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 Home page > Tribuna Libera > I morti chiedono giustizia: gli africani come gli americani

I morti chiedono giustizia: gli africani come gli americani

I morti chiedono giustizia. O vendetta. Ce lo hanno detto e ripetuto in questi giorni, uomini politici e giornalisti della peggior destra come della sinistra più confusa, parlando dell'uccisione di Osama Bin Laden.

I morti chiedono giustizia? Tutti i morti?

Chiederanno giustizia anche i morti affogati? I disperatati morti nei naufragi delle vecchie carrette del mare e dei barconi con cui stavano cercando di raggiungere l'Europa? 

Sono morti anche loro, no? Seicento solo l'altra notte, in un affondamento al largo di Tripoli; migliaia negli ultimi anni. Sono morti che stanno sulla coscienza di ognuno di noi, di cui ognuno di noi dovrebbe essere chiamato a rendere conto, e che, soprattutto, sono diretta conseguenza delle azioni e dell'ignavia della peggior classe politica che l'Europa, e in particolare l'italia, ha avuto nel dopoguerra.

Sono morti che si potevano evitare, specie questi ultimi; ampiamente prevedibili e previsti.

Dalla Libia stanno ricominciando a partire dei profughi e a Lampedusa sono ricominciati i loro arrivi; non so come reagirà, questa volta, il governo Berlusconi, ma so quel che dovrebbe fare il governo “cristiano” di un paese “cristiano”: mandare le proprie navi per andarseli a prendere, prima che uno dei relitti galleggianti che usano come imbarcazioni affondi facendo morire qualche centinaio di Poveri Cristi. Non ho nessun pudore a citare quel che ho scritto una settimana fa; c'è in quella previsione così banale, scontata, la dimostrazione delle colpe della nostra politica. Di una politica che non è peggiore della nostra società; che è la degna rappresentate del nostro egoismo stupido, idiota, e del razzismo di cui i ragionamenti di tanti tra noi sono intrisi.

Ci sono cinque milioni di immigrati clandestini in Europa; ne arrivano 600.000 ogni anno in Italia: andare a prendere 20, 30 o 50 mila persone provenienti dall'Africa sub-sahariana rimasti bloccati sulle coste libiche (tra cui moltissimi i somali, cui spetta di diritto lo status di rifugiato) non cambierebbe nulla per l'Europa. Non cambierebbero né le condizioni di vita degli europei né la composizione della società europea; potremmo accoglierli senza il minimo problema e si rivelerebbero, come si stanno rivelando gli altri immigrati, se opportunamente gestiti, una preziosa risorsa.

Una notizia dalla Svizzera che, da sola, dovrebbe fa capire anche ai più stupidi tra noi che cosa vogliano dire, dal punto di vista pratico, gli immigrati. In quel paese, che ha conservato intatta la propria identità malgrado gli stranieri rappresentino, da sempre , tra il 25 ed il 30 % della popolazione, era previsto, (la Svizzera, appunto, resta Svizzera e i conti da quelle parti si fanno con largo anticipo) che i contributi per l’AVS (la loro INPS) sarebbero stati aumentati quest’anno a causa dell’invecchiamento della popolazione. L’aumento, invece non ci sarà: il numero di immigrati si è rivelato molto superiore a quello previsto e con i loro contributi, con il loro lavoro, riequilibreranno i conti della previdenza elvetica perlomeno sino al 2020.

Questo aggiunge rabbia al dolore; che stiamo commettendo dei crimini non solo inutili, ma che vanno a colpire quelli che, con un minimo d’intelligenza, potrebbero essere i nostri interessi.

Se i morti chiedono giustizia, dovrebbero chiederla allora anche i 30.000 bambini che, nel terzo mondo, muoiono di fame ogni giorno (trentamila; la fame è una tragedia che fa dieci volte le vittime delle torri gemelle 365 giorni l’anno) eppure non mi auguro che i mostri che sono direttamente responsabili di questi genocidi vengano uccisi.

Sono contro la pena di morte, prima ancora che contro le esecuzioni sommarie, per principio e sui principi, mi ha insegnato chi per i suoi principi ha rischiato di essere ammazzato, non si fanno sconti: il giorno in cui si inizia a farli rappresenta l’inizio della barbarie. Della fine.

Non voglio esecuzioni, non le auspico, ma spero che prima o poi vi sia una seconda Norimberga (nella foto): un processo che condanni, almeno simbolicamente, i grandi capi dell’occidente per le loro azioni e, soprattutto, le loro omissioni nei confronti del terzo mondo.

Spero, in particolare, da italiano, che una corte internazionale chiami a giudizio i nostri politicanti, Bossi, Berlusconi, Maroni e chiunque si sia reso responsabile della nostra assurda politica nei confronti dell’immigrazione, e mi auguro che quel tribunale emetta una sentenza conto tutti gli Eichmann (se si vuole, dimostrarono gli israeliani, si possono catturare e processare proprio tutti) che per vigliaccheria o semplice comodità hanno obbedito ai loro ordini e, collaborando ai respingimenti in mare, scritto la pagina più vergognosa della storia della Repubblica.

Solo una cosa ci salverà, esattamente come durante la seconda guerra mondiale, dall’essere condannati come popolo; la generosità dei singoli.

I piccoli, e grandi, atti di eroismo dei nostri connazionali che, di fronte a dei disperati hanno reagito, semplicemente, da esseri umani.

I finanzieri, i carabinieri, i poliziotti e chiunque altro l'altra notte, a Lampedusa, si è buttato in acqua per portare a riva i cinquecento immigrati che stavano per affogare, appena fuoi dal porto di Lampedusa, dopo che il barcone su cui si trovavano si era incagliato sugli scogli; sono loro, in questi nostri anni miserabili, gli unici italiani degni di guardare negli occhi chi ci ha dato il tricolore della Repubblica e scritto la nostra Costituzione.

A tutti gli altri ( e io, che scrivo queste righe restandomene in poltrona, sono assolutamente compreso tra questi) se non chiederanno giustizia i morti, saranno i figli a chiedere spiegazioni.

Quel giorno potremo solo allargare le braccia e chiedere, a quei morti e ai nostri figli, perdono.

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