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Giorgetti, il giudizio dei mercati e la finta soluzione dello “scorporo”

Chiedere all'Europa di escludere determinate spese dal Patto di stabilità, credendo che ciò metta il paese al riparo dalle reazioni della finanza. Ma la storia d'Italia è punteggiata di “investimenti” a resa bassa o negativa.

di Mario Seminerio – Il Foglio

Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, si dice preoccupato per le reazioni dei mercati “che comprano il nostro debito, più che per quelle della Ue” intese come giudizio sulla manovra. Premesso che le due dimensioni non sono distinte ma in qualche modo interrelate, visto che una bocciatura della Commissione può innescare turbolenze dei mercati e un allargamento dello spread induce nuove prescrizioni restrittive da Bruxelles, in questo infinito dibattito sulla riforma del Patto di stabilità e crescita si fronteggiano due posizioni estreme: quella tedesca, espressa dal ministro delle Finanze, Christian Lindner, che ritiene che il debito resti debito a prescindere dalla “nobiltà” dei suoi intenti; e quella italiana, che da sempre e sotto esecutivi di differente colore è condannata a chiedere scorpori dalle metriche di deficit, a volte anche con effetti stranianti. 

DATECI LO SCORPORO

La posizione di Lindner è radicale e non necessariamente condivisibile. Non tutto il debito è uguale, ovviamente. In alcuni casi le decisioni avranno maggiore impatto espansivo, anche senza arrivare ai mirabolanti moltiplicatori della tradizione italiana. In altri, si tratterà di puri sprechi. Giorgetti ha detto una cosa banale ma non di meno inquietante: se non avessimo avuto tutto questo debito, e il conseguente rialzo dei tassi non ci avesse sottratto 14-15 miliardi di spesa aggiuntiva per interessi, chissà quante meravigliose cose avremmo potuto fare. Un controfattuale disarmante o più propriamente desolante. Quando sei un paese ad alto debito e bassa crescita, appena la politica monetaria si inverte, sei in guai seri. E a nulla valgono le solite giustificazioni sulla “cattiva Lagarde”, scordando che la Bce è un organismo collegiale. 

Resta il punto, ribadito da Giorgetti: se all’Italia non saranno consentiti “scorpori” vari dal deficit, del tipo investimenti del Pnrr e transizione ecologica, per noi sarà “matematicamente impossibile” rispettare la regola del debito, nel senso di sua riduzione annua a un determinato passo. A dirla tutta, anche questa è una fallacia, perché presume che gli investimenti scorporati dal deficit siano in grado di produrre crescita elevata. Anche senza dirla alla Lindner, i mercati potrebbero ignorare questi scorpori e allargare comunque lo spread. Né possiamo affermare, apoditticamente, che gli investimenti in transizione ecologica e tecnologica producano crescita superiore. 

Purtroppo per Giorgetti, almeno nel ruolo che oggi ricopre, la storia italiana non solo recente è piena di miracolosi investimenti che troppo spesso si sono rivelati spesa corrente. Motivo per cui in Europa non esiste consenso a questi scorpori. Inoltre, affermare che paghiamo le conseguenze del Superbonus è un modo per autodenunciarsi, visto che anche questa follia è stata lungamente presentata come “investimento”, e negli archivi stampa si trovano ancora richieste politiche di fare pressione sulla Ue per scorporare anche quella spesa. 

INVESTIMENTI A RESA BASSA O NULLA

Che quella 2024 sarebbe stata una legge di Bilancio molto difficile è noto da molto tempo. Troppe cambiali elettorali all’incasso, tra cui una riforma fiscale presentata come una svolta epocale e che rischia invece di essere un monumento al barocco italiano, pure riciclato, come mostra la riproposizione del concordato preventivo, già finito sugli scogli una ventina di anni addietro.

Oppure la tardiva scoperta che la miracolosa decontribuzione per dipendenti a basso reddito, che mette oneri a carico della fiscalità generale esattamente come la proposta di legge dell’opposizione sul sussidio all’introduzione del salario minimo, necessita di rimodulare anche il primo scaglione Irpef, altrimenti il beneficio netto è minore. Un’incredibile epifania, non c’è che dire. Ma queste restano scelte assai onerose e dall’impatto ricorrente, di certo non finanziabili con qualche improbabile tassazione degli extraprofitti.

Pare che la riforma del Patto di stabilità possa trovare un punto di compromesso scorporando effettivamente dal deficit le spese per il Pnrr e forse quelle per l’aiuto militare all’Ucraina, ma tenendo fermo l’obiettivo caro ai tedeschi di riduzione del rapporto debito-pil. Non si tratta necessariamente di una contraddizione: se la crescita eccede il costo medio del debito, è possibile avere più deficit ma riduzione dell’indebitamento. Una simile dinamica rappresenterebbe la verifica effettiva della bontà degli scorpori. 

Purtroppo per l’Italia, la nostra storia è punteggiata di “investimenti” a resa bassa o negativa, e il Superbonus è solo l’ultimo di questi episodi, sia pure quello più manifestamente patologico. Siamo al momento della resa dei conti con la realtà. E con i mercati, ovviamente.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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