• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Società > I costi economico-sociali del disagio lavorativo e del fenomeno (...)

I costi economico-sociali del disagio lavorativo e del fenomeno mobbing

Definizione di mobbing usata nella proposta di Legge della “Commissione di analisi e studio sulle politiche di gestione delle risorse umane" e sulle cause e le conseguenze dei comportamenti vessatori nei confronti dei lavoratori” coordinata dal prof. Piccione su richiesta dell’allora Ministro Frattini:

a) violenza morale o psichica in occasione di lavoro: atti, atteggiamenti o comportamenti di violenza morale o psichica in occasione di lavoro, ripetuti nel tempo in modo sistematico o abituale, che portano ad un degrado delle condizioni di lavoro idoneo a compromettere la salute o la professionalità o la dignità del lavoratore;

b) diagnosi di sindrome correlata: diagnosi che, in base al protocollo di cui all’allegato soddisfa le seguenti condizioni: riscontro di un’anamnesi positiva per violenza morale o psichica in occasione di lavoro; accertamento di disturbi fisici o psicopatologici o psicosomatici o del comportamento, diagnosticati secondo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità; l’essere tali disturbi conseguenza della violenza morale o psichica in occasione di lavoro, anche in presenza di patologie preesistenti.

Le conseguenze del disagio lavorativo e del mobbing colpiscono l’individuo a diversi i livelli: fisico, psichico, familiare, sociale, producendo patologie, spesso anche gravi. È importante sottolineare che il mobbing non è una malattia, ma puo’ essere causa di malattie.

Le conseguenze sulla salute dell’individuo si ripercuotono anche sulle relazioni interpersonali e sulla vita sociale. A questo vanno aggiunti i costi economici a cui spesso deve far fronte il lavoratore: spese mediche, legali, per cure psicologiche, ecc.

Vi sono conseguenze ingenti poi per l’azienda che ha un danno economico in termini di produttività, aumento dei conflitti, danno d’immagine, ecc. Ogni azienda dovrebbe avere un forte interesse a prevenire e affrontare il mobbing, poiché le energie impiegate nelle lotte e nei contrasti interni sono un danno alla funzionalità delle strutture e quindi alla qualità del lavoro e della produttività.

In quanto sindrome psicosociale, il mobbing colpisce anche la Società influendo sui costi sociali e assistenziali. Pertanto, il contrasto al fenomeno è una improrogabile necessità degli organismi sociali e aziendali e risponde a due finalità: quella di tutelare il diritto fondamentale dell’uomo al lavoro e alla salute e quella di garantire una buona produttività lavorativa della società in generale e di una specifica azienda in particolare.

Recentemente, in aiuto alla prevenzione del fenomeno mobbing, è stato approvato il Decreto del Ministero del Lavoro del 27.04.2004 che riporta il nuovo elenco delle malattie professionali per le quali è obbligatoria la denuncia, ai sensi del D.P.R. n° 1124/65.

Il documento riporta (nel gruppo 7) le malattie psichiche e psicosomatiche derivanti da disfunzioni dell’organizzazione del lavoro.

La presenza nell’elenco di patologie correlabili al mobbing, come il disturbo dell’adattamento cronico ed il disturbo post traumatico da stress, dopo l’entrata in vigore di questo Decreto, ha reso obbligatoria, da parte del medico competente, oltre la denuncia di sospetta malattia professionale, anche la comunicazione del referto all’autorità giudiziaria (ai sensi dell’articolo 365 del Codice Penale).

Secondo il Decreto, il datore di lavoro, se ritenuto responsabile, dovrà rispondere di eventuali danni nei confronti dei dipendenti.

Il mobbing non indica un’autonoma e specifica categoria di danno, ma un evento da cui scaturiscono danni di tipo biologico, psichico, esistenziale, morale, patrimoniale, risarcibili secondo gli schemi della responsabilità civile.

Facili ricette allo stato attuale non ce ne sono.

Il mobbing è un fenomeno complesso che può essere conosciuto e affrontato solo tramite un confronto e una collaborazione interdisciplinari, ossia condividendo e discutendo le informazioni e le strategie finora disponibili.

Ciò si attua favorendo il dialogo delle diverse professionalità appartenenti al mondo aziendale, sindacale, sanitario, giuridico e psico-sociale. In tal modo sarà più facile mettere trovare strategie anche preventive rivolte alla promozione di un maggior benessere lavorativo, riguardante la persona, l’azienda e la società.

