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Happy Birthday Internet: si può

Happy Birthday Web non è stata una celebrazione, ma un'occasione. Un'occasione per capire che si può.

L'ospite d'onore è stato naturalmente Tim Barners-Lee, che ha raccontato lo straordinario viaggio che ha portato la sua mente ad elaborare il Web (dal Cern alla programmazione dell'“ipertestuale”), facendo girare il primo browser su un Next. Nel 1991 mette online il primo sito. Per poi regalare al mondo la sua invenzione. I traguardi e gli esempi dei quali parla Barners-Lee vanno oltre l'aneddoto, rappresentando la giusta cornice entro la quale inquadrare il senso degli interventi precedenti e successivi; Barners Lee ha praticamente detto “ragazzi, si può”. Con la Rete si può.

Si può la scuola online di Marco De Rossi, si può perché c'è chi è riuscito a creare valore in Rete da pioniere come Stefano Quintarelli; si può regalare all'umanità la più grande piattaforma di circolazione dei contenuti che essa abbia mai avuto senza che si facciano danni a chicchessia (e chi si sente danneggiato è perché ancora non ha compreso lo strumento).

Si può decentralizzare l'intelligenza e farne un valore, permettendo a chiunque di contribuire allo sviluppo ed arricchimento dei progetti (che siano software o un piano di valorizzazione urbana in condivisione in un paese, in una nuova fase di crescita della società tutta alla quale partecipa e contribuisce tutta la società). Perseguendo e difendendo la neutralità della Rete e la libertà per ogni utente di apportare il suo arricchimento al sistema.

Si può perché la Rete può migliorare la qualità della politica: la liberazione dei dati rende trasparente il potere e lo avvicina al al cittadino (nuovi strumenti di contatto tra potere e cittadino, che beneficia dell'egovernment e rende possibile il we-gov, contribuendo al wikigovernment e alla wikicrazia). Un progetto su tutti: Wikitalia (che non a caso si presenta con un wikimanifesto modificabile in Rete).

Si può partendo dallo studio del Digital Advisory Group che dimostra quanto può essere proficuo per il rilancio della nostra economia l'investimento nel digitale. E poi Marco Patuano parla del circolo virtuoso che si innescherebbe digitalizzando il vero tessuto della nostra economia, le PMI, e dotandole di banda necessaria, senza contare tutta la sfera del mobile del quale abbiamo solo “aperto appena la porta”.

Si può perché c'è gente in grado di lavorarci sopra seriamente, ci sono passi concreti realizzabili all'interno di un programma di medio e lungo periodo.

Si può perché è “vero più che mai che i mercati sono conversazioni”. Perché il salto di qualità imposto dalle nuove tecnologie all'editoria è ad un punto di non ritorno. E' chiaro il cambio di paradigma (sono ancora necessari finanziamenti a “giornali tradizionali spesso sconosciuti?”). Ed in questo senso l'esperienza de Il Post e di Luca Sofri, ma anche di un gruppo editoriale innovativo come la Garamond.

Per far sì che questo piano decolli queste spinte hanno bisogno di trovare, finalmente, una sponda al top; la speranza è dunque che il governo che si sta costruendo in queste ore sia disponibile a raccogliere l'appello che è partito dall'Internet Governance Forum di Trento e che sarà recapitato a Mario Monti in forma di lettera da Stefano Rodotà (che a Roma ci parla di quanto l'uomo e il cittadino si congiungano in una nuova sfera di diritti, di come dobbiamo unire l'innovazione e l'esistente in diritti ed eguaglianza, di come dobbiamo sfruttare insieme modalità tecnologicamente avanzate ed eguaglianza, del fatto che i diritti non possono essere bloccati, perché “la conoscenza in Rete è un bene comune globale” e non dobbiamo essere “né controllati né consumati in Rete”, e che l'idea che ogni norma sia un'intromissione illecita nel libero sviluppo della Rete è sbagliata, portando come esempio la sua proposta di Articolo 21-bis che punta a tutelare e non restringere i diritti):

“Gentile Professore,

Non abbiamo bisogno di ricordarle l’importanza di Internet, spazio di libertà globale, strumento di organizzazione politica e sociale, sostegno indispensabile dell’economia. Lo “spread digitale” dell’Italia nei confronti dei principali paesi del mondo ha ormai raggiunto livelli insostenibili anche per la tenuta economica nazionale. Ancora più preoccupante, anche in queste ore di straordinaria apprensione per la situazione finanziaria del Paese, è il persistere di una condizione di inconsapevolezza politica e di inazione governativa nell’affrontare tale ritardo che pregiudica gravemente le nostre possibilità di crescita e di sviluppo. In particolare, l’incapacità di affrontare i problemi legati alla diffusione della banda larga è indegna di un paese che voglia restare in Europa.

Non si può aspettare il superamento della crisi economica per investire nel digitale, perché, come sancito dalla Commissione Europea nella Strategia 2020, lo sviluppo dell’economia digitale è una delle condizioni imprescindibili per il superamento stesso della crisi.

Nonostante i ritardi, l’economia digitale rappresenta già il 2% del PIL dell’economia nazionale e, negli ultimi 15 anni, ha creato oltre 700.000 posti di lavoro. Internet non può essere più ignorata. Il Paese non può continuare a rimanere politicamente emarginato rispetto a questi temi. Sono state abbandonate le iniziative che, grazie anche a documenti sottoscritti con altri stati, avevano fatto del nostro Paese un indiscusso protagonista dell’iniziativa per un Internet Bill of Rights nel quadro degli Internet Governance Forum promossi dalle Nazioni Unite. A fronte di questo ruolo, negli ultimi anni l’Italia è stata mortificata dall’inazione e da ripetuti tentativi di limitare la libertà in rete e lo sviluppo dell’economia digitale.

L’Internet Governance Forum Italia 2011 si rivolge a Lei affinché un nuovo governo si impegni concretamente, anche attraverso la nomina di un ministro se necessario, per la piena implementazione di un’agenda digitale in conformità con quanto stabilito dall’Europa. Richiamiamo in particolare l’attenzione sull’accesso ad Internet come diritto fondamentale della persona, come già riconosciuto da costituzioni, leggi nazionali e risoluzioni del Parlamento Europeo e del Consiglio d’Europa; sul riconoscimento in via di principio della conoscenza come bene comune globale; sulla garanzia della neutralità della rete in relazione ai flussi di dati; sulla definizione di uno statuto del lavoro in rete”.

E viene da essere ottimisti quando si sente uno come Nicola Zingaretti parlare del suo “Provincia WiFi”.

E poi gli esempi di lotta, di blogger che dall'Egitto alla Palestina partecipano allo sviluppo dello strumento con l'entusiasmo di chi sente di poter realizzare qualcosa di grandioso (quando un ragazzo della tua età ti mostra un video fatto col suo cellulare dicendoti “qui ci sparavano addosso” non puoi pensare di tirarti indietro, perché lui ha combattuto contro un regime e tu devi combattere contro un paese addormentato. Ti devi fare un mazzo così ma non rischi certo la vita).

C'è poco altro da aggiungere. Solo mettersi al lavoro.

p.s.: grazie Tim e grazie e tutte quelle persone che come te hanno contribuito a regalarci tutto questo. E grazie a Riccardo Luna, stakanovista evangelist dell'innovazione digitale (perché “Internet è un'autentica arma di costruzione di massa”).

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