• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Economia > I crediti fiscali “che non sono debito” ma erano minibot

I crediti fiscali “che non sono debito” ma erano minibot

I crediti fiscali da bonus e superbonus non sono debito pubblico immediato, ma sono deficit immediato. E qualcuno voleva trasformarli in minibot

 

Mentre infuria la polemica del mese sui crediti fiscali dei bonus edilizi, almeno sin quando non ci sarà un altro motivo per lanciarsi hashtag tra spalti di tifosi come a Ivrea ci si procurano contusioni oculari lanciandosi arance durante il carnevale, mi pare si possa dire che ogni provvedimento è figlio del suo tempo e della sua “temperie culturale”, se mi passate la forbita e inutile espressione. O forse era humus. O anche concime, praticamente letame. Perché dico ciò?

SENTO ODOR DI MINIBOT

Perché i bonus edilizi sono nati e si sono sviluppati secondo una filosofia di fondo: la cessione del credito, ad libitum. Cioè la creazione di moneta fiscale con la quale ungere gli ingranaggi dell’economia, secondo le ardite teorizzazioni che andavano massimamente di moda durante la legislatura del populismo trionfante e della rivolta contro la realtà. Ma il virus era in incubazione negli anni immediatamente precedenti, quelli dell’irresistibile ascesa dei venditori di olio di serpente.

Questa inferenza mi sovviene leggendo un’intervista all’ex presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb), Giuseppe Pisauro, ieri sul Corriere. Ecco il passaggio principale:

Ben prima del Superbonus. Già nel 2015, in un’audizione in Parlamento su una proposta di legge dei 5 Stelle che voleva introdurre la cessione del credito, segnalammo che, secondo le regole Eurostat, la cessione si sarebbe trasformata in disavanzo immediato, ovvero in un aumento del deficit. La proposta fu abbandonata, ma poi, nel 2020, con il Superbonus del 110% il governo Conte bis introdusse lo sconto in fattura e la cessione del credito. La bolla si è progressivamente gonfiata e siamo arrivati al ritmo di oltre 3 miliardi al mese di crediti ceduti: 35-40 miliardi in un anno, che significano due punti di Pil in più di disavanzo.

Quindi, c’è il tema della contabilizzazione del deficit, che è deflagrato solo oggi, con Eurostat pronto a prendere posizione. In questo senso: se i crediti sono trasferibili, utilizzabili per pagare le tasse e differibili anche per lungo tempo significa che sono “pagabili” e quindi è deficit da contabilizzare immediatamente, per competenza. Il governo, stoppando cessione e sconto in fattura, ha bloccato il rischio che il deficit 2023 potesse lievitare: una circostanza problematica, nell’anno in cui si negozia il nuovo patto di stabilità e crescita.

C’è poi anche il problema del debito, che è sostanziale e non contabile. Nel senso che occorre rispondere alla domanda: quanta e quale sarebbe la copertura a questo rubinetto aperto di bonus e superbonus? Le stime impazzano. Secondo il Consiglio e la Fondazione dei dottori commercialisti, il maggior gettito sarebbe pari al 43% dell’esborso. Se così fosse, si confermerebbe che non esiste moltiplicatore maggiore dell’unità, con buona pace di quanti miraboleggiano di “valore della produzione” triplicato e oltre, manco fossimo sul Lago di Tiberiade un bel po’ di tempo addietro.

Ma il punto che mi preme non è questo: è proprio l’obiettivo di mettere in circolo dei crediti fiscali, e farli girare furiosamente. Cioè sfuggire alla “dittatura” della Bce e della realtà con una moneta fiscale parallela. Il sogno bagnato di molti arruffapopoli, giunti a poggiare le terga in parlamento dopo anni di predicazioni.

LA STAMPANTE DEL MEF CONTRO LA BCE

Ora, dopo lo stop classicamente italiano, nel senso di emergenziale, messo dalla gemella buona di quella Giorgia Meloni che solo mesi addietro diceva ben altro, resta da sistemare l’edificio colpito da una palla demolitrice. Ad esempio, come gestire gli “incastrati” del provvedimento, tra famiglie e imprese? Quelli che in modo pigramente stucchevole vengono definiti “esodati”. Perché in questo paese produciamo esodati, veri e immaginari.

