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Fiammetta Borsellino: ecco come si sconfigge la mafia e l’antimafia

In un incontro pubblico, organizzato da Sandra Berardi dell’Associazione Yairaiha, Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato Paolo Borsellino, dilaniato dal tritolo il 19 luglio del 1992, ha detto queste importante parole:"Sapere che c'è chi è recluso in carcere senza possibilità di reinserimento è un fallimento dello Stato! Bisogna rivedere l'ergastolo! Più personale di sostegno, psicologi, educatori, sociologi, meno guardie carcerarie. Lasciarsi andare alla rabbia e alla vendetta non serve".

 Penso che queste parole abbiano avuto più effetto deterrente sugli autori dell’assassinio di suo padre che tanti inutili decenni di carcere duro. L’ho detto tante volte che pretendere di migliorare una persona per poi farla marcire dentro sia una pura cattiveria, anche perché in carcere se uno rimane cattivo soffre di meno. La società vorrebbe chiudere i criminali e buttare via le chiavi, ma bisogna rendersi conto che prima o poi alcuni di questi usciranno. E molti saranno più cattivi di quando sono entrati. È difficile migliorare le persone con la sofferenza e l’odio. Il carcere in Italia non è la medicina ma è, invece, la malattia, che fa aumentare la criminalità e la recidiva. E molto spesso aiuta a formare cultura criminale e mafiosa. La galera è spesso una macelleria che non ha nessuna funzione rieducativa o deterrente, come dimostra il fatto che la maggioranza dei detenuti ritorna a delinquere in continuazione.

 Come si fa a tenere un uomo dentro per sempre, con l’ergastolo ostativo, molto spesso “colpevole” di avere rispettato le leggi della terra e della cultura dove è nato e cresciuto, senza dargli la speranza di poter diventare una persona migliore? Perché queste persone dovrebbero smettere di essere mafiose se non hanno la speranza di un futuro diverso? Cosa c’entra la sicurezza sociale con tutte le privazioni previste dal regime di tortura del 41 bis? Il carcere in Italia, oltre a non funzionare, crea delle persone vendicative perché alla lunga trasforma il colpevole in una vittima: quando si riceve del male tutti i giorni si dimentica di averne fatto. Mi permetto di ricordare ad alcuni politici, che fanno certe dichiarazioni per avere consensi elettorali, che il carcere, così com’è oggi in Italia, non rieduca nessuno, anzi ti fa diventare una brutta persona. Credo che “maggiore sicurezza” dovrebbe significare più carceri vuoti, perché fin quando ci saranno carceri pieni vuol dire che i nostri politici hanno sbagliato mestiere.

 La nostra Costituzione stabilisce che la condanna deve avere esclusivamente una funzione rieducativa, e non certo vendicativa. E la pena non deve essere certa, ma ci dev’essere la certezza del recupero, per cui in carcere un condannato dovrebbe stare né un giorno in più né uno in meno di quanto serva. Io aggiungo che ci dovrebbe stare il meno possibile, per non rischiare di farlo uscire peggiore di quando è entrato.

 In tanti anni di carcere ho capito che la mafia che comanda si sconfigge dando speranza e affetto sociale ai suoi gregari, facendoli così cambiare culturalmente e uscire dalle organizzazioni criminali. Molti ergastolani non sono più gli uomini del reato di 20 o 30 anni prima, non sono più i giovani di allora. Ormai sono uomini adulti, o anziani, che non hanno alcuna prospettiva reale di uscire dal carcere, se non da morti. Ora molti di loro sono persone che sanno di aver fatto errori, anche grossi, che stanno pagando e l'unica cosa che chiedono è una data certa del loro fine pena.

 In carcere quello che manca più di tutto è proprio la speranza di riavere affetto sociale. Solo questo può sconfiggere la mafia e creare sicurezza. I padri della nostra Costituzione lo sapevano bene -forse perché alcuni di loro in carcere hanno trascorso tanti anni- se hanno stabilito che la pena deve avere solo una funzione rieducativa. Vivere in carcere senza avere la speranza di uscire è aberrante. La pena dell’ergastolo è un insulto alla ragione, al diritto, alla giustizia e, penso, anche a Dio. A me sembra che finora le politiche, ultraventennali, del carcere duro e del fine pena anno 9.999 abbiano portato più vantaggi alle mafie (almeno a quelle politiche e finanziarie) che svantaggi. Credo che alla lunga il regime di tortura del 41bis, e una pena realmente senza fine come l’ergastolo ostativo, abbiano rafforzato la cultura mafiosa, perché hanno innescato odio e rancore verso le Istituzioni anche nei familiari dei detenuti. Penso che sia davvero difficile cambiare quando sei murato vivo in una cella e non puoi più toccare le persone che ami, neppure in quell’unica ora al mese di colloquio che ti spetta. Con il passare degli anni i tuoi stessi familiari incominciano a vedere lo Stato come un nemico da odiare e c’è il rischio che i tuoi figli, che si potrebbero invece salvare, diventino loro stessi dei mafiosi.

 Sono rimasto perplesso di fronte al programma di costruire nuovi istituti penitenziari, perché nei Paesi in cui ci sono pochi carceri ci sono anche meno delinquenti. Non citerò i dati sulla recidiva, ma per esperienza personale penso che il carcere in Italia non fermi né la piccola né la grande criminalità, piuttosto la produca. E questo probabilmente perché quando vivi intorno al male non puoi che farne parte.

Si vuole assumere nuovo personale di Polizia, ma siamo il Paese nel mondo che, in rapporto al numero di detenuti, ha più agenti penitenziari. Penso che sarebbe meglio se in carcere ci fossero più educatori, psicologhi, psichiatri, insegnanti o altre figure di sostegno.

Sigmund Freud affermava che l’umanità ha sempre barattato un po’ di felicità per un po’ di sicurezza. Anch'io credo sia sbagliato cedere parte della nostra umanità per vivere in una società più sicura.

È vero che una società ha diritto di difendersi dai membri che non rispettano la legge, ma è altrettanto ragionevole che essa non lo debba fare dimostrando di essere peggiore di loro. Purtroppo, a volte, questo accade. Penso che il regime di tortura del 41bis, insieme alle pene che non finiscono mai, non diano risposte costruttive, né tanto meno rieducative. Non si può educare una persona tenendola all’inferno per decenni, senza dirle quando finirà la sua pena, soprattutto nel caso, non raro, che essa non abbia ulteriori probabilità di reiterare i reati. Lasciandola in quella situazione di sospensione e d’inerzia la si distrugge e, dopo un simile trattamento, anche il peggiore assassino si sentirà “innocente”. Grazie Fiammetta Borsellino delle tue parole. Un sorriso a te e uno al tuo cuore.

Carmelo Musumeci

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