Guerra in Yemen, quando uccidere i bambini diventa una "operazione legittima"
Quella che si sta consumando nello Yemen da circa tre anni è a tutti gli effetti una carneficina. Ma nessuno ne parla. Una guerra civile 2.0 che è rapidamente diventata, come quella siriana, una lotta tra super-potenze regionali. Lo statunitense Samuel Huntington nel 1993, nel suo complesso e controverso saggio "Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale" aveva definito questo tipo di conflitti come guerre per "procura" (proxy war), necessarie, a detta del politologo, alle grandi civiltà per affermare il proprio dominio negli stati in cui vivono popolazioni dagli usi e costumi religiosi "affini".
E' forse questo il caso del conflitto yemenita e di quello siriano, nei quali, al di là delle ragioni profondamente economiche e geopolitiche, le potenze coinvolte ammantano di religiosità e santità guerre decisamente sporche e particolarmente truculente per il coinvolgimento massiccio dei civili. Nello Yemen il seme del conflitto maturava da anni, tanti quanti quelli che hanno visto convivere più o meno pacificamente la maggioranza sunnita (al potere) e la minoranza sciita (gli houthi) ribellatasi contro un potere corrotto e opprimente. Ed ecco spuntare gli attori internazionali: Arabia Saudita a difesa del legittimo governo Yemenita (sunnita), Eritrea ed Iran in sostegno dei ribelli sciiti.
Il risultato è sotto gli occhi, distratti, anzi distrattissimi, della comunità internazionale. Quasi settemila morti, 2,5 milioni di sfollati, abusi di ogni tipo, crimini di guerra. Ospedali, scuole, fabbriche e campi profughi bombardati. Oltre 1.000 bambini uccisi nei raid fino a quello dello scorso giovedì 9 agosto, nel quale, in rappresaglia ad un missile lanciato su una città saudita, la "coalizione" governativa (di cui fanno parte, oltre l'Arabia Saudita, campioni della democrazia come Giordania, Egitto, Marocco e Sudan) ha sferrato un attacco micidiale in una città controllata dai ribelli, centrando uno scuola bus e sterminandone gli innocenti e inermi occupanti. Si parla di circa trenta bambini uccisi. Stephen O’Brien, vice segretario per gli affari umanitari delle Nazioni Unite ha definito la guerra nello Yemen come «Una catastrofe umanitaria senza precedenti». Anche importanti intellettuali italiani, come Andrea Riccardi, hanno tentato di destare l'attenzione dell'opinione pubblica denunciando l'emergenza umanitaria incredibile che si sta vivendo nel Paese asiatico (si parla dell'80% degli yemeniti senza acqua, cibo e cure mediche).
Tuttavia i riflettori restano spenti, forse perché le immagini non giungono abbastanza raccapriccianti da distoglierci per un attimo dalla nostra geopolitica provinciale. O forse perché a quelle immagini il conflitto siriano ha già assuefatto noi occidentali abbondantemente. Restano poi i forti sentimenti di impotenza e i crescenti sensi di colpa. Speriamo che di fronte a chi uccide i bambini e lo ritiene un'attacco legittimo possano crescere anche il senso di indignazione e un'adeguata mobilitazione, morale e civile. Restiamo umani.
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