Giù le mani dalle spiagge libere. Ci sono già troppe concessioni
E’ folle e inaccettabile quanto propongono i rappresentanti dei balneatori spalleggiati dalla destra. L’idea di aggirare la direttiva Bolkestein individuando “nuove aree di coste libere da assegnare con apposito bando lasciando inalterate quelle già in vigore”, come dichiara Ragusa della SIB, significa continuare con la cementificazione, la recinzione, la privatizzazione delle nostre spiagge.
In Italia ci sono già troppe concessioni: 12.166 è il dato del 2021 fornito da Legambiente che registrava un aumento del 12,5% in 3 anni. Ci sono Comuni con il 90% del litorale in concessione e Regioni che superano il 70%. Molto spesso non sono occupati da concessioni solo tratti di costa dove l’acqua non è balneabile.
La si smetta con la demagogia corporativa e si cerchino soluzioni per tutelare il lavoro, non la rendita. Le concessioni su beni demaniali come le spiagge vengono vendute da privato a privato per cifre di milioni di euro come se si trattasse di proprietà.
È ridicolo dire che si rischia che grandi società e ricconi acquistino concessioni dalle aziende familiari. È un processo che avviene da anni, solo che lo Stato non incassa nulla. Comunque si possono fare norme che impediscano l’accatastamento.
Si fa propaganda sugli investimenti, ma si è trattato di iniziative dei privati che così hanno aumentato la redditività delle concessioni. Quasi sempre si tratta di una proliferazione edilizia che ha deturpato le spiagge, precluso la visibilità e che non è certo stata richiesta dalla collettività.
E’ evidente che gli operatori sapendo che la concessione si sarebbe rinnovata in eterno hanno fatto pressione, su capitanerie, legislatori, Comuni e Regioni per ottenere sanatorie e sempre nuovi metri cubi per realizzare sempre più attività. Ormai sulle spiagge c’è di tutto e di più.
Non tutti i Comuni si sono comportati alla stessa maniera, ma per gran parte delle coste italiane sarebbe necessario un grande piano per la rinaturalizzazione e la riqualificazione degli arenili, per garantire la riduzione dei manufatti, il recupero della vista mare e l’abbattimento di recinzioni non compatibili con la natura demaniale delle spiagge.
Noi facemmo una campagna contro la direttiva Bolkestein e non la votammo perché riteniamo che le logiche di mercato non debbano regolare la vita collettiva. Facciamo però presente che la normativa europea non obbliga a mettere a gara e che alla scadenza le concessioni possono essere ridotte come superfici o semplicemente revocate. E si può pensare a forme di gestione che tutelino il lavoro degli operatori locali. Di sicuro non si può accettare che prosegua all’infinito l’antropizzazione delle spiagge.
Giù le mani dalle spiagge libere!
Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Elena Mazzoni, responsabile ambiente del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
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