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Google public data explorer e la banda larga in Europa

Cos’è il data driven journalism? E cosa dire del nuovo servizio di Google public data explorer? Lo vedremo parlando di banda larga in Europa...

Da qualche giorno in rete c'è un nuovo servizio di Google di cui si è parlato molto poco nella stampa e nella tv ma che, a mio parere, è una grossa novità ed una prima ma significativa esperienza in un campo della comunicazione e del giornalismo la cui importanza è destinata ad aumentare nel tempo.

Sto parlando di Google public data explorer.

Le più avvedute scuole di giornalismo parlano di data driven journalism.

C'è un sito olandese in inglese, tra molti altri, che parla di un convegno tenutosi ad Amsterdam il 24 Agosto del 2010 cui hanno partecipato tra gli altri speaker provenienti da "The New York Times (US), The Financial Times (UK), The Times (UK), The University of Amsterdam (Netherlands), The Open University (UK), The Open Knowledge Foundation (UK), Medienkombinat (Germany) Hacks/Hackers (US), OWNI (France) IBM (France), Ultra Knowledge (UK), KB Consulting (Germany)".

Sinteticamente si mette in evidenza che la rete ha fortemente accentuato un fenomeno già presente nel giornalismo d'inchiesta che possiamo definire "far parlare i dati".

Inferire dai dati, capire le tendenze implicite che sono nascoste nei dati è qualcosa che non si fa fatica a concretizzare.

Una cosa è formulare un'opinione, immaginare una tendenza, un'altra è renderla autorevole supportando il proprio ragionamento con dati, in qualche modo "inequivocabili".

Questo si è sempre saputo ma nella nostra epoca ma grazie alla rete "insiemi di dati sono diventati disponibili online, spesso gratuiti. C'è un intero arsenale di strumenti per scavare nei "grandi dati". Programmi Open Source permettono la navigazione, l'analisi di grandi quantità piuttosto rapidamente. Sono disponibili delle applicazioni online che ci aiutano a condividere e visualizzare questi dati".

Utilizzando queste informazioni è possibile costruire un nuovo tipo di articoli, più credibili, meno opinabili, più utili alla formazione corretta della pubblica opinione.

A chi volesse approfondire, consiglio delle presentazioni emerse dal convegno considerando, così, di aver chiarito di cosa si tratta.

Google public data explorer è un'ottimo strumento per entrare nel merito di questo modo di argomentare.

Google propone alcuni dataset (insiemi di dati) sui cui fare esperienza e poi offre a chiunque la possibilità di conferire propri dataset. 

Fare un'esperienza pratica vale almeno quanto cento teorie su qualsiasi cosa e osservando i dataset disponibili la diffusione della banda larga in Europa ha subito colpito la mia attenzione.

I miei 4 lettori sanno bene quanto io ritenga questa cosa decisiva per il nostro paese essendo dell'idea che un piano per la sua pratica realizzazione dovrebbe essere al primo posto per un rilancio dell'economia nel nostro paese.

Qualche tempo fa feci una proposta sull'utilizzo dei 700 Mh lasciati liberi dal passaggio al digitale terrestre convinto come sono che la tecnologia permette oggi cose incredibili, che potrebbero dinamizzare un paese moribondo e che non sono possibili soltanto per la pervicace prepotenza di chi è al potere e per la grande ignoranza di chi gli si oppone.

Dunque questo dataset di Google mi da l'occasione di tornare sul mio "cavallo di battaglia" perché il bel paese è davvero messo male in questa frontiera avanzata dell'innovazione nella comunicazione.

Diamo uno sguardo al grafico e riflettiamo insieme

Analizzando i dati che si riferiscono al gennaio 2010 si può notare che la diffusione media della banda larga in Europa è del 24,7% mentre l'Italia raggiunge soltanto il 20,5%. Non ci sono soltanto davanti a noi i paese scandinavi ed i grandi paesi Germania, Francia, Inghilterra e Spagna ma anche la Slovenia, l'Estonia, Cipro...

Insomma una tragedia.

Poi ci si domanda: ma come mai non cresce il prodotto lordo del paese?

In un mondo dove la rete è la nuova vera fabbrica noi la trascuriamo: come possiamo crescere?

Riuscirà la rete ad imporre questo punto all'attenzione della classe dirigente, almeno a quella che si oppone al magnate delle tv generaliste?

E' evidente che Berlusconi non ha alcun interesse a liberalizzare la comunicazione visto che i suoi atti vanno tutti nella direzione di controllare i principali canali ma gli altri?

Perché dormono?

Perché non capiscono che questa è la partita decisiva perché la società si risvegli e cambi?

Eppure chi va meglio di noi sta davanti a noi: i dati sono inequivocabili.

Questo è quello che veramente conta.

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.51) 21 febbraio 2011 11:25
    Damiano Mazzotti

    Dunque cari giovani giornalisti, o meglio aspiranti giornalisti, iniziate a studiare molto bene la matematica e la statistica...

    E le vecchie redazioni dei veri giornali (quelli degli editori puri o quasi purim non quelli prezzolati), dovranno assumere dei bravi informatici molto giovani...

