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Gorizia e l’ideologia anti jugoslava,non è possibile alcun rapporto con Nova Gorica. Bye Bye capitale europea della cultura

Nova Gorica e Gorizia nel 2025 condivideranno insieme il progetto della capitale europea della cultura, che spetta di diritto ad una città slovena per l'edizione in questione oltre che ad una città tedesca.

 Si è affermato da un lato un fiume di strepitosa retorica da far invidia, per la sua bellezza ipnotizzante, ai colori del nostro amato Isonzo. Ma in tutto ciò non si può non riscontrare che a Gorizia continua ad affermarsi una narrazione storica pressoché unilaterale che risulta essere incompatibile con un progetto di visione "condivisa" della storia del passato e la storia, in queste terre, è uno spirito tutt'altro che marginale. Da un lato, in Friuli Venezia Giulia, si è celebrato dalle massime Istituzioni italiane e slovene la memoria dei quattro antifascisti sloveni, Ferdo Bidovec, Franjo Marušič, Zvonimir Miloš e Alojz Valenčič, che vennero condannati a morte in quello che è stato definito come il primo processo di Trieste, dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato Fascista. Dall'altro si è riconosciuto nello stesso modo valore condiviso alla foiba di Basovizza per ciò che essa simboleggia.
Ma a Gorizia una siffatta condizione di reciprocità è impensabile. Città che vive in modo quasi timoroso, timido, la memoria della sua storia partigiana, resistente, a partire dalla battaglia partigiana di Gorizia che si svolse tra nel settembre del 1943, a pochi giorni dall’armistizio dell’8 settembre, riconosciuta come la prima vera battaglia “partigiana”, organizzata dalla resistenza italiana nell’Italia settentrionale, con la Brigata proletaria partita da Selz di Ronchi, e dove partigiani italiani e sloveni diedero luogo ad un sodalizio che non ebbe eguali, ed esiste una targa, nota a pochi, collocata sul muro della stazione che così recita: “Ai caduti nella battaglia partigiana di Gorizia nel settembre del 1943”, però realizzata dall'ANPI e AVL. Mentre in modo tutt'altro che timido si continua a celebrare la memoria della Decima Mas, perché c'è chi a livello istituzionale condivide la narrazione che combatterono per l'italianità di Gorizia, quando in realtà come ben risaputo, combatterono insieme ai nazisti contro i partigiani, e se la Germania nazista avesse vinto la guerra l'Italia occupata sarebbe stata un feudo del nazismo, altro che Gorizia italianissima. 
In Italia ci si scandalizza più per una maglietta che inneggia la Decima Mas in un programma televisivo, che chi la rappresenti venga ricevuto con tutti gli onori in un Comune della Repubblica italiana, come accade da tempo a Gorizia. Una città dove esiste l'oblio, una sorta di omertà diffusa, sulle violenze subite da comunisti, antifascisti, dagli sloveni, anche nell'immediato dopoguerra e dove ora si inaugurerà un secondo lapidario con un centinaio di nomi che subirono le deportazioni in Jugoslavia e che riporterà questa dicitura: "Nel ricordo delle tante vite spezzate dalle deportazioni in Jugoslavia per mano di partigiani comunisti filo-Jugoslavia il loro sacrificio sia da invito a vivere in un clima di pacifica convivenza ad imperitura memoria”.
Si tratta forse del primo monumento che sorge in terra italiana dove si accusano senza mezzi termini i partigiani comunisti filojugoslavi di aver compiuto delle deportazioni. Un lapidario che verrà inaugurato alla presenza delle massime autorità. Non si vuole mettere in discussione il compiuto, le deportazioni in terra jugoslava, l'esodo, i colpi di coda nella seconda guerra mondiale che hanno seminato vendette, tragedie, drammi in ogni parte d'Europa, avvennero non solo nella Venezia Giulia, ma ovunque, dall'Unione Sovietica, alla Grecia, dalla Turchia, alla Bulgaria, dalla Jugoslavia, all'Italia, e la lista è lunga e ignorarle o banalizzarle queste vicende che per un lustro almeno dalla fine della seconda guerra mondiale hanno macchiato la società europea sarebbe un torto inaccettabile verso l'onestà storica, oltre che verso le vittime stesse. Ma una riflessione deve essere posta sull'ideologia che vi è alla base della narrazione unilaterale della storia sulle vicende del confine orientale che si afferma a Gorizia, profondamente avversa alla resistenza comunista, filo jugoslava, quella resistenza ed ideologia socialista che ha dato i natali a Nova Gorica e consentito alla Slovenia di salvaguardare la propria identità nazionale. Avversità che interessarono nel tempo anche preti come la storia ha insegnato.
 
Ad esempio la CIA in una sua informativa rendeva noto che le autorità italiane nell'area di Gorizia ed Udine ostacolarono l'attività dei preti sloveni. I preti sloveni in quell'area venivano definiti come la quinta colonna di Tito e venivano visti come un pericolo, cosa che fomentava nello stesso tempo una campagna politica antislovena. A conferma di ciò, si citava il caso del prefetto di Gorizia quando questo si oppose alla nomina di don Pavlin come parroco a Sant'Andrea. Ecco, tutto ciò non può lasciare indifferenti ed è auspicabile che Nova Gorica effettui un ripensamento sulla condivisione con Gorizia del titolo della capitale europea della cultura nel 2025. Perché se le basi sono queste, significa accettare la narrazione storica unilaterale imposta da Gorizia che compromette ogni condizione possibile di reciprocità, quella necessaria perché possa parlarsi di condivisione del progetto della capitale europea della cultura.

mb

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