La proposta di Legge n. 1813 d’iniziativa dei deputati Cicu, Marras e altri: “Norme per la repressione del terrorismo psicologico nei luoghi di lavoro” presentata il 9 luglio 1996 cosi’ si esprime nel suo prologo:

“In Italia soffrono per mobbing circa un milione di lavoratori (in seguito si è parlato di 1 milione e mezzo, n.d.r.) e si stimano in 5 milioni le persone coinvolte in qualche modo nel fenomeno, quali familiari, amici o parenti delle vittime. Un lavoratore costretto a prepensionamento a soli 40 anni determina un costo sociale di un miliardo e 200 milioni (600.000 euro circa, n.d.r.) in più rispetto a un lavoratore che va in quiescenza all’età prevista. Possono configurarsi nel mobbing anche le molestie sessuali, l’ostracismo del datore di lavoro nei confronti del personale femminile, la diversità politica del lavoratore rispetto a quella aziendale, eccetera. L’atteggiamento repressivo può essere assunto nell’ambito di una strategia aziendale tesa alla riduzione di personale o all’eliminazione di persone indesiderate, colpendo proprio il personale in condizioni psicologiche più deboli. Il mobbing nella nostra nazione trova più che altrove condizioni favorevoli per prosperare grazie ad una crisi economica preoccupante che provoca drastiche riduzioni di personale; per questo è altissima, nel lavoratore, la paura di perdere il posto di lavoro. Nel codice penale non è previsto il reato di mobbing anche se spesso esso si può inquadrare in altri illeciti come l’abuso di ufficio, l’abuso di potere, le molestie, eccetera, ossia atti che conducono al mobbing".

Secondo i calcoli un mobbizzato costa alla Società il 190% della sua R.A.L. (Retribuzione Annua Lorda): Jan Andersson, relatore della Commissione per l’occupazione e gli affari sociali del Parlamento Europeo, scrive: "Il mobbing sul posto di lavoro può comportare in generale costi sotto forma di diminuzione dell’efficienza e della produttività, di una maggiore frequenza delle assenze per malattia e della motivazione personale.

A ciò si possono aggiungere costi come, ad esempio, un peggioramento della qualità, dell’immagine dell’impresa e la perdita di clienti. A livello sociale il mobbing può comportare costi dovuti a cure mediche e psicologiche, all’assenza per malattia e al prepensionamento". In conclusione possiamo dire che, sia il mobbizzato un dipendente pubblico o un dipendente privato, tutti i costi si scaricano sui cittadini clienti-utenti sotto forma di maggiori tasse e poi spesso minori servizi sociali o sotto forma di aumenti per gli acquisti di prodotti.

La prevenzione

Il Parlamento Europeo al punto 12 della sua relazione finale del 2001 dichiara:

"Si raccomanda agli Stati membri di imporre alle imprese, ai pubblici poteri nonché alle parti sociali l’attuazione di politiche di prevenzione efficaci, l’introduzione di un sistema di scambio di esperienze, e l’individuazione di procedure atte a risolvere il problema per le vittime e ad evitare che esso si ripresenti; raccomanda, in tale contesto, la messa a punto di un’informazione e di una formazione dei lavoratori dipendenti, del personale d’inquadramento, delle parti sociali e dei medici del lavoro, sia nel settore privato che nel settore pubblico; ricorda a tale proposito la possibilità di nominare sul luogo una persona di fiducia alla quale i lavoratori possono eventualmente rivolgersi".

In realtà già abbiamo un ottimo strumento per la prevenzione:

Il Decreto legislativo n. 626, che prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro in tutti i settori di attività privati o pubblici, è stato adottato in tutti gli Stati membri dell’Unione europea. In altre parole in Europa tutti lo applicano meno che in Italia dove annualmente si verificano oltre un milione di incidenti sul lavoro con circa 30.000 invalidi permanenti e oltre 1.200 “omicidi”, chiamati "morti bianche". Dunque la prevenzione da noi è presa poco in considerazione, tuttavia sarebbe molto più efficace, a condizione di inserirla in un quadro più completo d’intervento che preveda, l’informazione sociale, seguita dalla formazione, da cui deriva la stessa prevenzione, che se non applicata fa scattare la repressione. Nessuno di noi si augura di vedere applicare la repressione in quanto a quel punto il danno è già stato fatto… 

Università degli studi di Padova Comitato per le pari opportunita Danni sociali: coinvolgimento di parenti ed amici con reali conseguenze negative quali conflitti, litigi, separazioni, doppio mobbing (H. Ege).

