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Goro, 1958. Quando i profughi erano loro

12 novembre 1958. «Già da diversi giorni la preoccupazione era tanta, massima l’allerta, il forte vento di scirocco stava mettendo a dura prova gli argini a mare, si pregava che il vento di scirocco diminuisse la sua furia, invece il 12 novembre del 1958 all’una e venti circa l’argine della marina davanti a Ca’ Romanina cedette invadendo il Bonello appena bonificato, la speranza era che l’argine di protezione tra il Bonello e l’abitato di Goro facesse da scudo, e in parte lo fece, ma alle prime luci dell’alba l’acqua incominciò ad invadere il paese...».

Così scriveva qualche anno fa il quotidiano La Nuova Ferrara ricordando l'alluvione della città di Goro. Oltre 2000 persone diventarono profughi nel giro di poche ore. Gente che aveva bisogno di aiuto, di sostegno, di accoglienza. E che la trovarono. Profughi che avevano bisogno di bus che li portassero nei centri di accoglienza allestiti nei paesi vicini, Codigoro, Tresigallo... senza che ci fossero barricate a impedire loro il passo.

C'è poco da aggiungere. Una comunità che 58 anni fa ha avuto bisogno di aiuto, trovandolo, ieri è entrata nella cronaca per la più ottusa chiusura - con tanto di barricate in mezzo alla strada - proprio verso chi oggi ha più bisogno di sostegno: una ventina fra donne e bambini in fuga da fame e disperazione proprio come loro, gli abitanti di Goro, fuggivano dall'acqua e dalla distruzione di quella pianura sfibrata e vuota.

Poi, si sa, vengono anche le parole di quelli che cercano di comprendere le ragioni di tanta chiusura: la povertà, l'isolamento, la mancanza di prospettive, l'arroganza dei prefetti, la crisi, la paura del diverso...

Tutto vero, tutto comprensibile, ma, alla fine, spunta sempre "il politico leghista" - nella fattispecie il pluridenunciato Nicola Naomo Lodi, responsabile Immigrazione e Sicurezza della Lega Nord provinciale di Ferrara - che "aizza la folla" con il suo "metodo" spiccio, vantandosene sulla sua pagina facebook e facendo evaporare dalla mente della gente la memoria del passato insieme ad ogni capacità di solidarietà minimale: sei stanze vuote di un ostello vuoto dove dormire la notte.

Alla fine secondo la Nuova Ferrara, 4 mamme e i loro bimbi sono finite a Fiscaglia, 4 a Ferrara, 3 a Comacchio. Intanto un'intera comunità è stata infangata da un manipolo di "eroici combattenti" italioti, immortalati dalle immagini di Filippo Rubin (che qualcuno ha preso per il titolare dell'ostello di Gorino) per l'ANSA

Ma anche, purtroppo, un'intera comunità, governata da una lista civica appoggiata dal centrosinistra, che non ha mosso un dito per impedire questa infamia. Che lascerà il segno su tutti loro.

Senza parole (ma a Lampedusa intanto che cosa penseranno?).

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