Giro d’Italia: Tadej Pogacar, un campione venuto dal passato
Lo sloveno Tadej Pogacar si aggiudica in scioltezza la 107^ Corsa Rosa. Una gara dominata dal principio alla fine dal fuoriclasse della UAE Team Emirates, per un dominio assoluto che sembra appartenere ad un'altra epoca.
Tadej Pogacar sembra un fuoriclasse del pedale venuto da un'altra epoca. C'è chi da tempo lo paragona al francese Bernard Hinault, chi al belga Eddy Merckx, e chi addirittura azzarda paralleli con il sommo Fausto Coppi. Di sicuro ci troviamo di fronte ad un modello di corridore sconosciuto nel ciclismo moderno, al prototipo del campione universale, capace di eccellere dovunque. Al Giro come al Tour, al Fiandre come al Lombardia, nelle corse a tappe più prestigiose e nella classiche più rinomate. E può prevalere su di ogni terreno ed in ogni modo: in pianura, sul passo, in salita, persino a cronometro; in volata, lanciandosi a pochi km dal traguardo o andando in fuga quando la linea d'arrivo è ancora lontana. Non ha punti deboli, non conosce compromessi, rifiuta ogni ripiego. Può contemplare soltanto la vittoria. In particolare riesce ad esaltarsi, dando il meglio di sé, quando la strada s'inerpica. In fondo è lì che si fa il grande ciclismo, è lì che si costruiscono le vittorie più importanti. È proprio sulle montagne che si riconosce il vero campione, è lì che avviene la scissione tra il corridore normale ed il corridore fuori dall'ordinario. Soltanto in alta quota si costruisce la leggenda e si erige l'epica dei grandi eroi della bicicletta.
In questo Giro, Pogacar ha fatto gara a sé, la sua supremazia è stata totale, assoluta, lasciando ai rivali poco o nulla, aggiudicandosi 6 tappe e 20 maglie rosa su 21, numeri che non si leggevano da svariati decenni e che descrivono fedelmente il predominio dell'asso sloveno. Egli ha dispensato tutto il meglio del suo repertorio straordinario, e lo ha fatto evidenziando una classe ed una disinvoltura disarmanti, con pochi precedenti nella storia di questo meraviglioso sport. Si è mostrato competitivo quasi sempre e praticamente ovunque, persino nelle frazioni meno congeniali alle sue caratteristiche, palesando una versatilità inusuale. Ma il suo marchio indelebile lo ha impresso in salita, aggiudicandosi le tappe più dure, quasi sempre per distacco, generalmente al termine di lunghe fughe (persino di oltre 30 km), infliggendo agli impotenti e “sventurati” avversari severissime lezioni.
Dicevamo delle similitudini con Merckx e compagnia. In effetti Pogacar è un corridore d'altri tempi. Il suo modo di gareggiare, di interpretare ogni corsa, di vincere, di dominare. Tutto appartiene ad un'epoca che non c'è più, e che il corridore della UAE ci sta facendo rivivere ad ampi tratti, riportando le lancette del tempo indietro di decenni. Non sappiamo ancora se diventerà o meno il nuovo Coppi o la versione restaurata del “Cannibale” belga, ma le possibilità che le sue imprese rimarranno nella storia del ciclismo post moderno sono tutt'altro che remote. I presupposti ci sono tutti. E magari un giorno, a prescindere dagli accostamenti con altre leggende, ci si ricorderà delle imponenti gesta di un maestoso campione. Di un campione unico nel suo genere. Semplicemente ci si ricorderà di un ciclista chiamato Tadej Pogacar.
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