Herat vs Duisburg: l’inganno che sfida il banale.

Non è facile argomentare o polemizzare (pena una inevitabile ridda di equivoci e sentimenti politici di parte) quando si ha a che fare con una prematura quanto cruenta scomparsa di vite umane inconsapevoli degli eventi, come è successo ultimamente ai soldati italiani stanziati ad Herat e ai giovani spensierati del LoveParade a Duisburg.
Allo stesso tempo però non è facile nemmeno starsene zitti e non replicare, soprattutto dopo aver letto in merito un articolo del Tempo, e più in generale si nutre un certo fastidio nel dover assistere a tanta commozione mista a rabbia con cui generalmente si piange una morte “evitabile” in un rave, mentre pare che ci si debba per forza sentire in dovere di innalzare al cielo i nostri cuori nel ricordare chi è stato dilaniato nel pieno del proprio “dovere compiuto con spirito di abnegazione e amor di Patria” mentre disinnescava una mina anticarro.
Perchè la Love Parade è solo pura adrenalina e divertimento, e quindi morirvi ammazzato a quanto pare non è la stessa cosa.
Premesso che la morte merita rispetto a prescindere da come sia avvenuta e che una dipartita inaspettata può avvenire anche su di un pullman di devoti pellegrini che precipita in un burrone… ma nessuno storce il naso o si domanda il perché forse per non deludere le aspettative dell’Altissimo, va detto che il piacere e l’incoscienza di vivere attraverso l’euforia della musica e delle “alterazioni” dovute da alcool e droga è sì un grosso quanto inutile inganno soprattutto verso se stessi, ma resta da capire dove sia di casa invece tutta questa… lucidità e consapevolezza collettiva nel ritenere “missione di pace” dieci anni di vera e propria invasione armata (..e forse programmata da tempo) con il pretesto di snidare dei pericolosi terroristi ma con il vero intento di accaparrarsi le risorse del sottosuolo in Eurasia; come poco chiari sono anche i “risultati” di questo intervento se non la conta di più di 1.800 militari alleati caduti e soprattutto il dover assistere inermi alla continua mattanza di civili (si parla di oltre 85.000 vittime) tutti colpevoli evidentemente di essere apparentati o di simpatizzare per gli insorti classificati dagli Alleati come terroristi semplicemente perché si rifiutano con la forza di veder morire le proprie famiglie nei bombardamenti indiscriminati da parte della democrazia esportata dall’Occidente.
E in questi frangenti, dove la prima vittima è proprio la verità (dove non bastano le cifre, le evidenze di Wikileaks diventano inconfutabili) tutto il resto sembra assumere i contorni sfumati di una farsa tenuta in piedi dal depistaggio mediatico e dalla convinzione generale di “dover fare qualcosa” senza saperne il perché, a cinquemila chilometri da casa e dal nostro modo di essere e pensare, e per giunta con un mitra a tracolla.
Sarà, ma se è pur vero che il nichilismo dei giovani lungo le strade accompagnati dalla musica techno non ha niente a che vedere con i loro coetanei in divisa impegnati probabilmente in buona fede sul fronte di guerra, allo stesso tempo però la banalità stessa, per quanto disincantata e vittima di sciagure come Duisburg, non potrà mai essere peggiore dell’inganno premeditato e persistente della vicenda afghana dal 2001 ad oggi, una delle più grandi menzogne di questo inizio di Terzo Millennio.
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