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Foibe: quale storia insegnare a scuola?

L'argomento foibe è e deve essere sempre attuale. E' compito dello studioso quello di andare alla ricerca della via che conduce alla fonte della verità, in modo libero, indipendente ed incondizionato, per dissetare quella sete di sapere che non deve trovar mai fine. Ma specialmente quello che deve fare lo studioso, a parer mio, è contestualizzare gli eventi, le tragedie, nel momento storico in cui queste trovano, ahimè, affermazione.

La vita umana deve essere rispettata, la dignità umana deve essere rispettata, la storia ha il compito e la funzione di determinare, prima di ogni cosa, quel senso di rispetto per la vita umana, che oggi viene meno. In prossimità del Giorno del Ricordo avevo pubblicato una intervista realizzata alla studiosa Claudia Cernigoi, che ovviamente ha fatto discutere.

Liquidare come negazionista o infoibatore chi vuole andare alla ricerca della verità è atto a dir poco figlio della peggior ignoranza. In questi giorni a Trieste sono in corso delle iniziative pubbliche proprio sulla tematica foibe, una di queste è realizzata e promossa direttamente dal Ministero dell'Istruzione Università e Ricerca.

Andando per ordine cronologico. Sabato 11 febbraio scorso a Trieste, presso il Museo della civiltà istriana, fiumana e dalmata, il dottore in biologia Giorgio Rustia ha effettuato una breve relazione in una iniziativa che avrebbe dovuto mantenere i connotati di mero inquadramento storico. Tale Giorgio Rustia, da quello che si legge in rete, - nel 1998 si sarebbe avvicinato a Forza Nuova, dopo aver fondato un "Comitato Spontaneo di triestini che non parlano sloveno", nel 1999 sarebbe diventato referente locale del "Progetto Contropotere", emanazione di FN.

La studiosa Claudia Cernigoi, che ha deciso di assitere al dibattito denuncia che Rustia ha sostenuto in sintesi che la guerra in Jugoslavia fu combattuta non da un esercito ma da partigiani, che come tali venivano considerati “franchi tiratori” e “terroristi” dall’esercito regolare e come tali le leggi di guerra dell’epoca autorizzavano a metterli al muro senza processo, e che (testuale) “quando vi dicono che il nostro esercito ha commesso crimini in Jugoslavia rispondete che il nostro esercito ha applicato le leggi di guerra dell’epoca e nessuno potrà smentirvi”.

Senza approfondire l’argomento (che richiederebbe decine di pagine), va detto che Rustia non ha tenuto conto di alcuni “piccoli” particolari:

1) L’Italia e la Germania avevano invaso la Jugoslavia senza dichiarazione di guerra.

2) Di conseguenza erano un esercito invasore e non “regolare”.

3) La convenzione di Ginevra del 1929 considerava parificati a soldati regolari i volontari che si riconoscevano in un comando unico ed erano distinguibili da un simbolo o una divisa (cosa che i partigiani jugoslavi erano, in quanto si costituirono quasi subito come Esercito popolare di liberazione, riconosciuto dagli Alleati).

4) Nessuna legge di guerra prevede l’incendio ed il saccheggio dei villaggi, la deportazione ed il massacro di civili, bambini compresi: ricordiamo i campi di Arbe e di Gonars dove morirono di freddo e di fame centinaia di civili e lo sconcio delle affermazioni del generale Gambara che scrisse di suo pugno “Logico ed opportuno che campo di concentramento non significhi campo d'ingrassamento. Individuo malato = individuo che sta tranquillo”.

In conclusione Rustia, secondo quanto riporta la Cernigoi, avrebbe sostenuto che “lo sloveno” non si è “mai messo l’anima in pace” di non poter occupare territori italiani, infatti (testuale) “con la famosa storia della lotta contro il fascismo in realtà contrabbanderanno anche nel futuro di voler arrivare male che vada per loro all’Isonzo”. Ora, il punto della situazione è il seguente. In quella sede, Rustia avrebbe rese note le sue intenzioni, consistenti in sostanza di condurre questi contenuti nelle Scuole. Di incontrare gli studenti, di parlare nelle scuole di tali problematiche. Quanto è oggettiva come forma sostanziale di educazione per le nuove generazioni?

La problematica foibe è calda e controversa. Deve emergere, con cognizione di causa il confronto, con dati, con la contestualizzazione delle giornate controverse della terra di confine. E contestualizzare non vuol dire negare. Ed è ovviamente discutibile che un soggetto attivo o simpatizzante per una forza politica di estrema destra si possa recare nelle scuole cittadine o del resto del paese per parlare di foibe, perché la "verità" da tal soggetto diffusa sarà solo ed unicamente di parte.



Ovviamente mi auguro che le sue intenzioni non trovino riscontro alcuno nella realtà e che chi dovere proceda a diffidare gli organismi competenti perché tali posizioni non possano trovare affermazione almeno nelle scuole pubbliche statali. Il MIUR sembra correre in una direzione discutibile. Ovvero quella di conferire una verità condizionata. Infatti, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca - Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per l’Autonomia Scolastica, in collaborazione con le Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati e con la Direzione Generale del FVG, ha deciso di organizzare per la prima volta a Trieste, nei giorni 22 e 23 febbraio 2012 il III Seminario nazionale dal titolo: “Le vicende del Confine orientale ed il mondo della scuola – Il contributo dei Giuliano-Dalmati alla storia e alla cultura nazionale”, dedicato a conservare la memoria della tragedia degli Italiani e di tutte le vittime delle foibe e dell’esodo degli Istriani, Fiumani e Dalmati dalle loro terre.

L’intento, a detta loro, sarebbe quello di consentire approfondite riflessioni sui contributi culturali dei Giuliano-Dalmati al profilo storico della Nazione. La partecipazione al seminario è consentita a due rappresentanti per ciascuna Istituzione scolastica.

È completamente gratuita per il personale della scuola poiché le spese sono sostenute dal Ministero. Vi sarà quindi, un seminario, realizzato con i soldi pubblici, dove tra saluti recati alle Associazioni degli esuli istriani, fiumani, dalmati, ed interventi di studiosi noti come Roberto Spazzali e Fulvio Salimbeni si discuterà solo di determinati aspetti della storia che hanno complessivamente riguardato la questione foibe.

Sarebbe stato auspicabile invece, organizzare un dibattito od un seminario volto al confronto tra le due tesi, quella che collega il fenomeno foibe ad una sorta di punizione comunista per il rifiuto di assoggettamento al volere titino, con lo scopo unico e reale di compromettere i valori della Resistenza antifascista, e quella che contestualizza il fenomeno foibe senza negare l'esistenza delle stesse. Perché chi ha contestualizzato tale evento storico non ha mai negato l'esistenza dello stesso. Eppure la cronaca "ufficiale" sia triestina che italiana tende a liquidare i ricercatori, gli storici della contestualizzazione come semplici negazionisti.

Sorge il dubbio che il MIUR continui nell'intento, manifesto dello Stato vigente delle cose, di voler sostenere il processo di revisionismo storico, volto a conferire una verità parziale di una storia disumana divenuta ancor più disumana.

Anche se, a dire il vero, per revisionismo formale si intende il rivedere le posizioni ufficiali alla luce di nuove fonti e ricerche reali e non ipotetiche, allora forse i revisionisti formali, nell'essenza buona di tale termine, sono tutti quelli che cercano di riportare la questione foibe alla loro effettiva consistenza.
Sarebbe stato auspicabile collegare tale seminario a delle visite per esempio al campo di concentramento italiano di Gonars, Monigo, Chiesanuova , Renicci e Visco od a quello di Arbe, per non parlare della Risiera.

Ciò sarebbe stato utile per contestualizzare e capire concretamente anche il "fenomeno" tragico delle foibe. In tempo di guerra si diviene tutti disumani specialmente quando si subiscono violenze, abusi, negazioni di ogni status, genere ed essenza, specialmente quando si esce dalla gabbia della dittatura. Ma in sostanza si è ancora in tempo di guerra. Fuggito da tale gabbia a volte prevale il senso della giustizia non scritta e non normata da alcuna legge formale, una giustizia figlia del sentimento di vendetta per le persecuzioni subite, atrocità patite, per essere stati spogliati dalla propria identità sociale e culturale, per essere stati spogliati dalla propria dignità esistenziale. L'uomo in quel momento non è più uomo. Così come non è stato uomo in tempo di guerra. Così come era ancora guerra. La guerra non deve giustificare nessun tipo di violenza. Ma non esiste e non può esistere una guerra senza violenza.

Ciò che è accaduto dal processo storico e sociale della Risiera, del 1976, in poi è una sorta di operazione volta ad equiparare la Resistenza in tempo di guerra al c.d fenomeno disumano delle foibe, equiparare vittime e carnefici con il solo fine di conseguire, tramite la via dell'ignoranza, della verità di parte divenuta verità ufficiale, l'oblio dei valori fondanti la Resistenza antifascista. Per raggiungere la meta della verità, si devono confrontare i fatti, le storie, le fonti, e nelle scuole si deve insegnare a maturare uno stato di coscienza critica oggettiva e non parziale.

Violenza chiama violenza. Ogni effetto è determinato da una causa. La storia è complessa ma la verità storica non può e non deve essere né parziale né di parte. Dunque quale storia insegnare a scuola?

Note: foto di prigionieri al campo di Rab - Arbe

Commenti all'articolo

  • Di Francesco Sellari (---.---.---.130) 16 febbraio 2012 11:42
    Francesco Sellari

    Ancora oltre va l’operazione retorica, visto che con la giornata del ricordo (evidente riferimento alla giornata della memoria) si vuole far passare l’idea di un vero e proprio "genocidio" degli italiani... si vogliono equiparare due fenomeni assolutamente differenti (motivati da cause incomparabili le une alle altre)

    non è un caso che è diventata la celebrazione preferita dell’estrema desta "nostalgica"

    complimenti per l’articolo

  • Di (---.---.---.106) 16 febbraio 2012 13:41

    Non finirà mai

    Alle ore 13 del 9 febbraio è stata apposta sull’edificio del “Gambero” nella città vecchia la targa per commemorare le vittime delle foibe cui il comune ha intitolato il piazzale antistante.

    La mattina successiva sul muro sottostante la targa campeggiava la scritta “ infoibare un fascista non è reato”.

     Una scritta che mi ha ricordato la mia fanciullezza in Istria in quel tragico periodo e mi ha fatto amaramente  esclamare”Non finirà mai!”

    Oggi. 13 febbraio mi è stato comunicato da amici che la targa è stata fatta a pezzi.

    Non voglio commentare né la stupidità della frase né la menzogna storica, ma il fenomeno che manifesta. La ricerca della violenza per la violenza.

    La storia ha ampiamente dimostrato che l’assioma profugo giuliano/fascista è profondamente errato e non è il caso di spendere parole inutili su questo. Non è neanche necessario spendere parole su menti in cui mulinano confuse e disordinate frattaglie che la storia ha da molto tempo archiviato. Una cosa è certa. Sono capaci di uccidere.

    Poiché per la mia sanità mentale devo razionalizzare il mondo che mi circonda, ho cercato di individuare colui che, senza conoscermi, si dichiara mio nemico e mi reputa degno di una terribile morte.

    E’ storia recente (gli anni di piombo) in cui farneticazioni pseudo politiche hanno provocato i lutti che tutti ricordiamo. Quella storia ha un portato politico (mutevole nei nomi ma solido nella sostanza) ed un substrato su cui poggiano i centri sociali. 
    Centri sociali molto presenti nella cronaca nera e totalmente assenti in quella culturale.

    La deliberazione comunale che intitolava il piazzale alle vittime giuliane ha avuto, per quanto mi è stato detto, un solo consigliere contrario. Un consigliere appartenente a quell’area politica che ha collaborato largamente al nostro massacro e ci ha reso, una volta in Italia, la vita difficile per molti anni.

    Anche il nostro sindaco appartiene a quell’area ed io l’ho votato per quell’onestà personale largamente riconosciutagli e in forza della quale mi aspetto una risposta alla domanda: “ come mai in due anni trascorsi dalla delibera il Comune non ha trovato un centinaio di euro per apporre una targa per le vittime istriane, ma ha trovato 3.000.000 (tremilioni) di euro per diversi centri sociali ai tamburi?”

    Non mi aspetto che gli autori della scritta cambino idea. Il loro desiderio di morte vivrà finche vivremo noi. Quando, secondo legge di natura, anche l’ultimo di noi si sarà congedato, la loro violenza(senza la quale non esisterebbero) troverà necessariamente altre vittime. Le motivazioni saranno trovate sul momento e su misura.

     Non finirà mai!

      Un profugo istriano

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