Costi per le aziende

I costi delle procedure irregolari nei confronti dei mobbizzati (sospensioni, trasferimenti e provvedimenti ingiusti); i costi legali per denunce o vertenze promosse dai mobbizzati contro l’azienda; i costi dovuti al calo della motivazione in azienda; gli eventuali costi di intralcio alla produttività da parte dei mobbizzati; i costi provocati dal mobber, il quale impiega parte del suo tempo lavorativo a molestare; i costi conseguenti alle dimissioni di elementi produttivi e competenti; costi conseguenti alla riassunzione di altro personale in sostituzione (selezione, formazione di base, ecc.). Benché alle aziende tutti questi costi sembrino piccolissimi o non calcolabili in maniera univoca, essi incidono sui conti di fine anno.

Le stime dei costi delle sole malattie connesse allo stress lavorativo in Europa arrivano a circa 750.000 euro l’anno per ogni lavoratore adulto.

Di solito le aziende che praticano il mobbing prevedono di riuscire a far pagare alla Società questi costi: sulla Sanità pubblica, sulle famiglie delle vittime ecc. In termini tecnici questa operazione di scaricamento dei costi viene definita “esternalizzazione”, ma non tutti i costi, ovviamente possono essere esternalizzati.

Costi per i contribuenti

Il fenomeno del mobbing è ritenuto molto preoccupante per le sue ricadute sui contribuenti: in Europa si spendono 500.000 euro circa per malattie correlate allo stress e un pre-pensionamento dovuto a mobbing arriva a costare in media 500.000 euro in più rispetto a un pensionamento in età normale. Il mobbing mette a repentaglio lo Stato sociale. Forse, facendo più attenzione ai costi sociali della violenza psicologica sul posto di lavoro, i conti pubblici negli ultimi anni sarebbero stati più in regola e i tagli al Welfare, operati in molti Paesi, sarebbero stati meno pesanti per tutti. All’inizio degli anni novanta la Svezia, riscontrando che il costo di previdenza e assistenza ai suoi cittadini stava aumentando in maniera eccessiva ha preferito attuare politiche di contrasto al mobbing, piuttosto che colpire lo Stato sociale.

Il mobbing rappresenta un problema serio per le casse dello Stato in quanto provoca malattie professionali, questo si traduce in un costo per la Sanità pubblica, che essendo appesantita diventa sempre meno efficiente e non soddisfa più la domanda sociale. Per venire incontro alla domanda bisogna aumentare ancora di più la spesa pubblica e quindi il carico fiscale per tutti (compreso un aumento del prelievo alle imprese e un aumento del costo del lavoro). Se invece si scegliesse di ricorrere alle strutture private di assistenza, questo farebbe aumentare il tasso di inflazione, infine vi sono le spese forti dei prepensionamenti.

Commenti all'articolo

  • Di Doriana Goracci (---.---.---.235) 4 ottobre 2010 16:39
    Doriana Goracci

    Mi piace lavorare...si mi era piaciuto il mio lavoro e un film che vidi in anteprima a Roma, al cinema Quattrofontane con la regista Francesca Comencini e gli attori, molti non professionisti. non erano comparse e neanche figuranti, il pubblico presente che applaudì e pose le sue domande. C’ero anche io, stavo dentro a un periodo di mobbing, dopo 30 anni di banca, trascorsi in borsa, come consulente finanziaria. Ho frequentato per un anno l’Asl di Ponte Milvio a Roma per il disagio lavorativo, mi sono sottoposta per 3 giornate al Policlinico di Roma Neuropsichiatria, con altri lavoratori e lavoratrici, provenienti da totalmente diverse tra loro realtà lavorative e anagrafiche. Una volta ancora, ho capito quanto sia importante, sapere e conoscere e trovare amicizia. Non feci causa, malgrado ne avessi il diritto e possibilità dopo anni di ottenere un riconoscimento economico. Conservo ancora l’invalidità civile, anche per questo passaggio, ottenuto dall’Asl della provincia in cui vivo adesso. Se non per due volte, anni fa, non ho avuto mai l’opportunità di usare psicofamaci. La cura migliore per me, fu usufruire, data l’età e il servizio, dell’esodo volontario dall’azienda. Non è opportunità possibile per il 95% di chi è colpito da mobbing e ne è consapevole. Già questo è una conquista, capire sapere...Hanno messo in conto tutto, Anche chi ricorre e vince, Stato compreso...amministrato da chi? E chi ha acconsentito, tutto questo? Gatta Mammona? E il lavoro è una domanda alla Pari con l’offerta? Io scrivo comunico denuncio, posso farlo da anni, perchè sono una garantita oggi pensionata, rimane tutto il resto ...non portate perfavore esempi europei, fanno male...a noi che siamo Unici a ricorrere solo alla Protezione della Chiesa. I conti li ho fatti e continuo a farli. Sempre a disposizione per condividere.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares