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Gile Bae, il duo Carlotta Dalia/Giuseppe Gibboni e Mario Brunello dal vivo allo Squero

Tre concerti dai programmi diversi per la stagione di concerti di Asolo Musica da poco conclusa all’Auditorium lo Squero nell’isola di San Giorgio a Venezia

Gile Bae Auditorium Lo Squero

Tutto d’un fiato il Recital pianistico di Gila Bae, ex bambina prodigio olandese, nata nel 1994, trasferitasi in Italia da una decina d’anni.

Concentratissima, molto percussiva, ha eseguito nella prima parte tre pagine significative dall’immenso repertorio di J.S.BACH : Il Concerto Italiano BWV 971, nei movimenti Allegro, Andante, Presto e le Toccate BWV 914 in Mi minore e BWV 911 in Do minore .

Lasciato il repertorio barocco, è passata a quello romantico, eseguendo con grande padronanza tecnica la Sonata op.31 n.18 in Mi bemolle maggiore di Ludwig van Beethoven, nei tempi Allegro ; Scherzo. Allegretto vivace ; Minuetto. Moderato e grazioso – Trio ; Presto con fuoco.

Ed è proprio una sorta di fuoco sacro che si impadronisce del suo animo, trascinandolo sui tasti dello strumento.

Dopo una pausa meditativa, nel secondo tempo ha eseguito i 24 Preludi, op. 28 di Frederic Chopin, nei quali il compositore offre al pubblico il tentativo di disegnare una bellezza difficile da raggiungere.

Applausi scroscianti hanno ottenuto due splendidi bis : un morbido Valse di Chopin e la Giga dalla Suite francese n.5 di Bach.

Una soddisfazione collettiva aleggiava in platea, ascoltando un duo di giovani musicisti, anche per gli strumenti protagonisti, il violino, ma sopra tutto la chitarra, che fa fatica a trovare spazio nelle sale da concerto che ospitano un repertorio cameristico.

Un recital di poco più di un’ora, quello di Giuseppe Gibboni (2001), violino e Carlotta Dalia (Grosseto, 25 agosto 1999), chitarra. Ottima idea, così la platea non si annoia, se è brutto, oppure ha ancora appetito, se è bello e richiede dei bis, elargiti con gioia dai musicisti.

Il programma è iniziato dalla Sonata Concertata, op.61 (1803) di Niccolò Paganini (Genova, 1782 – Nizza, 1840) e dai suoi Capricci, n.1, 5 e 24, che mettono a dura prova il musicista di turno. Prova superata con lode da Gibboni, capace di suonare a velocità supersonica, semplicemente accarezzando le corde dello strumento.

A seguire, due Capricci di compositori diversi.

Il primo, di Francesco Tarrega ( Vila – Real, 1852 – Barcellona, 1909) ; il secondo, Capriccio n. XVIII, per chitarra sola, di Mario Castelnuovo-Tedesco (Firenze, 1895 – Beverly Hills, 1968), che fa parte di una raccolta di 24 per chitarra, ispirata all’opera di Francisco Goya, fa riferimento al Capriccio Il sonno della ragione genera mostri.

L’ultima parte dell’apprezzato Recital è stata dedicata a composizioni di Astor Piazzolla (Mar del Plata, 1921 – Buenos Aires, 1992), musicista (al bandoneon) che rivoluzionò la concezione del Tango, aprendolo alle contaminazioni, precursore di ciò che continua a verificarsi nel Jazz, nella Classica e nel Pop. Ricordo una lunga collaborazione con Milva, baciata dal successo.

Seguendo l’ordine, Carlotta Dalia ha eseguito Histoire du Tango, in origine un ciclo di quattro brani del 1985, composto per flauto e chitarra. E’ stata quindi raggiunta dal violino, per eseguire Bordell 1900; Cafè 1930, in cui si avvertono una musicalità e un romanticismo maggiori e Nightclub 1960, influenzato dall’esplosione della Bossa Nova.

Per concludere, Gibboni e Dalia hanno interpretato La Campanella, il Rondò finale del Concerto n.2, op.7 per violino e orchestra di Paganini.

Il pubblico applaude, è renitente ad alzarsi dalla poltroncina, così i musicisti, felici in volto, continuano a suonare, nell’ordine, La Tarantella, dalla Sonata in Mi minore di Paganini e dalla Sonata di Giuseppe Tartini (Pirano, 1692 – Padoba, 1770) Il trillo del diavolo, l’Allegro e il primo movimento, Larghetto.

Le trascrizioni per chitarra sono di Carlotta Dalia.

Per il terzo concerto, lo Squero ha ospitato un musicista ormai da tempo entrato nell’elite internazionale, il violoncellista Mario Brunello, che in un Recital intitolato La giusta distanza, ha eseguito, nell’ordine, alternandole, le Suite n.2 e n. 1 di J.S.BACH per violoncello solo, un lavoro da lui plurinterpretato ed inciso due volte, e le Sonate n.1 e n.2 per violoncello solo di Mojsze Wajnberg (Varsavia, 8 dicembre 1919 – Mosca, 26 febbraio 1996).

Prima di accingersi a suonare, come fa sempre, Brunello ha inquadrato la figura del compositore polacco, sconosciuto alla maggior parte del pubblico, completando, chiarendolo, il titolo La giusta distanza fra le proporzioni.

Bach usa la Suite (una serie di danze) per raccontare lo stesso percorso armonico. E’ una musica verticale, perché si parte dal basso e si va verso l’alto.

