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Quale futuro per il Movimento Democratico?

Il mese di ottobre si chiude e con questo tre settimane di incontri tra persone e personaggi che dovrebbero rappresentare il futuro del movimento democratico.

Scartando i giovani turchi che hanno avuto anni per essere plasmati dall’attuale classe dirigente PD e che preferiscono aspettare il loro momento per pure ragioni anagrafiche non rimane che parlare di Pippo Civati e Matteo Renzi cui va riconosciuto il merito di smuovere la base e più in generale le menti e i cuori del popolo di centro sinistra.

I due hanno capito che il popolo democratico è stanco delle vecchie liturgie e hanno capito le opportunità di un partito aperto utilizzando modi di confronto nuovi che creano un riavvicinamento tra la base – che ne esce entusiasta anche per il solito fatto che ne è liberamente coinvolta – e la politica.

Normalmente quando si partecipa a queste iniziative si torna a casa rigenerati a prescindere dai contenuti espressi. Questo coraggio di innovazione dei modi e dei tempi della politica scopre le debolezze dell’attuale segreteria (sabato c’era un penoso tweet del PD nazionale dove si precisava che l’iniziativa “Finalmente sud” era programmata da un anno. L’anno scorso successe lo stesso, ma senza tweeter).

I due hanno il merito di sollevare il problema dell’identità del partito superando due criticità:

  • antiberlusconismo
  • la mancanza di un programma alternativo riconoscibile. Rampini nel suo nuovo libro sembra avere più certezze sulle cose da fare del nostro segretario. La cosa è paradossale.

Questi due problemi assieme alle nuove forme di coinvolgimento e al coraggio di dirle a chiare lettere sui blog (Pippo) e in video (Matteo) rappresentano gli aspetti positivi degli eventi di Bologna e Firenze assieme ad uno stile comunicativo garbato - ben altro dalle ramazzate linguistiche e lessicali di Di Pietro e Grillo - e per lo più deberlusconizzato (citato poco, irriso molto bene cose che difficilmente riescono Bersani & soci).

Alcuni aspetti però sono poco chiari. La strutturazione di questi eventi dopo due anni sembra un déjà vu che al termine non smuove granché. Anche quando c’è un lavoro di sintesi alla fine queste proposte tardano a diventare politiche nel senso di riconoscibili come tali al di fuori della cerchia degli addettti ai lavori, dei dirigenti del partito e più in generale dell’opinione pubblica.

Sembra più una carrellata di buone pratiche (per lo più di amministratori del PD che non si capisce come non siano in grado di comunicarle ai vertici con le strutture interne dei dipartimenti o dei responsabili tematici che dovrebbero fare lavoro di sintesi) e di posizioni individuali per lo più di soggetti vicini all’organizzazione dell’evento. Anche qui c’è un piccolo meccanismo di cooptazione che per esempio mancava nel Lingotto degli autoconvocati.

In compenso il popolo democratico puntualmente si spacca sui social network dietro i protagonisti, come tifoserie contrapposte che fanno la fortuna di giornalisti e della maggioranza politica che ficca il coltello nella piaga. In più l’elettore critico vedendo questo atteggiamento alla fine si distacca ulteriormente.

Cinque minuti, l’uso di slogan efficaci non costruiscono soggettività politica e di questo credo che ne siano consapevoli i due protagonisti ma i wiki PD sanno di qualcosa di già visto. Forse è l’unico mezzo per superare quella muraglia interna al PD impermiabile alle idee e alle energie che ci sono.

Ci fossero i momenti, i luoghi e le strutture interne al partito dove portare i vari contributi potremmo capire se le soluzioni di Renzi o Civati siano compatibili con un’identità programmatica del partito democratico. Questo è il problema più grande del partito, a tutti i livelli, che per ragioni di apparato ha perso le capacità di ascolto e confronto non con il suo popolo ma con la stessa sua base di iscritti.

Renzi e Civati non sono due rottamatori e non sono ancora pronti con le soluzioni in mano ma sollevano un problema che è quello di aprire i processi di proposizione e decisione politica, rappresentando ad un pubblico più vasto la ricchezza di idee e di energia che il fronte democratico ha al suo interno.

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