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 Home page > Tribuna Libera > Grecia: le dimissioni di Tsipras e la fine di Syriza

Grecia: le dimissioni di Tsipras e la fine di Syriza

Le dimissioni di Alexis Sipras sarebbero non solo dovute per un elementare principio di coerenza, ma auspicabili sia per il bene della Grecia che per l'Europa.

Capisco che dire cose fuori dal coro può essere un esercizio impopolare ma certamente contribuisce a ristabilire un pò di verità, superando la retorica buonista di certa sinistra che vede nella Grecia la vittima sacrificale del potere economico della oligarchia finanziaria che in questo momento si identifica con la Germania.

O meglio con il suo ministro delle finanze Wolfgang Shauble ritenuto un intransigente e cinico affamatore di poveri. In questi giorni sta circolando la notizia che questo anziano e rigido uomo politico dalle molte vite sia addivenuto ad un forte diverbio e quasi ad uno scontro fisico, malgrado la sua evidente menomazione, con il presidente della BCE Mario Draghi. E' ritenuto nell'immaginario collettivo il lupo cattivo che ha azzannato al collo l'agnello Tsipras e gli ha imposto un secco "o accettare tutto senza opzioni o andare fuori dall'euro e probabilmente dalla stessa Ue".

Questa schematizzazione non solo non risponde alla verità ma è anche l'indicatore di un vecchio vizio della sinistra, soprattutto quella di casa nostra, che non riesce mai a distinguere le cause dagli effetti, eternamente imprigionata nei vecchi schemi ideologici che non riesce a superare. Sentire Vendola, Fassina, D'Attorre o Cuperlo, per non parlare di Bersani, che del PD incarnava l'anima di sinistra, ripetere la solfa che è stato perpretato un delitto di lesa democrazia e bieco autoritarismo nei confronti della Grecia a cui è stato tolto il principio della autodeterminazione, non solo costituisce un falso ideologico ma spiega anche perché in questo paese la sinistra non sarà mai maggioritaria.

La Grecia ha diritto, come qualsiasi altro paese, alla propria piena autodeterminazione, ovvero alle scelte di politica economico finanziaria, fino a quando la sua sopravvivenza è autonomamente garantita. Se per garantire la liquidità delle proprie banche, gli stipendi, le pensioni e i servizi sociali deve ricorrere ai fondi erogati da altri paesi, siano organizzati o meno in strutture sovranazionali, ovvero deve ricorrere ai prestiti di altri cittadini europei o quant'altro, è sottinteso che sia doveroso cedere parte sostanziale della propria sovranità. Poco o tanto secondo l'entità della fiducia che è richiesta ad altri popoli. Il concetto stesso di Unione europea si fonda su questa elementare constatazione, anche se al momento sembra più un agglomerato di egoismi nazionali.

Tsipras ha illuso i greci che si potesse prescindere dal rispetto di chi ti presta soldi confidando sulla tua lealtà di contraente, mettendo in piedi un referendum a dir poco grottesco e attribuendogli il valore di una scelta democratica che andava oltre gli impegni (non onorati ) nei confronti dei creditori. Ha cioè giocato una partita politica partendo dal presupposto che il valore intrinseco dello strumento democratico fosse di rango superiore ai diritti di chi presta soldi, senza considerare che anche i creditori sono parte di strutture democratiche.

Lo ha fatto con atteggiamento pressapochista, becero e vagamente ricattatorio del suo ex ministro Varoufakis, che adesso del suo ex primo ministro dice peste e corna, fino a quando non ha dovuto arrendersi di fronte ad un muro di rigore che anche il primo sprovveduto della strada avrebbe dovuto immaginarsi. Il rapporto tra chi presta soldi e chi li prende è un rapporto che universalmente si fonda sulla fiducia, da non confondersi ovviamente con il solidarismo che è altra cosa.

Se il debitore viene meno ad un obbligo di rispetto del creditore, viene meno la fiducia scatta l'intransigenza e quindi un giro di vite sulle condizioni imposte. Questo in sostanza ha fatto il populista sinistroide Tsipras e in queste ore deve digerire una medicina molto amara. Molto teatralmente al banco degli accordi Tsipras si è tolto la giacca e ha detto "prendetevi pure questa ".

Indubbiamente è una medicina che, se accettata integralmente, forse darà qualche anno di respiro alla Grecia ma non è detto che poi sia risolutiva. Si parla di un fondo di oltre 80 miliardi di euro in cambio di privatizzazioni, abbassamento delle pensioni, allegerimento della macchina statale, aumento delle imposte estese anche a chi finora non le pagava, lotta alla evasione fiscale ecc. Insomma un pacchetto di impegni che mette la Grecia sotto totale tutela della famigerata Troika al punto che è perfino richiesto il "sequestro cautelativo" di beni pubblici per circa 50 miliardi di euro. Una condizione certamente umiliante ma che si spiega con la gravità della situazione greca che i sei mesi di demagogia di Tsipras hanno fortemente aggravato.

Detta in soldoni: se domani la Grecia accetta le condizioni imposte sarà un paese sotto completa tutela europea, con margini di autonomia risicati.

Quindi fine di Syriza come fabbrica dei sogni e fine della democrazia in Grecia. Una sorta di terribile beffa se si pensa che i greci sono ritenuti i padri fondatori della democrazia.

E allora perché almeno non affermare un principio che dovrebbe sempre onorare gli atti individuali e collettivi, soprattutto in politica, ovvero il principio di "coerenza": uscendo dalla zona euro e perfino dalla Ue. Una uscita con le tasche bucate ma che ridarebbe ai greci l'orgoglio di ripartire a testa alta.

Chi è sicuro che non sarebbe la scelta migliore per la Grecia e anche per l'Europa?

 

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