone la scelta che ha fatto di fronte al ricatto del memorandum; diverse persone appaiono un po’ rassegnate e ormai in balia degli eventi, ma anche chi non crede nell’attuale governo, ne ammette comunque il merito di aver combattuto e di non aver arbitrariamente accettato qualsiasi imposizione della Troika a differenza di tutti i governi precedenti, non a caso attualmente Syriza viene data in crescita al 43%.

La comprensione della situazione mi ha rallegrato, a riprova della forza di questa gente: in fondo, parliamo di un popolo che nei momenti più duri della crisi lo trovavi in piazza Syntagma che gridava contro la Commissione europea, la Banca Centrale, il Fondo monetario e il sistema neoliberista, i reali fautori della crisi, non li trovavi, come accade qui in Italia, a gridare contro gli immigrati anche se questi in Grecia sono molto numerosi in percentuale alla popolazione.

Naturalmente la propaganda facile di questo stampo è presente anche lì, sia chiaro, non a caso troviamo un partito dichiaratamente nazista come Alba Dorata al 6% (che comunque raccoglie la sua forza all’interno dell’esercito e delle forze dell’ordine), ma il ricordo della dittatura fascista è li, ben fissato, dato il breve periodo che è passato dalla caduta dei colonnelli, appena 40 anni, a differenza nostra che ormai, dopo settanta anni di revisionismo, ne ha cancellato il ricordo drammatico e ricostruito uno pericolosamente nostalgico; discorsi che ho potuto approfondire non più di tanto, data la cautela che comunque dovevo mantenere.

Popolo che, malgrado tutto questo, non ha perso la sua cordialità e ospitalità; in molti sono rimasti colpiti nell’ascoltare la motivazione del mio viaggio, apprezzandolo sentitamente e volendomi offrire qualcosa, anche con una certa insistenza.Penso che nessun popolo meriti un trattamento simile (ancor meno i greci), il vedere il proprio paese, dalle sue bellezze storiche e artistiche, al suo territorio fino alle sue persone, ridotte in miseria e rovina per i “giochi” capitalistici di una stretta cerchia, sempre gli stessi da secoli, che impongono un disegno di vita e di economia basata sul solo profitto privato quando questo è guadagno pubblico quando si parla di debito, coadiuvato dalle nazioni più grandi che, con questo sistema del debito perpetuo, hanno creato nazioni satellite conquistate senza un colpo di fucile, ma con lo strangolamento lento dell’indebitamento, problema di questo neoliberismo avanzato, e non solo “dell’Euro”.

Quel che più sentivo in quei giorni, era la necessità di far capire alle persone fuori dalla Grecia, in Europa, che non dobbiamo lasciarli soli, dimostrare tutta la nostra solidarietà a un popolo e a un governo che hanno tentato, finchè hanno potuto, di resistere a questo sistema assurdo, che è di fatto fallito ma si regge sulla continua sottomissione del più debole, a livello di classe sociale all’interno dello stesso paese, da nazione su nazione a livello internazionale, e quel che è accaduto li potrà accadere (se non sicuramente) anche qui da noi, in Irlanda, in Spagna o in ogni altro stato membro.

L’unione e l’alleanza con altre nazioni, per un’Europa più sociale, dei popoli, con una visione diversa da quella forzatamente privata e neoliberista, sarà l’unica salvezza per questa gente e, senza accorgercene ora, per tutti noi; quelle strade vuote e diroccate, dimostrano in maniera tangibile fino a che punto il neoliberismo capitalista può arrivare pur di mantenersi vivo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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