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I problemi delle banche italiane. Trilussa aveva ragione sulla statistica?

Trilussa, come è ampiamente noto, espresse un giudizio sferzante sulla statistica, definendola una disciplina secondo la quale se due persone hanno una due polli e l’altra nessuno ad entrambe viene attribuito un pollo ciascuno.

Al di là del giudizio di Trilussa, la scarsa fiducia sulla validità dei dati statistici è piuttosto diffusa. Scarsa fiducia che si accresce quando a fornire dati molto diversi sono illustri professori, tutti con un curriculum apparentemente invidiabile.

E’ quanto è successo, nell’arco di pochi giorni, relativamente alla situazione delle banche italiane.

Sulla loro situazione o meglio sulle loro difficoltà si sono espressi tre docenti universitari, Luigi Zingales, in un articolo pubblicato da “L’Espresso”, Alessandro Penati, in un articolo comparso su “La Repubblica” e Marco Fortis, in un articolo contenuto nell’edizione domenicale de “Il Sole 24 ore”.

E’ bene ricordare che Zingales insegna Entrepreneurship and Finance presso l’università di Chicago, Penati Scienze Bancarie all’università Cattolica di Milano e Fortis Economia Industriale sempre alla Cattolica di Milano.

I tre, nei loro articoli, trattano diversi argomenti relativi alle banche italiane, ma le divergenze di opinioni, radicali, riguardano prevalentemente la necessità di realizzare un consistente aumento di capitale.

Chi sostiene, Zingales e Penati, che sia necessario per le banche italiane aumentare il proprio capitale giustifica tale tesi rilevando che il loro capitale viene ritenuto insufficiente in rapporto ai prestiti concessi e soprattutto in relazione alla cosiddette sofferenze, cioè ai prestiti che difficilmente saranno restituiti da quanti li hanno ricevuti.

Entrambi osservano che le banche italiane sono restie a promuovere un consistente aumento di capitale perché ciò comporterebbe una modifica rilevante agli equilibri di potere delle banche stesse, scalzando dal comando delle banche i soggetti che attualmente le guidano.

Cosa sostiene invece Fortis?

La tesi opposta, sostenuta con un’ampia esposizione di dati: non è vero che le banche italiane siano sottocapitalizzate e che quindi sia indispensabile aumentare il loro capitale e che, anzi, le maggiori banche dei più importanti Paesi europei sono decisamente messe peggio, rispetto a quelle italiane, quanto a capitalizzazione.

Per la verità, è opportuno aggiungere che Fortis, nel recente passato, ha esposto, con dovizia di dati, tesi piuttosto eterodosse su altre questioni.

Sostenne infatti che non occorreva considerare solamente il debito pubblico dell’Italia ma anche il debito dei privati e che facendo questo la situazione debitoria italiana era migliore di quella che caratterizzava molti altri Paesi europei.

E poi rilevò che la parte maggiore dei settori dell’industria manifatturiera italiana era ben messa quanto a quote delle esportazioni sul totale mondiale delle esportazioni, diversamente da ciò che molti pensavano.

Comunque tornando alla questione del capitale delle banche, i docenti universitari a cui ho fatto riferimento sono portatori non di tesi leggermente diverse ma di tesi opposte, che si basano evidentemente o sulla disponibilità di dati diversi o sulla diversa interpretazione di dati più o meno simili.

Sarebbe utile che vi fosse un chiarimento pubblico tra questi economisti, anche perché le loro tesi sono state riportate da giornali ad ampia diffusione.

Peraltro tutto ciò non fa altro che alimentare la sfiducia nelle analisi e poi nelle “ricette” proposte dagli economisti e dagli statistici.

Del resto, ad esempio, gli economisti, non solo quelli italiani, sono stati spesso accusati di non essere riusciti a prevedere la pesante crisi economica verificatasi a partire dal 2008.

Per quanto riguarda gli statistici, proprio recentemente, si è sviluppata una discussione relativa all’individuazione delle cause che hanno determinato il notevole aumento dei morti verificatosi in Italia nel 2015. E anche in questo caso sono state evidenziate tesi anche molto diverse fra di loro.

Come se ne può uscire da una tale situazione?

Forse sarebbe consigliabile, prima di scrivere un articolo su un giornale ad ampia diffusione, di riflettere un po’ di più. Non mi aspetto certo che vi sia il tipo di riflessione che precede l’elaborazione di un saggio o ancor più la scrittura di un libro.

Ma, senza dubbio, sarebbe necessario pensare più a lungo prima di scrivere quegli articoli.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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