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Gli operai di Fiat e Fincantieri in piazza a Roma

Il piano Fabbrica Italia resta ancora “sconosciuto” mentre sembrano scomparsi, via via che ci si avvicina al 2014, tutti gli impegni che Fiat aveva garantito per gli stabilimenti italiani: gli investimenti reali non superano il 10% del totale, poco più di 1,2 miliardi sui 20 annunciati, mentre la produzione di molti dei modelli con cui arrivare a 1,4 milioni di auto nel 2014 è “slittata, ha cambiato destinazione o è scomparsa”.

Parte da qui la denuncia della Fiom che su questo chiamerà ad 8 ore di sciopero, venerdì prossimo 21 ottobre, tutti i lavoratori del gruppo Fiat che, assieme a quelli di Fincantieri, scenderanno in piazza a Roma. “Serve una politica industriale senza la quale c'è il rischio che Fiat vada via o che riduca il suo peso in Italia oltre alla possibilità che non applichi il contratto nazionale non per un maggior impegno ma solo per un maggiore disimpegno”, ammonisce il leader delle tute blu della Cgil Maurizio Landini presentando la manifestazione in programma a Roma. “C'è un attacco ai diritti peggiore di quello degli anni '50”, aggiunge annunciando come sul tema il sindacato si appresti a chiedere al Parlamento un'audizione ad hoc. E il disimpegno Fiat è, per la Fiom, chiaro conti alla mano: lo stabilimento di Mirafiori ha lavorato solo 35 giorni su 205 dal 1 gennaio al 30 settembre scorso mentre Cassino, per la produzione di Bravo, Giulietta e Delta, ne ha lavorati 169. Pomigliano, invece, per l'Alfa 159 ne ha lavorati 37 su 205 mentre Termini Imerese, per la Lancia Y, 94. Più “produttivo” lo stabilimento di Melfi che per la Punto Evo e la Grande Punto ha lavorato 147 giorni su 205. Solo la Sevel, per produrre il Ducato, ha lavorato 205 giorni su 205. Non solo: le “mission” dei singoli stabilimenti sono per la Fiom ancora vaghe e il “time to market” denuncia il fatto che da qui a 18 mesi non ci sono impegni produttivi.

“Le conseguenze per i lavoratori saranno drammatiche eppure c'è una classe dirigente che continua a prendere sul serio l'impegno di Marchionne che di fatto chiede solo di avere mani libere: c'è un chiarissimo spostamento del baricentro nel Nordamerica e temiamo che a Mirafiori si possano annunciare esuberi di ingegneri e ricercatori”, spiega il segretario nazionale della Fiom, Giorgio Airaudo. Ed è per questo che la Fiom giudica “inaccettabile” che Fiat non consegni un piano industriale al Paese, al governo, ai sindacati. “Al momento non c'è nulla, neanche un post-it. Ed è ora di finirla con la scena stucchevole di qualche ministro che sale al ‘colle’ per farsi rassicurare da Marchionne”, dicono ad una sola voce Landini ed Airaudo. Al centro della protesta della Fiom anche e soprattutto il contratto nazionale e la sua “riconquista” che vede, per il sindacato, un ulteriore passo indietro con l'uscita di Fiat da Confindustria.

“La diatriba tra Marchionne e Marcegaglia non è una questione personale ma profila una balcanizzazione delle relazioni industriali nel nostro Paese”, ribadisce Landini. “Aver detto che si esce da Confindustria e aver disdettato gli accordi in vigore significa che dal 1° gennaio 80.000 persone non avranno più il contratto nazionale di lavoro e questo solo per mettere fuori dalla fabbrica un sindacato che non è d'accordo con il modello Pomigliano”. Lo sciopero chiamerà alla mobilitazione anche i lavoratori di Fincantieri alle prese, per la Fiom, con il tentativo di contrastare il no del governo ad un piano industriale presentato nei mesi scorsi. “Dobbiamo difendere i diritti di chi lavora in Fiat e in Fincantieri”, sintetizza concludendo Landini.

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