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Governo, nucleare e il benessere degli italiani

Devono proprio esserci dei morti accertati per obbligare il governo italiano a retrocedere dall'infausta decisione di costruire nuove centrali nucleari?

Una domanda lecita, dato che di fronte alle continue e negative notizie dal Giappone sulla possibilissima catastrofe nucleare, il governo continua a temporeggiare, a fare si passettini da passerotto indietro senza però decidersi - anzi, continua a ritenere il nucleare decisivo per lo sviluppo - a dichiarare la pericolosità delle centrali di qualsiasi classe siano.

È quanto emerge dalle dichiarazioni del ministro Romani che, pur ammettendo che "oggi non possiamo non dire che siamo preoccupati" premette però che "anche se la scelta del paese (il referendum del 1987) avvenne sull'onda dell'emozione per Chernobyl (incidente alla centrale nucleare)".

Dunque, secondo il ministro, chi è contrario al nucleare è affetto da "emozionismo cronico" pertanto non in grado di valutare i rischi (nonché i costi) che una centrale nucleare comporta.

Poco importa se l'esperienza c'insegna che ogni incidente provoca, se non morti immediate, malattie e nascite di persone con difetti che le segneranno per tutta la vita. Che le radiazioni, come avvenne a Chernobyl e sta avvenendo in Giappone, non conoscono confini e, pertanto, il loro effetto si estende anche a migliaia di km dal luogo del disastro. Che i costi per riparare agli incidenti sono reali e altissimi.

Quello che deve capire il ministro, e il governo, non è tanto la sicurezza o no (che comunque una sicurezza al 100% non può esistere) ma l'impatto sulla vita del pianeta, non solo quella umana, e sull'ambiente che ha l'incidente. E queste sono cose risapute, anche a minimizzarle non si possono negare.

Parlare di emotività è completamente fuori luogo. Sono i fatti che, da soli, fanno dire che il nucleare è un pericolo. Se veramente al governo sta a cuore la salute e il benessere dei cittadini, dovrebbe spingere affinché l'industria italiana si orienti verso la produzione di impianti per le energie rinnovabili che, al di la dei costi di produzione e dell'energia prodotta, alla fine risulterà meno costosa dato che, ai costi del nucleare vanno aggiunti anche quelli per rimediare agli incidenti.

Per concludere, l'indecisione del governo ci porterà a rimanere sempre marginali in fatto di energia. Basti pensare che dal 1987 (data del referendum) ad oggi, se si fosse operato per potenziare le rinnovabili pulite non saremmo, o lo saremmo molto meno, dipendenti dall'energia fossile che, come si sa, ha costi elevatissimi.

Commenti all'articolo

  • Di Renzo Riva (---.---.---.22) 20 marzo 2011 17:27
    Renzo Riva

    Francesco ha scritto alla sezione lavoro del suo sito che ho visto velocemente: Come si può leggere nei punti, è evidente il tentativo di instaurare un sistema di dipendenza del lavoro, e degli operai, dalle necessità dell’economia.

    Sei rimasto ancora con la testa al salario variabile indipendente.

    Agoravox ha pubblicato un mio scritto:

    http://www.agoravox.it/Senza-il-nuc...

    dove scrivo: Attenzione! Quella che oggi riconosciamo come democrazia nel campo occidentale potrebbe diventare un ricordo, a fronte dei problemi sociali che, inevitabilmente, una carenza negli approvvigionamenti energetici trascinerà ovvero una preoccupante disoccupazione per non parlare poi dell’approvvigionamento alimentare.

    Senza energia si mangerà poco e male e si vivrà ancora peggio.

    Poi se Francesco vuole, da adulto, creda pure a Babbo Natale che gli porterà la tredicesima.

    Dicono che la green economy ha creato 120.000 nuovi posti però, dico io, pari a quello dei forestali di Calabria e Sicilia: posti di stipendio e non di lavoro; pagati da tutti i Pantalone contribuenti del fisco italiano.

    Ci vuole una bella dose di comunismo ma di quello povero e non quello ricco che aveva assicurato per 40 anni la DC grazie alla geopolitica dei blocchi.

  • Di francesco (---.---.---.14) 20 marzo 2011 18:55
    francesco

    Si lo credo anchio che la democrazia rischia di diventare un ricordo, questo però a fronte di scelte sbagliate in campo energetico che ci porterà a diventare sempre più dipendenti (come ho scritto anche sopra), così come credo che senza energia si "mangia poco e male".
    Non si tratta di tornare indietro ma di sviluppare (e l’Italia ha avuto trent’anni di tempo per prepararsi) fonti energetiche alternative, cosa che altri hanno fatto e continuano a fare, mentre l’Italia sta ponendo dei freni.
    Se poi vogliamo costruire centrali nucleari che comportano costi che, comunque, sono addebitati anchessi alla popolazione, e che creano meno lavoro e meno industria (considera che le centrali che verranno costruite sono francesi) rispetto alla green economy, e che produrrà, a fine programma, il 15% del fabbisogno, beh, non credo che miglioreremo la nostra situazione energetica.
    La green economy, se sviluppata, porterà industria (ricerca, impianti e messa in opera degli stessi) e che coinvolgerà ogni settore economico dall’industria all’agricoltura a servizi e all’edilizia. Se a te questo sembra poco a me no.
    NB: non ho capito la prima parte del commento.

  • Di Renzo Riva (---.---.---.88) 21 marzo 2011 01:57
    Renzo Riva

    Francesco,
    Un Paese dove invece di farsi concorrenza per aumentare la ricchezza tutti remano contro tutti è destinato a fare la fine dei polli di manzoniana memoria.

    Sulla Libia ho scritto su facebook al riguardo del seguente link
    http://www.ilmessaggero.it/articolo_app.php?id=37220&sez=HOME_NELMONDO
    Il loro mandato...
    ...è come quello di Sir Francis Drake: portare alla regina, ieri l’ORO GIALLO, oggi l’ORO NERO.
    La Greate Britain oggi soffre per la mancanza dei cespiti d’origine finanziaria, intermediazione mobiliare e assicurazioni, che assicuravano il 20% del suo PIL.

    E noi immersi in discussioni senza senso: nucleare si, nucleare no!

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