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Facile chiamarlo peperone di Carmagnola

di Claudio Toce

Non meno che alle sue glorie passate che illustrano non poche pagine della storia piemontese, Carmagnola, la piccola, antica e fiera cittadina, teneva alle sue glorie passate e recenti, che illustrano la nobiltà del lavoro. Sono glorie rurali, affermazioni agricole che questa popolazione ha faticosamente schiuse e trionfalmente sigillate sulla sua terra, originariamente paludosa e resa feconda durante secoli di operosità e di perseveranza. Quattordici o quindici secoli fa pare risalga l'origine di una di queste sue "specialità", quella della canapa.

Sta di fatto che su questi terreni la canapa si è talmente acclimatata, da crescere più facile e robusta che altrove. In nessun altro luogo, infatti, essa raggiungeva i sei metri ed anche più che sfoggia in queste coltivazioni. Il seme di canapa di Carmagnola era famoso e andava in tutto il mondo, a selezionare, cioè a rinforzare le altre sementi. A questa antichissima gloria della canapa fa riscontro quella del peperone e questo vuole essere un viaggio nel tempo.

Il peperone, pianta esotica di origine probabilmente sudamericana (Perù), venne introdotto in Europa nel secolo XVI, dove si diffuse rapidamente nelle regioni a clima temperato intorno al XVIII secolo. All'inizio del Novecento la specie si diffuse anche nel Carmagnolese, dove trovò un ambiente pedoclimatico particolare.

L'arrivo tardivo nella zona è suffragato dai vecchi ricettari piemontesi di fine '800, che non considerano in alcun modo il peperone (mentre si conosceva già il "pomi d'oro"). Sembra che le prime esperienze di coltivazione risalgano agli anni intorno al 1915 nella fraz. Salsasio (dietro sollecitazione di un tale Ferrero, commerciante di ortaggi sulle piazze torinesi). Facile chiamarlo peperone di Carmagnola, ma non è cosi: quadrato, lungo o corno di bue, trottola e tematico, di colori, gialli, rossi, verdi e striati.

I sette decimi dei peperoni consumati da Torino provenivano da Carmagnola; gli altri tre decimi erano forniti in misura pressoché uguale dagli orti di Bra, Casale e Asti. Sono milioni migliaia e migliaia di euro che, in cambio del saporoso e colorito ortaggio, entrano ogni anno in Carmagnola. Poi, fra questi due maggiori poli della canapa e del peperone, è tutta una piccola serie di altre "specialità" che si vanno vittoriosamente affermando e che dimostrano, tanto nel piccolo recinto dell'orto come nel campo spazioso, la cura, l'intelligenza, l'operosità, la volontà del carmagnolese, volto alla terra col suo tradizionale e vivissimo amore.

Tale, ad esempio, è la coltivazione del cardo, che si andava rapidamente sviluppando e che già offriva una produzione uguale alla metà di quella di Chieri, regina di questo ortaggio.

Piramidi di peperoni rosso-gialli accanto ad enormi zucche rosate; pomodori sanguigni presso all'ambra delle uve da tavola; cesti di pesche vellutate in giallo e cremisi, vicino al pallido rosso vinato delle barbabietole.

Ma inutile tentar di descrivere. Meglio, gettando gli sguardi ammirati su questo e su quello, cogliere, da profano, quello che più colpisce la nostra curiosità.

Ecco allora ancora i celebri peperoni, che meriterebbero l'elogio dell'appellativo "gigante" non meno della canapa. Ce n'è di quelli grossi come la testa di un ragazzo; ecco una patata di un chilo e due etti e un cavolo che pesa più di cinque chili e riempie da solo un ampio cesto. Vi sono barbabietole che si avvicinano ai dieci chili e pesche di sei etti, turgide da scoppiare. Per contrasto, i minuscoli pomodori ciliegia, rossi e gialli, grosse gocce di rubino e d'ambra, di cui occorrono centinaia per fare il chilogrammo.

Ed ecco l'uva a grossi acini "salamanna", portata in Piemonte da militari reduci dalla campagna di Crimea. Vi son dei grappoli di quasi due chili ma certi anni raggiungono anche i quattro e i cinque. Si parla qui di una vite che diede una volta, da sola, quattro quintali di uva. Un'altra specialità è offerta dall' uva bizzarria, perché i suoi acini sono per metà bianchi e per metà neri.

Sebbene sia nota dai tempi di Cristo, e coltivata in Italia nell'antichità, questa varietà di uva si è sempre mantenuta molto rara.

Carmagnola non è solo peperone: è terra di confine fra la Provincia Granda (Cuneo) e la periferia Sud di Torino. Famosa per via della tragedia manzoniana, oggi è la capitale del peperone, coltivato intensivamente in un panorama altrimenti animato da pioppeti. Negli ultimi vent'anni ha raddoppiato la popolazione, che ora tocca i 24 mila abitanti. È ancora viva l'antica vocazione agricola, ma la città ha cambiato volto con le industrie alimentari, meccaniche e siderurgiche, che hanno facilitato l'immigrazione.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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