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Gli editori contro il Ddl sulle Intercettazioni. Ancora una volta

Alcuni editori italiani si schierano contro il Ddl sulle Intercettazioni... per la seconda volta

Qualche mese fa, in occasione del salone del Libro di Torino, fu il tema dell’Istruzione pubblica a unire molti editori italiani nel chiedere, con una lettera aperta al Presidente della Repubblica, che fosse fatto “dell’istruzione un tema centrale di discussione tra i cittadini, nelle scuole e in ogni altro luogo di incontro, con la competenza e l’urgenza che la materia necessita” dato che la scuola “è risorsa essenziale per il libero sviluppo delle persone e per la crescita sociale, economica, culturale e civile di ogni Paese”. Le prime firme furono quelle di editori Marco Cassini e Daniele di Gennaro (minimum fax), Carmine Donzelli, Federico Enriques (Zanichelli), Carlo Feltrinelli, Sandra e Sandro Ferri (E/O), Sergio Giunti e Bruno Mari (Giunti), Stefano Mauri (Gruppo Mauri Spagnol), Paolo Mieli (Rcs), Antonio e Olivia Sellerio ai quali si sono aggiunti tantissimi altri editori e non.

Furono tanti, inoltre, gli autori che contribuirono con uno scritto a questa battaglia, da Zygmunt Bauman a Valerio Magrelli passando per Tito Boeri, Alessandro Portelli e altri che trovate qui.
 
Il movimento degli editori non partiva da lì e soprattutto non si fermava a quell'appello. È di oggi, infatti, un nuovo appello degli editori (Marco Cassini e Daniele di Gennaro di Minimum fax, Giuseppe e Alessandro Laterza, Stefano Mauri e Luigi Spagnol del Gruppo Mauri Spagnol ancora una volta i padri dell'iniziativa) contro la cosiddetta Legge Bavaglio, ovvero il testo sulle intercettazioni che tanto fa discutere in questi giorni. Per capire le origini e le motivazioni di questo nuovo appello bisogna risalire al 2010 quando per la prima volta gli editori criticavano il Ddl Intercettazioni, sempre con un appello presentato al Salone del libro.
 
L’attuale maggioranza di governo – si legge nell’appello odierno - sta per approvare in Parlamento una legge che vieta la pubblicazione delle intercettazioni disposte dai magistrati (anche dopo la loro divulgazione alle parti del processo). Una legge – tanto per fare un esempio – secondo cui un’intercettazione potrebbe essere letta in pubblico dall’avvocato della persona intercettata ma non potrebbe essere pubblicata su un giornale. Una legge – per fare un altro esempio – secondo cui la replica di parte prevale sulla ricostruzione di giornalisti e autori neutrali, inquinando proprio l’informazione più responsabile e professionale”.
 
Editori engagé insomma, che chiedono a Governo e Parlamento di “recedere da questo nuovo tentativo di bloccare la diffusione di conoscenze rilevanti e significative sugli atti processuali”, e lo chiedono a ridosso della Fiera Internazionale del libro di Francoforte. Senza mezzi termini, quindi, arriva anche la condanna di una parte consistente del mondo culturale italiano, in attesa di capire la posizione che assumeranno Mondadori e Einaudi, che furono abbastanza critiche l’anno scorso riguardo l’appello.
 
A preoccupare gli editori firmatari c’era anche, tra le altre cose, la difficoltà di poter pubblicare libri d’inchiesta, allargando la polemica scaturita sul web riguardo il comma ammazza-blog. Non è solo un affare per giornali quindi, ci ricordano, ma un problema che toccherebbe il mondo culturale in senso più ampio, oltre a essere una questione di principio.
 
In attesa di capire il peso che queste firme potranno avere, gli editori danno appuntamento per un’assemblea pubblica domenica 16 ottobre alle ore 11.00 al Teatro Valle di Roma.
 
E il luogo, ovviamente, non è scelto a caso.

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