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Guatemala, la storia raccontata dalle ossa

 

Fredy Peccerelli (nella foto) è il direttore della Fondazione per l’antropologia forense del Guatemala (Fafg), un’organizzazione non governativa che ha contribuito a far nascere nel 1997.

Il suo è uno dei pochi laboratori dell’America Latina che è stato autorizzato acondurre studi genetici per identificare i resti delle vittime delle sparizioni e dei massacri dei 36 anni di conflitto armato interno che, dal 1960 al 1996, sconvolsero il Guatemala.

La storia di Fredy Peccerelli, raccontata in un bel libro sul contributo della scienza ai diritti umani, è particolare quanto il suo lavoro. Quando aveva nove anni, la sua famiglia si rifugiò a New York; era il 1980, l’anno in cui suo padre gareggiava nel sollevamento pesi alle Olimpiadi di Mosca.

Dopo un’adolescenza senza molti ricordi né particolare interesse per il suo paese, all’università incontrò due antropologi, Karen Ramset Burns e Clyde Snow, che gli proposero di far parte di un team di antropologi forensi, un progetto innovativo per indagare sulle violazioni dei diritti umani in Guatemala, soprattutto sulla sorte degli scomparsi.

Il suo primo impatto col dolore e l’orrore fu nel 1995, nel villaggio di Cuarto Pueblo, nel dipartimento di Ixcán, ai confini col Messico. Lui e i suoi colleghi scavarono per giorni, fino a quando non trovarono i resti di 424 persone. “Incontrare le 50 famiglie di quel villaggio, ascoltare cosa avevano visto e capire cosa fosse diventata la loro vita di superstiti a un massacro, fu straziante” – ricorda.

Dal 1997, la Fafg ha esumato 1450 tombe e fosse comuni, ha scoperto i resti di 6500 vittime e ha testimoniato in alcuni processi.

“Le ossa raccontano una storia”, dice Peccerelli.

I suoi collaboratori seguono un protocollo ben preciso. Le famiglie che si mettono in contatto con loro sono invitate a fornire tutte le informazioni necessarie a ricostruire un profilo biologico (sesso, età, peso, particolari caratteristiche fisiche) e gli ultimi momenti in cui il loro congiunto è stato visto in vita (in quale luogo, in compagnia di chi). Questi dati sono conservati in un database.

Nel laboratorio, intanto, si eseguono le analisi sui resti dissotterrati da tombe singole e anonime così come dalle fosse comuni. Analisi che riguardano ogni singolo osso, i traumi e le fratture che presenta, gli eventuali segni di armi da fuoco o da taglio. I campioni genetici prelevati dai resti vengono a loro volta classificati e archiviati. Quando l’interrogazione dei due database fornisce un risultato univoco, giunge il momento di informare i parenti.

Dal punto di vista umano, ogni volta che a seguito dell’identificazione si riesce a riconsegnare alle famiglie ciò che resta dei loro cari, è una vittoria dal sapore amaro:

“È impossibile raccontare cosa succede quando lo dici a una famiglia. L’altro giorno ero dalla moglie di un attivista, di cui avevamo ritrovato i resti mesi fa. Da allora è un’altra persona, sembra più giovane, non ha più le rughe sotto gli occhi. Recuperare il corpo di suo marito è stato come riunificare la famiglia”.

Dal punto di vista giudiziario, invece, tre soli processi giunti fino alla fine possono sembrare un risultato minimo. Ma la circostanza che persino l’attuale presidente del Guatemala possa essere messo sotto accusa per aver fatto parte dei Kaibiles, un’unità speciale dell’esercito nazionale dedita ai lavori sporchi della controguerriglia, ha un valore storico.

Per il suo lavoro e la sua testimonianza, Fredy Peccerelli ha pagato un prezzo. L’8 agosto 2011, poco dopo la fine di un processo terminato con pesanti condanne contro quattro soldati, è stato minacciato di morte.

Da allora, è sorvegliato da quattro uomini armati: due lo scortano nei trasferimenti, gli altri vigilano costantemente sulla moglie e sui due figli.

“Per come la vedo io, queste minacce sono un segnale di successo. Le persone che ci minacciano sentono che la giustizia li sta per raggiungere e cercano in tutti i modi di fermare i procedimenti giudiziari. Ma non è colpendo me o la Fondazione che ci riusciranno… Non sono un salvatore, sono uno che vuole raccontare la storia e le crudeltà commesse contro questo popolo attraverso la scienza, i resti umani, i proiettili, le prove” – dice Fredy Peccerelli.

Nel suo laboratorio, le ossa parlano veramente e raccontano la storia recente del Guatemala.

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