E come gestire i futuri fabbisogni finanziari per ristrutturare in modo energeticamente efficiente gli immobili, mentre si avvicina il momento della direttiva “case verdi”? Con un minimo di equità, direi. Magari smettendo di regalare ristrutturazioni a gente che se le può pagare. Ma anche facendo attenzione a non inventarsi “incapienti” che potrebbero in realtà essere anche evasori parziali e totali.

Ma torniamo al moto perpetuo del Superbonus, la vera pietra filosofale italiana. Unico paese sul pianeta (credo), in cui si offre un credito superiore all’esborso, agevolando la collusione tra committente ed esecutore e incenerendo quel mito del “contrasto d’interessi” su cui generazioni di illusionisti hanno banchettato politicamente. A dirla tutta, qualcosa è rimasto, di quella assurdità: lo “scaricare tutto”, addirittura ben oltre il costo.

Sullo Zeitgeist italiano, mi è capitato di leggere un post di Paolo Maddalena, già vicepresidente della Corte costituzionale e presidente facente funzioni per un paio di mesi, nel 2011. Maddalena, a gennaio dello scorso anno, fu vicino a essere il candidato dei pentastellati all’elezione per il presidente della Repubblica. L’alto magistrato in quiescenza sostiene tesi che si possono ricondurre al “patriottismo costituzionale”. Che sarebbe? Una cosa per cui, se hai un problema o un bisogno, ti crei la tua moneta e vivi felice. “Attuare la costituzione”, si chiama il progetto politico-culturale dell’ex giudice della Consulta. Una carta costituzionale che si direbbe fatta della stessa sostanza dei sogni, a volte.

E infatti, in un post sul suo blog sul Fatto Quotidiano (e dove, sennò?), Maddalena ha trovato la soluzione:

A mio avviso, tenuto conto che detti crediti fiscali hanno valore solo all’interno del territorio nazionale, sarebbe stato opportuno, ai fini dell’efficentamento energetico, creare una moneta italiana complementare, abilitata a circolare soltanto entro i nostri confini.

Fatto possibilissimo, poiché lo strumento monetario dell’euro è emesso da una banca privata, la Bce, costituita da un insieme di banche centrali private, ed è in sostanza una banconota da non confondere con i biglietti di Stato emessi dal Tesoro sulla base e in esecuzione di ben precisi principi costituzionali.



E si tenga presente che nessuna norma dello statuto della Bce o del Trattato di Maastricht vieta di emettere, limitatamente al proprio territorio, una propria moneta complementare.

Visto? Non era difficile, dopo tutto. Si crea una moneta complementare. Lo dicevamo già anni addietro. La verità è che i nostri eroi populisti l’avevano già creata, con la cessione dei crediti. Ma la mossa era imperfetta e si è schiantata contro i poteri forti bancari e contro la centrale della Spectre rappresentata dalla Bce, la banca “privata” delle banche private. Antico topos di chi sappiamo.

Serve una moneta parallela, emessa dal Tesoro; con quella, assieme ad alcune perline colorate, si può creare potere d’acquisto. Ad uso rigorosamente interno. Magari sulle banconote ci mettiamo la faccia di Tardelli e il gioco è fatto. La prossima volta, non fermatevi a surrogati come i crediti fiscali ma portate direttamente la stampante al Mef, per dare l’assalto finale alla Bce.

DUEMILA EURO DI DEBITO PRO CAPITE? NO. O FORSE SÌ

Per tutto il resto, ci sono leggende metropolitane, “imprecisioni” e perle di ignoranza neo-umanistica. Qualche esempio? Il governo, nelle cifre di Meloni e del ministro del Tesoro, Giancarlo Giorgetti, ha fatto ricorso a un esempio molto grossolano e altrettanto fallace, affermando che i bonus “costano duemila euro a ogni italiano”. Sarebbero, credo, i 120 miliardi di esborso lordo di tutti i bonus edilizi divisi per una sessantina di milioni di anime.

Ora, non serve essere economisti per capire che questa cifra è lorda nel senso che non considera le entrate fiscali che la maggiore attività genera. Se fosse corretta la stima dei dottori commercialisti, vorrebbe dire che quei 120 miliardi sono 68,4, cioè poco più di millecento euro per ogni italiano: neonati, moribondi, evasori e abitanti della no tax area. A voler essere pignoli, dovremmo invece dividere la cifra per il numero di contribuenti che pagano davvero l’Irpef e avremmo grandezze ben differenti e più elevate. Il tutto prescindendo da considerazioni di equità ed effetti distributivi della misura. Ma transeat.

