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Fukushima-Daiichi: una ricerca e molti bilanci

Nei Scientific Reports, Jian Zheng del Centro nazionale di ricerca sulla protezione delle radiazioni, a Chiba in Giappone, scrivono di aver trovato plutonio radioattivo sul suolo, fino a 30 chilometri dalla centrale di Fukushima-Daiichi, travolta dal terremoto e dallo tsunami un anno fa. La quantità è circa 10 mila volte inferiore a quella rilevata attorno a Chernobyl, ed è stata rilasciata durante le esplosioni in uno dei reattori nei primi giorni dopo l’incidente.

I "gusci" di contenimento attorno al reattore sembrano aver evitato il peggio. Quelle particelle non sono pericolose per la salute (o meglio: lo sono se vengono ingerite), in 50 anni la loro radioattività arriva sì e no a 0,5 millisievert, una dose cumulativa indistinguibile dai 120 millisievert di radioattività naturale alla quale in media siamo tutti esposti nello stesso periodo. Ma la notizia si aggiunge ad una situazione ancora caotica. Nelle zone terremotate, per esempio, i fondi per la ricostruzione delle case hanno cominciato ad essere trasferiti ai comuni soltanto il mese scorso.

L'incidente della centrale è stato una "tragedia nella tragedia": circa 80 mila persone sono state evacuate definitivamente perché la bonifica richiederà circa 40 anni e, a un anno di distanza, 250 mila persone non sanno se e quando potranno tornare. Per chi vuole approfondire e magari riflettere sul proprio voto al referendum dell'anno scorso, segnaliamo alcune delle pubblicazioni (e opinioni) uscite in questi giorni.

Lo speciale in open access di Nature sul “triplice disastro” e su quello che i ricercatori hanno imparato su centrali nucleari, terremoti e tsunami, con articoli sugli sfollati e sulla paura che tutti provano ancora. Science, in controtendenza, pubblica un editoriale pro-nucleare dell'ex ministro giapponese Koij Omi, secondo il quale una volta abbandonati i carburanti fossili che degradano l’ambiente e accelerano i cambiamenti climatici, le fonti rinnovabili non copriranno i bisogni.

Diverso il parere degli esperti sentiti da Dennis Normile che ha curato il supplemento. Diverso anche il parere dell’Economist, che ha in copertina il titolo "Il sogno fallito". È quello di un lungo saggio di Oliver Morton che parte dal dopoguerra e dalle speranze in un'energia talmente a buon mercato che i contatori sarebbero stati superflui, e arriva ai mini-reattori modulari oggi allo studio.

Però i tempi per l'innovazione restano lunghissimi, al contrario di quello che succede nel settore delle energie rinnovabili. Sui costi umani, ecologici ed economici di Fukushima-Daiichi, le critiche più severe – risparmi sulle misure di sicurezza, nessun piano d’emergenza, disinformazione dell’opinione pubblica, governi compiacenti – sono espresse da tecnici giapponesi e statunitensi: - Perché Fukushima si poteva evitare di James Acton e Mark Gibbs del Carnegie, un elenco sconfortante di carenze tecniche e politiche; - Fukushima in retrospettiva: un disastro complesso, una risposta disastrosa di Yoichi Funabachi e Kay Kitazawa, un sunto dell’indagine compiuta per conto della fondazione “Iniziativa per ricostruire il Giappone”. Inefficienze, corruzioni, incompetenze premiate, un Giappone da ricostruire non solo materialmente.

Per aggiornamenti sulla centrale si possono inoltre consultare i siti della TEPCO, l'azienda molto discussa che la gestisce; il Forum dell’Industria nucleare giapponese ed infine Greenaction, un’iniziativa del Centro di informazioni nucleari dei cittadini, una delle tante organizzazioni di volontariato sorte dal marzo 2011.

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