Quanto a Wajnberg, le sue Sonate sono orizzontali. Srotola la musica davanti a noi. Sono interessantissime per noi violoncellisti.

Decisamente drammatica e difficile fu l’esistenza del compositore polacco. Come scrive la violinista e musicologa Luisa Bassetto nell’introduzione al concerto – il cui programma al momento di dare alle stampe la brochure dell’intera stagione, prevedeva l’esecuzione di tutte e quattro le Sonate – Wajnberg era nato da una famiglia ebrea sfuggita ai Pogrom del 1903 e del 1905. Il 6 settembre 1939 riuscì a scappare da casa, mentre i nazisti stavano arrivando a Varsavia. I suoi genitori e la sorella furono internati nel ghetto di Lodz e poi sterminati a Trawniki.

Arrivato in Russia, completò gli studi di composizione al Conservatorio di Minsk. Nel 1941 venne sfollato a Taskent, nell’Uzbekistan, durante l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica. In quel periodo conosce Shostakovich, grazie al quale nel 1943 riuscì ad ottenere il visto di ingresso a Mosca. Finita la guerra, il 6 febbraio 1953 fu arrestato e accusato di aver complottato per istituire una Repubblica ebraica in Crimea, oltre che di nazionalismo ebraico, individuato dal KGB nella “Sinfonietta n.1”. Fortunatamnete fu liberato tre mesi dopo, in seguito alla morte di Stalin (5 maggio 1953) e alla mediazione di Shostakovich.

Dopo il 1956, in epoca di disgelo Chrusceviano, finalmente venne totalmente riabilitato.

Il Recital è iniziato con la Suite n.2 in Re minore per violoncello solo di BACH. Nelle Suite, aveva spiegato in precedenza il musicista, Bach aveva introdotto accordi e arpeggi, per dare nobiltà a uno strumento, il violoncello, che stava nascendo, aprendo così una strada a tutto il mondo della musica occidentale, europea.

Come sempre, ascoltare Bach è un piacere dell’anima, ancor più delizioso se il suono delle sue opere proviene da uno strumento antico, un prezioso Maggini dei primi del Seicento.

Un cambiamento brusco di atmosfera si è avvertito nell’ascolto della Sonata n. 1 di Wajnberg, scritta nel 1960 e dedicata a Mstislav Rostropovich, il quale, ha sottolineato Brunello, forse la suonò una volta sola. E’ uno dei temi più lunghi per violoncello che io abbia mai trovato.

Basata su temi ebraici della tradizione polacca, la Sonata è iniziata con un intenso, accorato Adagio, seguito da un Allegretto nello stile del Minuetto, omaggio alla musica popolare. L’Allegro finale è in uno stile molto violento, in cui manca solo la percussione. In alcuni momenti, e succederà anche nella n.2, Brunello colloca una sordina sul ponticello dello strumento.

Si ritorna a Bach con un’esecuzione velocissima, dieci minuti, della Suite n.1 in Sol maggiore di Bach, che mai mi era capitato di ascoltare così, né sui dischi, né dal vivo.

Il Recital si conclude con la Sonata n.2 di Wajnberg, composta nel 1965, dedicata al violoncellista, fondatore del Quartetto Borodin, Valentin Alexandrovitch Berlinskij, suo grande ammiratore.

E’ suddivisa in quattro movimenti. Angoscioso il primo, Moderato sostenuto, seguito da un Allegretto, che sembra una danza graziosa e veloce ; l’Adagio, di ampio respiro, con un senso di sacralità, secondo Brunello ricorda temi popolari polacchi ; il Presto finale è, secondo il violoncellista, uno stranissimo Rondò (di nuovo con l’utilizzo della sordina), che ha un crescendo drammatico che termina con un’allucinazione.

Complimenti vivissimi ad un interprete che ha superato con la bravura che gli si riconosce, le difficoltà di una Sonata, che richiede un non indifferente sforzo fisico, trapelato in un arrossamento del volto.

Applausi interminabili hanno ottenuto una brevissima melodia armena, che ha toccato il cuore della platea.

La stagione allo Squero di Asolo Musica si è conclusa senza l’ultimo concerto del Quartetto di Venezia, per problemi di salute occorsi ad uno dei musicisti ; ma con un concerto fuori cartellone, eccezionalmente di domenica pomeriggio, di Hopkinson Smith, celebre liutista, che ha portato un programma di musiche per liuto di autori italiani e francesi, tra Quattrocento e Cinquecento : Francesco Spinacino, Joan Ambrogio Dalza e Pierre Attaignant.Il programma è stato eseguito su un liuto a sei cori con corde all’ottava dal 3° al 6° coro. Questa soluzione, con la sua squillante chiarezza e risonanza più brillante, deriva da una tradizione del tardo XV° secolo ed è implicita nella musica stessa.

L’ultimo concerto ha avuto per protagonista l’ensemble barocco di recente formazione, Aquae Sonus Resonantia, composto da Enzo Caroli, traversiere, Marco Rosa Salva, flauto dolce, Alberto Casarin, viola da gamba, Dario Pisasale, tiorba e Fujimoto Noriko, clavicembalo.

Non resta che aspettare con pazienza di venire a conoscenza del cartellone della stagione 2024, immaginando un programma interessante e variegato, magari con riscoperte di compositori poco conosciuti e raramente eseguiti dal vivo.

Credits Foto: Auditorium Lo Squero Facebook

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