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Fallisce il Referendum istituzionale: Moldova nel caos

L’attuale Primo Miinistro, il liberal- democratico Vilad Filat chiederà al Presidente ad interim del paese di sciogliere, secondo la Costituzione, il Parlamento ed indire nuove elezioni legislative

E’ precipitata la situazione politica in Moldovia, il più povero stato europeo con Kosovo ed Albania, dopo che, a causa dell’altissima astensione, è fallito il Referendum istituzionale di domenica scorsa che, negli auspici dei suoi promotori e del governo filo- occidentale in carica, doveva sancire il passaggio ad un sistema di elezione diretta del Capo dello Stato in luogo di quello indiretto attuale.

Per riuscire ed essere considerato valido il referendum richiedeva che si recasse alle urne almeno un terzo degli aventi diritto al voto. Il quorum non è stato raggiunto per cui la Moldova continua a barcamenarsi ed a sopravvivere nella confusione più totale. Da più di diciotto mesi nella piccola e misera repubblica ex- sovietica che per i due terzi dei suoi abitanti sogna l’integrazione con l’Unione europea e da cui si sospetta provenga un buon numero delle prostitute che infestano i marciapiedi delle città occidentali, libere di muoversi spacciandosi per cittadine europee in quanto utilizzano documenti d’identità romeni abilmente contraffatti, non si riesce ad eleggere un Presidente della Repubblica. La legge moldava infatti prevede che il Capo dello Stato deve essere votato dai due terzi del Parlamento, norma retaggio del passato sovietico quando ai dissidenti veniva riservato solamente un “diritto di tribuna” affinché l’odiato Occidente non potesse parlare di totalitarismo, ma le ultime ripetute e ravvicinate elezioni legislative dalle parti di Chisinau, come succede facilmente in democrazia, non hanno mai dato la maggioranza dei tre quinti dei seggi né ai comunisti né agli antagonisti liberal-democratici. Per questo motivo il Capo del Governo cioè il liberal-democratico Vilad Filat, filo- occidentale e filo-europeo, ed il Capo dello Stato ad interim, il Presidente del Parlamento Mihai Ghimpu suo compagno di partito, hanno pensato che una profonda riforma del modo di elezione della suprema magistratura moldava potesse far uscire la Nazione dall’infausto impasse.

Il capo dei comunisti, l’ex Presidente Voronin, fortemente legato a Mosca, ieri ha esultato giacché sono stati proprio gli eredi della “falce e martello” a convincere la stragrande maggioranza dei loro concittadini a disertare le urne. Ora al governo filo-europeo di Filat non resta che chiedere a Ghimpu di sciogliere per l’ennesima volta il Parlamento, la terza negli ultimi tre anni, e chiamare a nuove elezioni legislative i derelitti moldavi nella speranza, probabilmente vana, che questa volta qualche coalizione superi la fatidica soglia del sessanta per cento dei seggi in Parlamento. L’alleanza filo- occidentale però potrebbe affrontare le prossime legislative in una situazione non ottimale: l’unione tra i vari partiti che la compongono non è infatti, dopo l’insuccesso di Domenica, più granitica come una volta. I singoli movimenti politici di ispirazione liberale si rimpallano l’un l’altro la responsabilità di non aver saputo indurre i moldavi ad andare a votare. I comunisti dal canto loro sono rinfrancati: sentono di aver dalla loro nuovamente l’appoggio di Putin e Medvedev, che vedono come il fumo negli occhi il legame esistente tra l’europea Romania e la Moldova liberal- democratica e rivendicano per la regione separatista della Transniestra, popolata in maggioranza da gente di etnia slava, se non l’indipendenza almeno la separazione dal destino filo- occidentale di Chisinau, magari aggregandola alla nuova Ucraina, ora normalizzata. E’ sempre comunque la vecchia politica sovietica di stampo zarista. A farne le spese due milioni e mezzo di poverissimi moldavi.

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