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 Home page > Tribuna Libera > I pub e la scuola di Renzi

I pub e la scuola di Renzi

E’ un mistero glorioso: la scuola che Renzi propone, la favola bella della “svolta epocale”, attiva e innovativa, non prevede studenti. E’ una scuola che divide i docenti, fa ardite promesse – quattrini per l’edilizia scolastica, aumento dei progetti formativi pomeridiani grazie ai soldi di generosi privati, porte aperte alle aspirazioni di chi “merita” – ma gli studenti non li trovi nemmeno a pagarli. I loro bisogni, ciò che hanno proposto in anni di assemblee, occupazioni, autogestioni, lezioni in piazza, denunce, narrazione dei loro problemi e soluzioni da adottare, tutto ciò non ha voce in capitolo.

Per Renzi la scuola si fa senza studenti. In loro nome, il governo s’è posto la domanda che li rappresenta e s’è dato la risposta: volete entrare nel mondo del lavoro che preferite? Ci andrete. E’ già pronto per voi un “hackathon” per suggerire app in un quadro generale di “opening up education”. Dietro l’inglese americanizzato, però, c’è solo l’armamentario ideologico di governi falliti: guerra all’istruzione pubblica, gerarchizzazione del personale e privatizzazione del sistema. Gli studenti come soggetti pensanti, non esistono.

Eppure chi vive con loro l’esperienza scolastica e li affianca nelle lotte, sa che nei Consigli d’Istituto e negli organi accademici le loro rappresentanze non contano nulla. Devono lottare per tutto: un’aula autogestita in cui esprimersi e creare cultura, una scuola inclusiva, che privilegi il pensiero critico, un corso pomeridiano, la sostenibilità dei costi per poter studiare, la possibilità di accesso ai più alti gradi dell’istruzione. Si scontrano ogni giorno con una realtà che li chiama ad avallare ciò che altri hanno deciso per loro. A torto o a ragione , si sentono trattati come contenitori vuoti, che la scuola riempirà di nozioni e regole di comportamento “adeguato” e invano chiedono che il loro mondo trovi cittadinanza tra i banchi, che i loro problemi siano ascoltati. Di coscienza critica non si parla più e tutto ciò che conta è l’acritico rispetto verso ogni autorità. Per gli studenti, la favola non cambierà la scuola: Renzi finge di ascoltare tutti, amministrativi, presidi e docenti, ma agli studenti non promette niente. La “buona scuola” di loro non parla.

E’ come un carcere senza detenuti, un ospedale senza malati, un cinema senza film. Con loro soprattutto Renzi mostra la sfida autoritaria di Renzi svela il suo valore devastante: dovete imparare a credere che la realtà coincide con le mie chiacchiere surreali. E’ questo il mondo: il vuoto dietro un tweet.


Nel trionfo virtuale dell’illusionismo, la favola è un incubo: il motore perde colpi? Lo metteremo a punto con gli attori che lo fanno funzionare: presidi, amministrativi, docenti. Nessuno meglio di loro può dire quali siano le regole inutili e le complicazioni superflue. Assieme a loro sbloccherò la scuola. E’ una gara di formula uno studiata ascoltando tutti, meno che il rombo del motore, come se a tagliare il traguardo a fine corsa dovessero essere il preside-manager, i docenti sopravvissuti alla guerra dei poveri sul “merito”, i criteri di valutazione, e le aule vuote.

Svaniti gli studenti, ai quali nessuno chiede se nella corsa c’è il rischio di rompersi l’osso del collo, Renzi non dice nulla sul lavoro che si farà in classe. La sua, è la favola di un’azienda che, ottimizzati i ritmi della produttività dei docenti, si dà una nuovo monte ore, decide le modalità di assunzione, la quantità di progetti da sfornare, i costi della pubblicità e i tagliandi per la messa a punto con la verifica dei test. Degli studenti, della loro umanità, della corrispondenza tra le loro domande e le risposte del bolide che andrà in pista, di tutto questo la favola di Renzi non parla. La “buona scuola” è pensata per una società di yesman e disciplinate carte assorbenti. Si raccontano mirabilie, ma il modello di riferimento non sono gli individui da formare.

Gli studenti non c’entrano nulla con la scuola di Renzi. La favola buona è un’impresa produttiva per padroni che intendono far profitto, investendo sulla formazione. Gli studenti, il diritto allo studio, le disparità tra condizioni economiche e sociali di partenza, sono sciolte nell’acido dei test Invalsi. Se Renzi si fosse ricordato che a scuola ci vanno gli studenti, si sarebbe accorto che c’è bisogno di una formazione che conti su laboratori attrezzati, che aprano la mente e guardino lontano fino all’accademia; c’è bisogno di maggiori scambi culturali e di momenti collettivi da vivere furori dalle aule. Di tutto questo la “buona scuola” non parla. Confindustria ha raccontato a Renzi che il mondo degli studenti vive di uno sogno solo: “la possibilità di fare percorsi di didattica in realtà lavorative aziendali, così come pubbliche e del no profit” e lui non è stato a pensarci: ha promesso che questa possibilità “sarà resa sistemica per gli studenti di tutte le scuole secondarie di secondo grado”.

Digital, appl, inglese a gogò, la fanfara suonata per musica e storia dell’arte, e poi che si fa? Senza studenti, la rivoluzione di Renzi diventa uno spot per lo sfruttamento. Altro che formazione della coscienza critica: lavoro senza retribuzione e una grande riserva di manovalanza a basso costo o gratuita, grazie ai tirocini, che manda in brodo di giuggiole i padroni. La “buona scuola” di Renzi è un elementare dettato del padronato. Mentre gli studenti, cancellati dalla scuola, raccontano di “libretti delle giustifiche”, trasformati in pubblicità del pub “Pollo Veloce” – l’impresa si sa, non fa nulla per nulla e il proprietario del locale ci ha messo quattrini – la Lockheed presto vanterà sui moduli d’iscrizione le delizie degli F35 e la Beretta ricorderà che il suo modello di mitra fa il record di morti con un solo caricatore.

 

Foto: Giovanni/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.61) 27 ottobre 2014 11:50

    A questo punto dovremmo incominciare a parlare di togliere l’OBBLIGO scolastico.
    Non è possibile obbligare delle persone (partendo dai 6 anni!) a fare una corvee, un lavoro non pagato, per 10 anni.
    Finchè le ore di scuola erano poche e le vacanze molte, c’era sempre il tempo di farsi una cultura a casa od in biblioteca.
    Adesso, per poter pagare sempre più insegnanti, le ore di (d)istruzione di massa tendono all’infinito.
    Non è possibile avere un obbligo di frequenza ad una scuola che ha come fine esplicito evitare che gli studenti abbiano una cultura propria.
    Ripeto, a questo punto l’unica cosa da fare è togliere l’OBBLIGO scolastico.

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