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Gerusalemme: la vergogna di Sur Bahir

Il comunicato di «Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese».

Dichiarazione ufficiale sulle demolizioni a Sur Bahir

Dichiarazione congiunta di Jamie Mc Goldrick (Ufficio Coordinator Umanitario), di Gwyn Lewis (Direzione UNWRA delle operazioni in Cisgiordania) e di James Heenan (Capo Uffcio Diritti Umani nei Territori Palestinesi Occupati).

GERUSALEMME 22 luglio 2019

Oggi stiamo seguendo con tristezza la distruzione delle abitazioni nella comunità palestinese di Sur Bahir da parte delle autorità israeliane.

Informazioni provvisorie emergenti dalle comunità indicano che centinaia di militari israeliani sono entrati nella comunità’ questa mattina e hanno demolito numerosi edifici residenziali, incluse case abitate nelle zone A, B, C della Cisgiordania sul versante Gerusalemme Est del Muro.

L’operazione su larga scala è iniziata nelle prime ore del mattino, prima dell’alba e ancora al buio, forzando fuori dalle loro case le famiglie che vi risiedevano creando grande stress tra i residenti. Fra coloro espulsi a forza o coinvolti vi sono rifugiati palestinesi che affrontano nuove espulsioni, già avvenute nella loro vita.

Le Organizzazioni umanitarie si preoccupano di dare una risposta di emergenza chi è espulso o coinvolto nella distruzione delle loro proprietà private. Ma non esiste alcuna assistenza umanitaria che possa sostituire una casa o ripianare l’enorme perdita economica subita dai proprietari. Molti di coloro che sono coinvolti riferiscono di aver investito i risparmi di una vita in quelle proprietà, dopo aver ottenuto i regolari permessi di costruzione da parte dell’ Autorità Palestinese. Quello che è successo oggi in Sur Bahir e’ allarmante anche perché molte altre abitazioni e strutture ora rischiano la stessa distruzione.

La politica israeliana di distruggere le proprietà palestinesi non è compatibile con gli obblighi dettati dalla legge internazionale. Fra i vari punti, la distruzione delle proprietà private nei territori sotto occupazione militare è solo permessa se assolutamente necessaria per operazioni militari, cosa che non riguarda oggi. Per di più provoca espulsioni e contribuisce al rischio di ulteriori trasferimenti forzati di molti palestinesi in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est.

Nel 2004 la Corte Penale Internazionale (CPI) ha dichiarato illegale la costruzione del Muro e ha definito ingiustificata da emergenze militari le parti del Muro erette all’interno della Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, come vediamo a Sur Bahir. Questo viola gli obblighi di Israele dettati dalla legge internazionale.

Proprio 15 anni fa, quasi nello stesso giorno di luglio, l’Assemblea Generale ONU con la Risoluzione ES 10/15 del 20 luglio 2004 richiedeva ad Israele il rispetto degli obblighi legali definiti dalla Corte Penale Internazionale. Se fossero rispettati questi princìpi, la legge internazionale umanitaria e dei diritti umani, la popolazione di Sur Bahir non avrebbe subìto i traumi di oggi e la violazione dei loro diritti.

COMUNICATO STAMPA della Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese

L’ONU insorge contro Israele per la demolizione di decine di abitazioni ed edifici

palestinesi a Sur Bahir, quartiere alla periferia di Gerusalemme Est ​occupata

Ieri 22 luglio, a firma dei massimi rappresentanti dell’ONU presenti a Gerusalemme, Jamie McGoldrick (Coordinatore Ufficio Umanitario), Gwyn Lewis (Direzione UNWRA delle operazioni in Cisgiordania) e James Heenan (Capo Ufficio Diritti Umani nei Territori Palestinesi Occupati) è stata diramata una «dichiarazione congiunta» di ferma condanna dell’arbitraria demolizione a opera dell’esercito occupante israeliano di decine di abitazioni ed edifici legittimamente abitati dalla popolazione palestinese a Sur Bahir, quartiere alla periferia di Gerusalemme Est ​occupata. I tre funzionari dell’ONU denunciano senza esitazione l’illegalità dell’operazione affermando che «la politica israeliana di distruggere le proprietà palestinesi non è compatibile con gli obblighi dettati dalla legge internazionale. Per di più provoca espulsioni e contribuisce al rischio di ulteriori trasferimenti forzati di molti palestinesi». E richiamano la condanna del 2004 della Corte penale internazionale per la costruzione del Muro.

La Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese, nel diffondere il testo integrale della Dichiarazione, denuncia con grande tristezza questo ennesimo atto violento e ingiusto che colpisce brutalmente persone palestinesi già rifugiate, che adesso devono subire la seconda espulsione della loro vita.

Se il furto della terra e delle vite palestinesi continua e Israele ancora una volta può espellere (illegittimamente e tuttavia impunemente) la popolazione palestinese dai suoi territori è perché mai la comunità internazionale si è levata a contrastare efficacemente la politica espansionistica di Israele e il suo colonialismo di insediamento.

La colpevole inerzia della comunità internazionale è la ragione per cui il genero di Trump – Kushner – ha potuto osare di proporre il suo piano, noto anche come “l’accordo del secolo”, che tanto ha occupato i media particolarmente nell’ultimo mese.

Kushner, la cui fondazione di famiglia ha generosamente finanziato i progetti dei coloni, ha messo in piedi un’astuta e subdola strategia mirante a vincere perdendo. In realtà, il piano è stato pensato per costringere i palestinesi in un angolo dal quale l’unica loro risposta possibile all’accordo di pace proposto (denaro contro la Terra Palestinese) non avrebbe potuto che essere un secco rifiuto. E infatti la popolazione palestinese, unita, ha rifiutato categoricamente di partecipare alla conferenza in Bahrain. Tutti i palestinesi, di qualsiasi orientamento, sanno che “l’Accordo del Secolo” è contro le leggi e le risoluzioni internazionali e contro i diritti dei profughi.

La popolazione palestinese è sempre più vulnerabile poiché la strategia delle autorità israeliane rende la vita dei palestinesi sempre più difficile, i loro diritti sempre più violati, la loro terra più ridotta. Ma i palestinesi non perdono la loro fierezza e non rinunciano alla loro dignità. Hanno bisogno però – oggi più che mai – del sostegno internazionale in applicazione di leggi e trattati sottoscritti da tutti gli Stati.

La Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese

Roma 23 luglio 2019

Questo articolo è stato pubblicato qui

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