Ma il momento in cui l’ignoranza nazionale tripudia è nell’interpretazione che Eurostat, per bocca del suo dirigente Luca Ascoli in audizione parlamentare alla Commissione Finanze del Senato, ha dato dei crediti d’imposta. Il dirigente di Eurostat si è focalizzato sul concetto di deficit causato dai crediti fiscali e sul momento in cui gli stessi diventano deficit, cioè sul concetto di loro “pagabilità” dopo applicazione di tre test specifici. Nell’assetto vigente sino all’intervento del governo di giorni addietro, tale deficit è immediato e pari ai crediti fiscali concessi. Fermo restando che il profilo di lungo termine del deficit prodotto dai bonus fiscali resta invariato. Per definizione.

“NON C’È DEBITO, SOLO DEFICIT!”

Tra le perle, segnalo quella del direttore del giornale-partito che spinge forsennatamente per fare inglobare il Pd dai pentastellati; che ieri, nel suo editoriale quotidiano, criticava la narrazione governativa dei duemila euro di costo a testa, sostenendo che l’esecutivo

[…] si fa scudo dell’Ue, anche se Eurostat esclude che il Superbonus impatti sul debito e Von der Leyen lo elogiò in una lettera a Draghi, che naturalmente lo schifava ma si faceva bello del +6,6 di Pil nel 2021 e del +3,7 del 2022 come se fosse roba sua.

Che, letta così, pare suggerire che non esista debito e che la crescita del Pil italiano degli ultimi due anni sia frutto dei bonus edilizi. In realtà, Eurostat ha definito cosa è deficit e quando sorge, perché di quello si occupa la revisione periodica del suo manuale statistico. Ma il debito si genera eccome, anche se ridotto dalle tasse prodotte dall’attività innescata dalle ristrutturazioni.

Sempre che -ovviamente- i crediti riescano ad arrivare a esigibilità presso il debitore finale, lo Stato. Solo che al momento non stiamo parlando di questo. Il dirigente Eurostat si è focalizzato sul deficit, e ha negato che i crediti fiscali divengano immediatamente debito. Non poteva affermare altrimenti, visto che non conosce (e noi con lui) le coperture per la misura, e quanta parte di costo verrà ridotta dall’aumento di gettito indotto dall’attività. Né è in grado di prevedere quanto tempo i crediti, ceduti più volte, impiegheranno per arrivare “a casa”, cioè a compensare imposte. Nel viaggio, potrebbero essere usati per compensare debiti e crediti privati.

Va da sé che, se quel deficit non trovasse copertura in maggiori entrate o minori spese, alla fine del percorso si abbatterebbe sul debito, alimentandolo. Che mi pare cosa un po’ differente che dire “Eurostat esclude che il Superbonus impatti sul debito”. Altrimenti avremmo davvero inventato il moto perpetuo. E se i crediti fiscali diventano subito deficit perché dotati delle caratteristiche di “pagabilità”, ciò vuol dire fare un gradone all’insù nel rapporto deficit-Pil e finire nei guai, sotto i riflettori dei mercati.

Ma questi sono sofismi. Basta suggerire che la crescita italiana degli ultimi due anni è stata fatta dal settore delle costruzioni, e passa la paura. E anche fingendo di ignorare che “il settore delle costruzioni” comprende residenziale, commerciale e infrastrutture, e che dopo la pandemia la molla era carica da un fermo di un anno ed è stata rilasciata violentemente e pure col supporto aggiuntivo di tassi negativi. E peraltro, i conti di Conte & friends non tornano:

Ma ripeto, andate oltre queste stucchevoli tecnicalità. Il Pil italiano è stato fatto crescere dal Superbonus a moto perpetuo creato dal fortissimo punto di riferimento dei progressisti italiani, e vissero tutti felici e contenti.

Quindi no, i crediti fiscali non sono debito pubblico immediato. Ma sono deficit pubblico immediato. Almeno, fino al decreto legge 11 del 16 febbraio. Nulla di cui festeggiare. Ci arriviamo, almeno a questo?

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità