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Fini non ha coraggio

Fini non ha coraggio

Provate a mettervi nei panni di un uomo che ha 58 anni e fa politica da quando ne aveva 16.

Un uomo che siede in Parlamento dal 1983, e dopo 27 anni di sacrifici e di gavetta riesce finalmente a diventare Presidente della Camera.

Un uomo che dal primo giorno che si è impegnato in politica, per sé, per i suoi ideali e forse per i suoi cari, ha sempre avuto solo ed esclusivamente un solo sogno: fare il Presidente del Consiglio.

E per farlo l’anno scorso cosa è costretto e cosa gli è stato chiesto di fare: ha sciolto un partito, il suo partito. AN, il partito nato dalle ceneri del MSI. Il partito del cui lui è stato artefice con la svolta di Fiuggi e che l’ha visto leader per ben 15 anni.

15 anni della SUA storia buttati via meramente per questioni anagrafiche più che ideologiche: come fedele sostenitore e come alleato d’acciaio ha lasciato che il suo partito confluisse in quello di un tizio che si fa chiamare Berlusconi, un 73enne imprenditore di Arcore.

Ma se il leader del PDL fosse un suo coetaneo e non avesse i 15 anni in più, forse oggi staremmo ancora parlando di Alleanza Nazionale o del vecchio MSI: confluire nel PDL, per Fini è stato l’unico modo per poter ricevere, da fratellino fedele quale si è dimostrato con gli anni, l’ eredità dello scettro e della corona; l’eterno vice solo così avrebbe potuto realizzare un giorno il sogno di una vita politica, e cioè la poltrona più importante di Palazzo Chigi.

Poi cosa succede: inaspettatamente la Lega prende il sopravvento.

La Lega Nord avanza e diventa una realtà concreta al Nord e non solo. Le ultime elezioni regionali vedono un vero e proprio testa a testa in alcune regioni tra il PDL e la Lega.

Ecco che l’uomo politico Fini ha paura. E le sue paure si traducono in malumori concreti, che inizia ad esprimere a Berlusconi e non solo. Quei malumori che esprimeva già da mesi con meno vigore diventano più forti. Quei malumori che fino a poco prima esprimeva "istituzionalmente", in quanto Presidente della Camera, diventano "politici". 

Poi finalmente arriva la goccia che farà traboccare il vaso, attesa da tanto tempo e da tanto tempo temuta da Fini: l’11 aprile del 2010, Calderoli "immagina" per il 2013 un Premier Leghista e Berlusconi Presidente della Repubblica.

Apriti cielo. La storia poi è quella fino ai giorni di oggi.

A quella dichiarazione spietata (ma con un senso) di Calderoli, fa eco quella del fedelissimo Italo Bocchino (candidato ad essere il prossimo "Fini" del futuro?), che ipotizza "Meglio un premier gay che leghista".

In quel "Che fai? Mi cacci?", che ancora rimbomba tra le pareti dell’Auditorim della Conciliazione, non c’è solo Gianfranco Fini, c’è tutta la sua storia: l’acredine, la gelosia, l’invidia coltivata e cresciuta in tutti questi anni che ha preso finalmente voce.

A parlare è l’ astio imbrigliato nella vera essenza degli eterni numeri 2.

Ma stiamo assistendo (casomai non ce ne fossimo mai accorti) a quanto sia diventata triste la politica italiana, e ad una delle sue pagine più tristi.

Un PD inutile e praticamente inesistente, che visti i numeri "rischierebbe" seriamente di vincere le prossime elezioni. Un partito che doveva nascere tra la gente e per la gente, ma che in pratica è stato calato dall’alto, magari dall’Ikarus, la barca a vela dell’infausto D’Alema.

L’ inconsistenza del PD oscura anche l’IDV di Di Pietro, che nonostante abbia le idee, poche ma buone, deve allearsi "per forza" al PD, che ha pochi voti ma buoni.

Poi c’è una Lega Nord che si dichiara "un partito assai coerente", ma l’unica coerenza la esprime ripetendo ogni giorno Roma Ladrona Negri e Culattoni di merda; ciononostante riesce ad aumentare ogni giorno i suoi consensi, anche perchè (ha ragione Berlusconi) sta facendo le stesse mosse della vecchia Alleanza Nazionale. Sta facendo la parte del vero vice, segue attentamente i passi del Capo Silvio ma nè lo sorpassa nè lo raggiunge, e nulla di più le compete: proprio perchè nulla di più le chiede il Capo Silvio, ovviamente. Punto, basta. Missione compiuta.

E poi c’è lui, il protagonista del momento.

Che potrebbe (o forse dovrebbe?) entrare nell’ufficio del Grande Capo a Palazzo Chigi e dirgli semplicemente "La tua poltrona spetta a me, e basta". Ma non lo fa.

Va dall’Annunziata a Rai3, va da Floris a Ballarò, va da Vespa a Rai1, ma nello studio del Grande Capo ancora non ci va, ha paura.

Il Grande Capo, dal canto suo, si diverte a prenderlo in giro con il giornale del fratello. Gira la ruota come si fa con i criceti, agita il flipper come si fa con la pallina, muove la gabbietta come si fa con il cardellino.

Ma già sa che in fondo Fini non gli scappa, non andrà mai nel suo ufficio per un sonoro vaffa... Preferisce girare nella ruota come il criceto, agitarsi nel flipper come la pallina, muoversi nella gabbietta come il cardellino.
 
E questo perché? Intanto domani prova a recuperare qualche consenso e qualche voto, perchè in futuro possono servire e non si può mai sapere.

Mentre oggi in realtà, se la cronaca politica di questi giorni è diventata così triste, è perchè Fini non ha coraggio.

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