  • Di Rocco Pellegrini (---.---.---.3) 21 febbraio 2011 12:50
    Rocco Pellegrini

    giusto, Damiano... proprio così.

  • Di Virginia Visani (---.---.---.113) 21 febbraio 2011 16:41
    Virginia Visani

    articolo interessantissimo. Bravo Rocco per avercene dato notizia.
    Mi chiedo: le nazioni più avanzate che dovrebbero utilizzare il Data..Journalism, fanno un’informazione più corretta? O forse nemmeno loro sono così attrezzate di giornalisti-tecnici?
    Caro Rocco: quanto a noi o si allevano informatori fin dalla nascita oppure non se ne fa nulla per un semplice motivo: la maggior parte degli operatori dell’informazione non conosce neppure l’inglese e sembra non aver neppure la voglia di impararlo.Figurati dunque se ha voglia di approfondire...

  • Di Rocco Pellegrini (---.---.---.3) 21 febbraio 2011 16:54
    Rocco Pellegrini

    Virginia, i tempi cambiano la mentalità e vedrai che, benché adesso queste parole appaiano originali, molto presto invaderanno le pagine dei giornali proprio come è stato, ad esempio, per Twitter, che oggi è un luogo comune ma nel 2007 era uno strumento di comunicazione molto elitario. Il data driven journalism, come dimostra la lista degli interventi che riporto, è oggetto di studi e di sperimentazione in tutti i più importanti gruppi editoriali della galassia americano-inglese: sono stati assunti fior di hacker per costruire dei primi modelli concreti e fare dei passi avanti. Ci sono anche dei progetti Open Source che mettono a disposizione di chiunque l’armamentario di lavoro essenziale... Insomma è un frutto della rete applicato al mestiere del giornalista e si nutre del paradigma giornalista-programmatore. 

    Io lo seguo da tempo ma, ora, ho intensificato la ricerca perché voglio entrarci dentro concretamente in quanto mi convince molto l’idea di ragionar sui dati piuttosto che sulle opinioni come succede qui. Stiamo anche cercando con Mezza di fare qualcosa per l’università di Perugia ma vedo che li la propensione all’innovazione è davvero scarsa...
  • Di Rocco Pellegrini (---.---.---.3) 21 febbraio 2011 17:19
    Rocco Pellegrini

    per esempio guarda questo link del Guardian in Inghilterra...


  • Di katrina (---.---.---.98) 21 febbraio 2011 19:11
    katrina

    Rocco, l’ opposizione è in ritardo su molti temi, non solo questo. No, non riesce proprio ad intercettarlo, il treno della tecnologia, del resto fatica già a darsi una parvenza di identità, altro che banda larga...inoltre ha i poteri che ha cioè zero, e il parlamento è occupato con riforme della giustizia e simili... siamo sempre lì...è il governo, qualunque governo sensato che dovrebbe avere a cuore il progresso della nazione e cercare di trainarla davvero in Europa con gli altri.
    Mi chiedo anche se gli Italiani, dopo questo ventennio, sarebbero pronti a recepire un’ informazione "plain" scevra da squilli di tromba e quant’ altro.
    Su Twitter: sto cominciando a vedere degli abusi, belle intelligenze speculative che gli si perdono dentro. Ho paura che alla lunga fiacchi l’ iniziativa e ottunda la volontà.

  • Di Virginia Visani (---.---.---.166) 23 febbraio 2011 16:52
    Virginia Visani

    Rocco,
    Ho cliccato sul link del Guardian: interessantissimo. Due osservazioni: quanto tempo ci vorrà ancora perchè i Media nostrani adottino l’abitudine di informare dati-alla-mano o addirittura traggano spunto dai dati per fare delle inchieste?
    Ho imparato ad appassionarmi al web quando ancora in Italia non si sapeva nemmeno che cosa fosse ( era il 1996 ed ho partecipato ad un seminario tenuto da un’università americana dal titolo:Journalism in the era of Information Technology). Qui a Milano soltanto le grandi aziende potevano collegarsi al web,per es.il Corsera dava a pochi giornalisti che conoscessero la materia la possibilità di collegarsi ad Internet. Ci sono voluti 5 anni perchè fosse possibile per tutti la connessione e la navigazione. Ed ancora l’anno scorso la Rete era vista dalla carta stampata come non attendibile affatto.
    Ora, per quanto il web si velocizzi nel tempo, quanto ci vorrà per cambiare le mentalità dei giornalisti e cioè partire dai dati anzichè dalle opinioni?

    • Di Rocco Pellegrini (---.---.---.3) 23 febbraio 2011 17:09
      Rocco Pellegrini

      anch’io, Virginia, mi sono posto questa domanda e benché non sia un indovino mi sono fatto un’idea e te la dico...

      Da noi le cose vanno davvero male. Si litiga, ci si confronta militarmente convinti che referenziare quel che si dice non abbia senso proprio ma che basti usare retorica da quattro soldi per sostenere qualsiasi argomento: valga per tutto la comunicazione politica. 
      La gente si sta stufando anzi si è stufata.
      I primi che inizieranno ad avere un linguaggio referenziato, data driven, colpiranno la pubblica opinione e riusciranno ad avere influenza.
      Proprio quando la notte è nera nera vuol dire che l’alba si avvicina.

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