Facebook, ma quale privacy. La lotta di un ragazzo austriaco contro Zuckerberg
Si chiama Max Schrems, è uno studente di legge austriaco e la stampa europea ha considerato la sua iniziativa alla stregua della pietra scagliata con la fionda da Davide contro Golia, il gigante mondiale dei social network Facebook.
Schrems è riuscito a coinvolgere l’autorità garante per la privacy irlandese in una battaglia contro Zuckerberg e soci per la tutela dei dati sensibili, che in Europa riguarda quasi 650 milioni di utenti.
L’iniziativa che riscuote sempre maggiore successo è nata da una richiesta di accesso dello studente alle informazioni sul suo conto, che Facebook normalmente trattiene.
Facebook gli ha inviato un cd room contenente 1.222 pagine di notizie sulle sue attività nel social network, seguendo quelle che sono le disposizioni normative europee.
Analizzando i dati, Schrems è rimasto turbato per la quantità e qualità delle informazioni conservate. Ci vuole poco a capire che notizie come queste, spesso riservate, fanno gola a servizi d’intelligence di qualunque specie e natura, da quelli statali a quelli commerciali passando per quelli di organizzazioni terroristiche.
L’audace austrico con alcuni amici si è dato da fare promuovendo "Europe-v-Facebook”, una campagna on line con l’intento di scoprire il vaso di pandora del social network più diffuso e potente del mondo. Il sito, anche in lingua italiana, fa migliaia miglia di visitatori al giorno e c’è da scommettere che diventerà un simbolo del moderno consumatore, sempre più cittadino globale.
In Italia iniziative come queste sono assenti. Il “Codice in materia di protezione dei dati personali” - D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196 – comunemente detto legge sulla privacy, è entrato in vigore il 1° gennaio 2004 ed è considerato da più parti un sistema inadeguato a stare al passo con le nuove tecnologie della rete, come del resto buona parte del diritto positivo, basti pensare alla legge sulla stampa che è del 1948, rivista nel 2004, ma impotente (nel bene e nel male) a disciplinare gli specifici settori della contemporanea società dell’informazione, dove chiunque può pubblicare ciò che vuole, magari allocando le informazioni visibili al mondo intero su dei server dislocati in paesi sperduti.
Un tentativo globale di regolamentazione a tutela della privacy degli utenti di internet, si potrebbe attuare facendo nascere per trattato delle agenzie sovranazionali “tutelanti”, che avessero autorità su tutti gli stati aderenti. Ciò comporterebbe inevitabilmente che ogni stato cedesse un pezzo di sovranità ad un’autorità sovranazionale, operazione questa dai risvolti oscuri. Stando agli esempi sotto gli occhi di tutti, dove una finanza sovranazionale impone ormai l’agenda politica dei singoli stati, destituendo premier e dettando operazioni di macelleria sociale, riducendo governi e parlamenti ad uffici del registro, c’è da riflettere bene prima di avventurarsi su questi territori inesplorati.
Nel ragionamento sin qua fatto, manca l’elemento soggettivo della questione, cioè il comportamento dell’utente della rete. E’ questa la sintesi della questione, il comportamento, l’arma da mettere in campo per limitare al massimo l’improprio utilizzo dei nostri dati sensibili, perché non dobbiamo mai dimenticare che siamo noi a fornire buona parte delle informazioni che ci riguardano. La parola d'ordine è attenzione, non abbassare mai la guardia di fronte a pc, smartphone e tablet.
L'argomento dovrebbe essere trattato con i bambini in famiglia e nelle aule scolastiche. Ben vengano poi le iniziative alla Schrems per tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica.
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